Il comparto immobiliare commerciale, dopo un lungo periodo positivo, ha chiuso il 2019 con un calo del 28 per cento rispetto all’anno precedente. Gli investimenti in Europa sono stati infatti pari a 42,1 miliardi di euro. Per il 2020, anche a causa della crisi sanitaria del Coronavirus, si prevede un’ulteriore contrazione degli investimenti del trenta percento in Europa e del venticinque per cento in Italia. Una veloce ripresa potrebbe arrivare anche nella prima metà del 2021. Il fatturato del mercato immobiliare italiano, in aumento del 3,4 per cento nel 2019 a 9,2 miliardi di euro, è atteso in diminuzione di circa 27 punti percentuali a 6,7 miliardi di euro nel 2020 a causa della crisi sanitaria. Sono questi alcuni dei dati del Rapporto 2020 sul mercato immobiliare commerciale in Europa e in Italia, realizzato da Scenari Immobiliari e presentato oggi via web con il seminario digitale "Shopping 2020".
Il mercato immobiliare commerciale europeo ha subito un progressivo calo negli ultimi cinque anni. I primi a rallentare sono stati i mercati più importanti, come Gran Bretagna e Germania. Successivamente si sono registrati andamenti disomogenei tra i diversi Paesi che hanno favorito quelli dell’area mediterranea quali Spagna, Portogallo e Italia e penalizzato invece alcuni più a nord, con una disparità correlata principalmente alla crescita delle vendite online. La contrazione degli investimenti è dovuta a un eccesso di offerta che si è avuta negli anni precedenti e da cambiamenti importanti nei gusti e nelle modalità di acquisto dei consumatori.
L’attività di sviluppo e adeguamento immobiliare dei centri commerciali in Europa ha visto negli ultimi tre anni interventi realizzati per una superficie complessiva di oltre 4,2 milioni di mq, suddivisi tra nuovi sviluppi (1,6 mln di mq), riqualificazioni (0,925 mln di mq) e ristrutturazioni e/o ampliamenti dell’esistente (1,68 mln di mq). In progetto ci sono iniziative per oltre 5,27 milioni di mq di superficie che dovrebbe essere interessata da proposte che prevedono il completamento tra il 2020 e il 2023. La quota maggiore è quella dei nuovi sviluppi che dovrebbe apportare allo stock oltre 2,56 milioni di mq. Tra i Paesi a maggior sviluppo spicca l’Italia, con una quota complessiva nettamente superiore a quella degli altri mercati e pari a 1,46 milioni di mq, composti in prevalenza da nuove realizzazioni, per circa 790mila di mq.
“Questi interventi – commenta Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari – sono a rischio, visto che molti fondi e investitori istituzionali cambieranno l’asset allocation degli investimenti per i prossimi anni. Il commerciale non è più considerato anticiclico”.
Anche i negozi stanno soffrendo in modo particolare la crisi del coronavirus. Con una buona parte delle saracinesche abbassate, i consumi sono ridotti e molti commercianti stanno chiedendo riduzioni dei canoni per far fronte alle difficoltà attuali. Una parte di negozi probabilmente non riaprirà con l’estate.
Sul fronte delle quotazioni, dopo un andamento in discesa pressoché ovunque fino al 2015, sia per la grande che per la piccola distribuzione, dal 2016 è ripreso un ritmo di crescita moderato, più veloce nei canoni di locazione rispetto ai prezzi medi di vendita, con conseguente contrazione dei rendimenti.
In Italia le quotazioni della piccola distribuzione hanno avuto andamenti molto differenziati da città a città. Milano e Roma hanno mostrato una sostanziale tenuta dei prezzi medi di vendita e dei canoni di locazione nelle zone centrali, mentre hanno sofferto di più nelle aree semicentrali, rimaste nella capitale sotto i livelli del 2010. Allo stesso modo le quotazioni della periferia si sono mantenute nella curva decrescente, anche in questo caso con maggiore pendenza negativa sul territorio romano. Venezia e Firenze hanno mantenuto una crescita costante nelle vie centrali, mentre in quelle semicentrali e periferiche la decrescita è stata più incisiva. Torino ha recuperato i livelli del 2010 soltanto nell’anno appena trascorso ed esclusivamente per le aree centrali, il semicentro e la periferia sono rimaste in campo negativo. Per le altre città, Bari, Bologna, Genova, Napoli e Verona la curva è rimasta in discesa per tutto il periodo e in tutte le zone.
Costituiscono in universo a sé le high street delle principali città italiane, molto ambite dai retailer nell’era dell’e-commerce e, particolarmente ricercate dagli investitori specializzati, perché in grado di garantire un reddito più sicuro. Delle 47 vie monitorate da Scenari Immobiliari nelle sei principali città, si colloca al primo posto per livelli di canoni raggiunti via Monte Napoleone, con 13.200 euro al mq annui, seguita da via Condotti a Roma, con 11mila euro e successivamente da Galleria Vittorio Emanuele II, nel capoluogo lombardo, con diecimila euro, infine, da Piazza di Spagna nella Capitale, con 7.500 euro al mq annui. Le high street di Firenze e Venezia si posizionano su livelli inferiori, con merceria II Aprile e campo San Bartolomeo della città veneta che raggiungo i 5.200 mq, oppure via dei Calzaiuoli nel capoluogo toscano con 4.500 euro mq annui. L’andamento medio di canoni di locazione delle high street, mostra come negli ultimi cinque anni ci sia stato un incremento medio costante, con velocità sostenuta a Roma e Milano, rispettivamente di oltre trentatré e ventidue punti percentuali registrati tra il 2015 e il 2019. Incrementi consistenti si sono registrati anche a Firenze, venti punti percentuali, e Torino, dodici punti percentuali. Per Bologna e Venezia l’incremento è stato più calmierato, rispettivamente del dieci e sei per cento.
Sul fronte delle quotazioni per il 2020 si prevede una diminuzione, sebbene moderata, con una forte propensione alla polarizzazione tra immobili di qualità collocati nelle posizioni prime e le restanti strutture di minore attrattività. Le high street continueranno a mantenere la propria appetibilità. Tuttavia i canoni di locazione potrebbero subire una leggera contrazione per quelle strade o per quei segmenti di via che attualmente presentano delle criticità o nei quali la ripresa dell’attività economica avverrà con maggiore difficoltà.
In Italia il calo previsto del fatturato del comparto commerciale si può ricondurre, in primo luogo, ai minori investimenti degli investitori esteri (che ormai pesano oltre il cinquanta per cento del totale) dovuti alle incertezze finanziarie e specifiche del settore. La piccola distribuzione, inoltre, già messa a dura prova dell’e-commerce e dalle trasformazioni del retail, risulterà ancora più penalizzata della crisi dell’emergenza sanitaria con una ripresa che si prospetta lunga. Meglio, invece, il comparto della Gdo, attualmente sollecitato dall’incremento dei consumi dovuto alla crisi.
“Con molte probabilità – conclude Clara Garibello, direttore di ricerca a Scenari Immobiliari - occorrerà attendere il 2021 per tornare ai livelli di normalità del mercato, con il comparto retail che potrebbe registrare un rimbalzo positivo, a patto che riesca a cogliere da subito i cambiamenti nelle scelte del consumatore e possa seguire un percorso sinergico con il sottostante mercato immobiliare, sia in termini di quotazioni che di innovazione”.