Sentenze

Corte Ue: illegittimo escludere gli enti senza scopo di lucro dalle gare di ingegneria e architettura

La normativa europea osta a quella italiana che esclude, per fondazioni senza scopo di lucro, la possibilità di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi di ingegneria e di architettura, sebbene tali enti siano abilitati in forza del diritto nazionale ad offrire i servizi oggetto dell’appalto

mercoledì 17 giugno 2020 - Redazione Build News

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La causa C-219/19 ha ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte di giustizia europea dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con ordinanza del 16 gennaio 2019.

La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del considerando 14, dell’articolo 19, paragrafo 1, e dell’articolo 80, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE.

Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra una fondazione di diritto privato senza scopo di lucro, con sede a Prato e costituita ai sensi del codice civile italiano, da un lato, e il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e l’ANAC (Autorità nazionale anticorruzione), dall’altro, in merito alla decisione con cui quest’ultima ha respinto la domanda di iscrizione della fondazione nel casellario nazionale delle società di ingegneria e dei professionisti abilitati a prestare servizi di architettura e di ingegneria.

Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 19, paragrafo 1, e l’articolo 80, paragrafo 2, della direttiva 2014/24, letti alla luce del considerando 14 della medesima direttiva, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che esclude, per enti senza scopo di lucro, la possibilità di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi di ingegneria e di architettura, sebbene tali enti siano abilitati in forza del diritto nazionale ad offrire i servizi oggetto dell’appalto di cui trattasi.

IL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI. Mentre l’articolo 45 del Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50) definisce, in via generale, la nozione di operatore economico ammesso a partecipare alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici, l’articolo 46 di detto codice istituisce un regime speciale per i servizi di architettura e di ingegneria. Ai sensi di detta disposizione:

«1. Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria:

a) i prestatori di servizi di ingegneria e architettura: i professionisti singoli, associati, le società tra professionisti di cui alla lettera b), le società di ingegneria di cui alla lettera c), i consorzi, i GEIE [gruppi europei di interesse economico], raggruppamenti temporanei fra i predetti soggetti che rendono a committenti pubblici e privati, operando sul mercato, servizi di ingegneria e di architettura, nonché attività tecnico-amministrative e studi di fattibilità’ economico-finanziaria ad esse connesse, ivi compresi, con riferimento agli interventi inerenti al restauro e alla manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici, i soggetti con qualifica di restauratore di beni culturali ai sensi della vigente normativa;

b) le società di professionisti: le società costituite esclusivamente tra professionisti iscritti negli appositi albi previsti dai vigenti ordinamenti professionali, nelle forme delle società di persone di cui ai capi II, III e IV del titolo V del libro quinto del codice civile ovvero nella forma di società cooperativa di cui al capo I del titolo VI del libro quinto del codice civile, che svolgono per committenti privati e pubblici servizi di ingegneria e architettura quali studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico economica o studi di impatto ambientale;

c) società di ingegneria: le società di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del codice civile, ovvero nella forma di società cooperative di cui al capo I del titolo VI del libro quinto del codice civile che non abbiano i requisiti delle società tra professionisti, che eseguono studi di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di impatto, nonché eventuali attività di produzione di beni connesse allo svolgimento di detti servizi;

d) i prestatori di servizi di ingegneria e architettura identificati con i codici CPV da 74200000-1 a 74276400-8 e da 74310000-5 a 74323100-0 e 74874000-6 stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi;

e) i raggruppamenti temporanei costituiti dai soggetti di cui alle lettere da a) a d);

f) i consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria, anche in forma mista, formati da non meno di tre consorziati che abbiano operato nei settori dei servizi di ingegneria e architettura.

2. Ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento di cui al comma 1, le società, per un periodo di cinque anni dalla loro costituzione, possono documentare il possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi richiesti dal bando di gara anche con riferimento ai requisiti dei soci delle società, qualora costituite nella forma di società di persone o di società cooperativa[,] e dei direttori tecnici o dei professionisti dipendenti della società con rapporto a tempo indeterminato, qualora costituite nella forma di società di capitali».

LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA. Con la sentenza dell'11 giugno 2020, causa C-219/19, la Corte di giustizia europea ha in via preliminare osservato che, come risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, in forza della normativa nazionale applicabile al procedimento principale una fondazione come la ................., che con la propria attività non persegue uno scopo di lucro, non è ammessa a partecipare ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi di ingegneria e di architettura, sebbene tale ente sia abilitato in forza del diritto nazionale ad offrire i servizi oggetto dell’appalto di cui trattasi.

Orbene, ai punti da 47 a 49 della sentenza del 23 dicembre 2009, CoNISMa (C-305/08, EU:C:2009:807), la Corte ha già dichiarato, con riferimento a una normativa nazionale di trasposizione, nell’ordinamento giuridico interno, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114), che, certamente, gli Stati membri hanno il potere di autorizzare o non autorizzare talune categorie di operatori economici a fornire certi tipi di prestazioni e che essi possono, in particolare, autorizzare o meno enti che non perseguono finalità di lucro, e il cui oggetto sia principalmente volto alla didattica e alla ricerca, ad operare sul mercato in funzione della circostanza che l’attività in questione sia compatibile, o meno, con i loro fini istituzionali e statutari. Tuttavia, se, e nei limiti in cui, siffatti enti siano autorizzati a offrire taluni servizi sul mercato, il diritto nazionale non può vietare a questi ultimi di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi.

Tale giurisprudenza della Corte è stata confermata sia per quanto riguarda la medesima direttiva (sentenze del 19 dicembre 2012, Ordine degli Ingegneri della Provincia di Lecce e a., C-159/11, EU:C:2012:817, punto 27, e del 6 ottobre 2015, Consorci Sanitari del Maresme, C-203/14, EU:C:2015:664, punto 35), sia per quanto riguarda la direttiva da essa sostituita, vale a dire la direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi (GU 1992, L 209, pag. 1) (sentenza del 18 dicembre 2014, Data Medical Service, C-568/13, EU:C:2014:2466, punto 36).

La rilevanza di detta giurisprudenza della Corte non è venuta meno con l’entrata in vigore della direttiva 2014/24, che ha abrogato e sostituito la direttiva 2004/18. Infatti, oltre alla circostanza che la nozione di «operatore economico» che figurava all’articolo 1, paragrafo 8, della direttiva 2004/18 è stata ripresa, senza modifiche sostanziali, all’articolo 2, paragrafo 1, punto 10, della direttiva 2014/24, il considerando 14 di quest’ultima direttiva indica ora espressamente che tale nozione dovrebbe essere interpretata «in senso ampio», in modo da includere qualunque persona e/o ente attivo sul mercato, «a prescindere dalla forma giuridica nel quadro della quale ha scelto di operare». Parimenti, l’articolo 19, paragrafo 1, di tale direttiva, così come il suo articolo 80, paragrafo 2, prevedono espressamente che la candidatura di un operatore economico non possa essere respinta soltanto per il fatto che, secondo il diritto nazionale, esso avrebbe dovuto essere una persona fisica o una persona giuridica.

Ne consegue che, conformemente alla giurisprudenza della Corte ricordata ai punti 20 e 21 della presente sentenza, il diritto nazionale non può vietare ad una fondazione senza scopo di lucro, che è abilitata ad offrire taluni servizi sul mercato nazionale, di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto la prestazione degli stessi servizi.

Questa interpretazione non può essere rimessa in discussione per il motivo, evocato dal giudice del rinvio nella domanda di pronuncia pregiudiziale e ripreso dal governo italiano nelle sue osservazioni scritte, secondo cui la definizione restrittiva della nozione di «operatore economico» di cui all’articolo 46 del codice dei contratti pubblici nel contesto di servizi connessi all’architettura e all’ingegneria sarebbe giustificata dall’elevata professionalità richiesta per garantire la qualità di tali servizi nonché da un’asserita presunzione secondo cui i soggetti che erogano tali servizi in via continuativa, a titolo professionale e remunerato, siano maggiormente affidabili per la continuità della pratica e dell’aggiornamento professionale.

In primo luogo, come osservato dalla Commissione europea, tale governo non ha dimostrato l’esistenza di alcuna correlazione particolare tra, da un lato, il livello di professionalità dimostrato nell’ambito della prestazione di un servizio e, di conseguenza, la qualità del servizio fornito, e, dall’altro, la forma giuridica nella quale l’operatore economico che fornisce tale servizio è costituito.

In secondo luogo, per quanto riguarda la «presunzione» secondo cui i soggetti che erogano servizi connessi all’architettura e all’ingegneria in via continuativa, a titolo professionale e remunerato, siano maggiormente affidabili per la continuità della pratica e dell’aggiornamento professionale, è sufficiente rilevare che una simile presunzione non può essere accolta nel diritto dell’Unione, essendo quest’ultima incompatibile con la giurisprudenza della Corte, esposta al punto 20 della presente sentenza, dalla quale deriva che, qualora un ente sia abilitato in forza del diritto nazionale a offrire sul mercato servizi di ingegneria e di architettura nello Stato membro interessato, esso non può vedersi negato il diritto di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico avente ad oggetto la prestazione degli stessi servizi.

Infine, occorre aggiungere che il legislatore dell’Unione era sensibile all’importanza, per i candidati e gli offerenti nel settore degli appalti pubblici di servizi e di lavori nonché di taluni appalti pubblici di forniture, di presentare un elevato grado di professionalità. È a tal fine che esso ha previsto, all’articolo 19, paragrafo 1, della direttiva 2014/24, la possibilità di obbligare le persone giuridiche ad indicare, nell’offerta o nella domanda di partecipazione, il nome e le qualifiche professionali delle persone incaricate di fornire la prestazione per l’appalto di cui trattasi. Per contro, detto legislatore non ha, per lo stesso fine, stabilito alcun trattamento differenziato in ragione della forma giuridica nella quale tali candidati ed offerenti hanno scelto di operare.

Per tali ragioni, alla questione sollevata occorre rispondere dichiarando che l’articolo 19, paragrafo 1, e l’articolo 80, paragrafo 2, della direttiva 2014/24, letti alla luce del considerando 14 della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che esclude, per enti senza scopo di lucro, la possibilità di partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di servizi di ingegneria e di architettura, sebbene tali enti siano abilitati in forza del diritto nazionale ad offrire i servizi oggetto dell’appalto di cui trattasi.

In allegato la sentenza della Corte Ue

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