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Corte Ue: le tariffe professionali (spagnole) sono compatibili con il diritto europeo

La regolamentazione dei compensi minimi contenuta in una normativa statale non contrasta con il diritto dell’Unione Europea e non rappresenta un ostacolo alla libera concorrenza

giovedì 5 ottobre 2017 - Redazione Build News

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Con la circolare n. 128 del 4 ottobre 2017, il Consiglio nazionale degli Ingegneri segnala e analizza la sentenza della Corte di giustizia europea 8 dicembre 2016, prima sezione, cause riunite c-532/15 e c-538/15 che, confermando un orientamento costante della giurisprudenza comunitaria, ha ribadito la legittimità delle tariffe professionali (nel caso specifico dei procuratori legali in Spagna) fissate per legge, ritenendo le stesse compatibili con le regole UE sulla libera concorrenza.

“Sono numerose – ricorda il Cni - le pronunce giurisprudenziali che affermano il principio secondo cui ogni intervento atto ad influenzare e coordinare la condotta economica dei liberi professionisti, se espressamente previsto o disciplinato direttamente dallo Stato con norme avente valore di legge, è da ritenersi in armonia con la tutela della concorrenza (ex multis : Corte di Giustizia UE 19 febbraio 2002, Arduino, causa C-35/99).

La sentenza in esame ha origine da due ricorsi (causa C-532/15 e causa C-538/15) che sono stati riuniti in ragione dell'analogia delle questioni pregiudiziali, entrambe vertenti sulla compatibilità delle tariffe forensi, fissate dalla legge spagnola, con il diritto dell'Unione Europea.

Nel primo caso il cancelliere della Corte Provinciale di Saragozza era chiamato a verificare le spese di lite imposte alla società soccombente in una causa di responsabilità extracontrattuale nei confronti di altre società ricorrenti. Nello specifico, la soccombente considerava eccessivi e non dovuti gli onorari degli Avvocati di controparte. In seguito alla riduzione delle spese da parte del cancelliere, le società vittoriose nel giudizio proponevano ricorso alla Corte Provinciale Territoriale.

L'altro caso riguardava una lite tra un procuratore legale ed un'impresa- cliente, che rifiutava il pagamento della parcella perché ritenuta eccessiva rispetto al lavoro svolto dal legale nei due procedimenti contenziosi amministrativi da lui avviati. La cliente sosteneva che gli organi giurisdizionali dovrebbero poter fissare gli onorari dei procuratori legali in proporzione al lavoro effettuato, poiché fissare gli onorari unicamente sulla base della legge violerebbe il principio di libera concorrenza (tesi).

In entrambi i casi le Corti spagnole adite hanno sollevato alcune questioni pregiudiziali, ponendo in dubbio la compatibilità delle tariffe vigenti con il diritto dell'UE. Nello specifico, è stato chiesto "se l'art. 101 TFUE, in combinato disposto con l'art. 4, paragrafo 3, TUE, debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale […] che assoggetta gli onorari dei procuratori legali a una tariffa che può essere aumentata o diminuita solamente del 12%, e della quale i giudici nazionali si limitano a verificare la rigorosa applicazione, senza essere in grado, in circostanze eccezionali, di derogare ai limiti fissati da tale tariffa".

Nella sentenza della Corte di Lussemburgo, qui esaminata, si sottolinea che il regio decreto n.1373/2003 - che fissa gli onorari spettanti ai professionisti in Spagna - costituisce una normativa promulgata dallo Stato. Inoltre, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) precisa che “nelle sue osservazioni scritte, il governo spagnolo ha rilevato che detto decreto non è stato elaborato dalle associazioni professionali dei procuratori legali, trattandosi di una normativa statale approvata dal Consiglio dei Ministri spagnolo, conformemente alla procedura ordinaria di elaborazione dei decreti. Il procedimento di liquidazione degli onorari dei procuratori legali, poi, rientra nella competenza dei giudici nazionali”.

Ancora, - afferma la CGUE - non si può ritenere che il Regno di Spagna abbia delegato il potere di elaborare la normativa o la sua attuazione alle associazioni professionali dei procuratori legali per il solo fatto che i giudici nazionali, nel corso del procedimento di liquidazione degli onorari, siano tenuti a rispettare le disposizioni di una normativa nazionale elaborata e promulgata da tale Stato secondo la procedura regolamentare ordinaria. Infine, non si può ritenere che questo Stato membro (Spagna) imponga o favorisca la conclusione, da parte delle associazioni professionali dei procuratori legali, di intese in contrasto con l'art. 101 TFUE o di abusi di posizione dominante in contrasto con l'art.102 TFUE, né che ne rafforzi gli effetti.

Pertanto, sulla base di queste considerazioni, la Corte ha ritenuto che una normativa - come quella spagnola - che assoggetti gli onorari dei procuratori legali a una tariffa che può essere aumentata o diminuita solamente del 12% e della quale i giudici nazionali si limitano a verificare la rigorosa applicazione, senza essere in grado, in circostanze eccezionali, di derogare ai limiti fissati da tale tariffa - non sia affatto contraria all'art.101 TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea), in combinato disposto con l'art. 4, paragrafo 3, TUE (Trattato dell’Unione Europea).

Infatti, secondo il Giudice comunitario, se la liquidazione degli onorari avviene attraverso un intervento dei giudici nazionali, che restano vincolati dagli importi fissati dalla legge interna, non vi può essere al riguardo alcuna violazione della normativa europea.”

In conclusione, sottolinea il Cni, “nella importante decisione richiamata, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ritiene che la regolamentazione dei compensi minimi, in virtù del fatto che è contenuta in una normativa statale, non contrasta con il diritto dell’Unione Europea e non rappresenta, quindi, un ostacolo alla libera concorrenza.

Pur evidenziando che – sul piano operativo – trattasi di una sentenza centrata sulla legislazione spagnola e sugli onorari di una specifica figura professionale, è indubitabile che i principi ivi affermati al più alto livello (si tratta del supremo Giudice europeo) siano suscettibili di assumere portata di carattere generale e quindi di valere ed essere considerati applicabili anche per le Professioni di altri Paesi dell’Unione Europea”.

In allegato la sentenza

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