Con ordinanza del 26 gennaio 2017, il Consiglio di Stato ha sottoposto alla Corte di giustizia europea una domanda di pronuncia pregiudiziale sull’interpretazione dell’articolo 18 della direttiva 2009/28/CE, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, letto in combinato disposto con la decisione di esecuzione 2011/438/UE della Commissione, relativa al riconoscimento del sistema ISCC «International Sustainability and Carbon Certification» per la verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità di cui alle direttive 2009/28 e 2009/30/CE.
Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la Legatoria Editoriale Giovanni Olivotto (L.E.G.O.) SpA alla società Gestore dei servizi energetici (GSE) SpA, al Ministero dell’Ambiente, al Ministero dello Sviluppo Economico e al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, in merito alla mancata presentazione di certificati di sostenibilità relativi a bioliquidi utilizzati per il funzionamento dell’impianto termoelettrico della L.E.G.O., mancanza questa che ha determinato la decadenza dal regime di incentivazione dei certificati verdi di cui beneficiava tale impianto.
Con la sentenza del 4 ottobre 2018, causa C-242/17, la Corte di giustizia Ue ha affermato che l’articolo 18, paragrafo 7, della direttiva 2009/28/CE, letto in combinato disposto con la decisione di esecuzione 2011/438/UE, relativa al riconoscimento del sistema ISCC «International Sustainability and Carbon Certification» per la verifica del rispetto dei criteri di sostenibilità di cui alle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2009/28 e 2009/30/CE, “deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa nazionale la quale imponga agli operatori economici, per la certificazione della sostenibilità dei bioliquidi, oneri specifici, diversi e più ampi rispetto a quelli previsti da un sistema volontario di certificazione della sostenibilità, quale il sistema ISCC, riconosciuto dalla citata decisione di esecuzione, adottata dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 4, della direttiva summenzionata, nella misura in cui tale sistema è stato approvato soltanto per i biocarburanti e gli oneri suddetti riguardano soltanto i bioliquidi”.
Il diritto dell’Unione, e in particolare l’articolo 34 TFUE e l’articolo 18, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2009/28, “deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che una normativa nazionale imponga un sistema nazionale di verifica della sostenibilità dei bioliquidi, il quale stabilisca che tutti gli operatori economici che intervengono nella catena di consegna del prodotto considerato, anche quando si tratti di intermediari che non conseguono alcuna disponibilità fisica delle partite di bioliquidi, sono tenuti a rispettare taluni obblighi di certificazione, di comunicazione e di informazione scaturenti da detto sistema”.
In allegato la sentenza della Corte Ue