Il 2 dicembre scorso l’Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani) è stata audita, insieme ad altri soggetti istituzionali, dal ministero delle Infrastrutture – commissione art. 23, comma 13 d.lgs n. 50/2016 - in merito alle nuove tecnologie di costruzione e manutenzione di infrastrutture ed edifici in Bim (Building Information Model).
Nel corso dell’incontro Anci ha illustrato alla commissione il documento consegnato – IN ALLEGATO - con il quale sono state fornite alcune risposte ad un questionario sottoposto dal Ministero.
Per quanto riguarda la strategia generale che il Governo dovrebbe adottare in vista dell’uso esteso dell’Information & communication Technology (ICT) negli appalti e nei contratti pubblici, secondo l'Anci occorre prima di tutto mettere in atto un processo di “accompagnamento” dei comuni di più grandi dimensioni, verso questa direzione, anche attraverso la formazione ed informazione sul territorio.
AVVIO GRADUALE. Una strategia che si ritiene possa essere utile per le Amministrazioni comunali è quella di restringere in fase di avvio le tipologie di opere pubbliche da progettare mediante il BIM.
Ad esempio non appare opportuno affrontare con il BIM progettazioni manutentive parziali di edifici o infrastrutture. Il primo set di opere dalle quali si potrebbe partire con obbligatorietà – comunque graduale - per la progettazione mediante il BIM è quello delle opere nuove di consistente entità come ad esempio scuole nuove, edifici di edilizia residenziale, uffici nuovi; potrebbero essere contemplati gli edifici e le opere infrastrutturali strategiche ai fini di protezione civile, le opere ed infrastrutture di cui i comuni ed altri enti intendono affidare la manutenzione in global service, le opere oggetto di finanza di progetto, e per tutte queste prevedere nei relativi affidamenti la formazione del personale pubblico in affiancamento. L’utilizzo potrebbe essere esteso anche a nuove infrastrutture di trasporto – nei tracciati stradali importante sarebbe uso del BIM per i manufatti tipo ponti o sottopassi. Inoltre, tra le opere del primo set da rendere obbligatorie dovrebbero essere incluse quelle oggetto di gestione da parte di soggetti terzi come ad esempio un teatro nuovo o da ristrutturare che viene affidato in gestione per 20 anni a soggetto privato Questa fattispecie riveste una certa rilevanza perché tramite il BIM si può supportare la fase di manutenzione, gestione e facility management del patrimonio immobiliare.
MODULAZIONE DELL’ENTRATA IN VIGORE DELL’USO DEL BIM. Altra possibilità di modulazione dell’entrata in vigore dell’uso del BIM potrebbe essere quella di consentire alle Amministrazioni di bandire gare con progetti non necessariamente eseguiti in BIM (o eseguiti in BIM solo parzialmente esempio per la parte geometrica e non impiantistica o strutturale…) inserendo però l’obbligo per l’appaltatore di trasporre e aggiornare il Piano di manutenzione tramite la restituzione di un modello BIM completo. In sostanza si potrebbe ipotizzare che in fase di esecuzione chi “vive e conduce il cantiere” possa completare o redigere il modello 3D in BIM alimentando il data base delle informazioni con tutte le caratteristiche dei materiali usati effettivamente in cantiere, così pure per impianti, infissi, e componentistica varia. Così facendo si recupererebbe almeno l’importantissima utilità che il BIM può dare per la fase manutentiva e gestionale. Tra l’altro il tema di porre particolare cura al Ciclo di vita dell’opera pubblica e alla sua gestione e manutenzione è una delle questioni su cui il nuovo codice contratti pubblici pone particolare attenzione.
Tale approccio sarebbe simile a quello proposto dalla norma UNI in procinto di essere promulgata per le opere di restauro dove il progetto in BIM è complessissimo da eseguire e dove quindi si prescrive un “recupero” dell’attività in fase di as built).