Le costruzioni italiane rischiano di vedere andare in fumo 34 miliardi di euro di investimenti nel 2020.
È questo il risultato della stima preliminare condotta dagli analisti del CRESME sull’impatto settoriale dell’emergenza sanitaria. La stima è stata anticipata, insieme a un quadro di dettagliate analisi, nell’ambito del seminario di CRESME LAB sullo scenario di mercato, il think tank analitico del CRESME al quale partecipano attivamente importanti industrie e distributori del settore delle costruzioni. Il seminario si è tenuto in remoto il 26 marzo nell’ambito della nuova rete di connessioni (CRESME LAB Remote Think Tank) che il CRESME sta sviluppando. Fra 21 giorni è prevista una seconda previsione e l’avvio di una nuova operatività per CRESME LAB, di carattere non solo analitico ma tattico e strategico.
In base alle analisi svolte, edilizia e genio civile, includendo investimenti in nuova costruzione e manutenzione straordinaria, potrebbero subire una contrazione (valutata a valori costanti) del -22,6% rispetto al 2019. A titolo di paragone, nel 2009, l’anno più nero per le costruzioni italiane durante la crisi, la flessione degli investimenti era stata del -9,6%.
Va inoltre considerato che prima dell’emergenza sanitaria le costruzioni sperimentavano una fase di crescita che andava consolidandosi; le attese a fine 2019 erano infatti confortanti, con una crescita complessiva del +2,4% (che dava seguito al +3% dell’anno passato), trainata dall’attività nuova costruzione (specialmente in ambito infrastrutturale). Gli investimenti attesi nel 2020, valutati a valori 2019, erano quindi pari a circa 141 miliardi di euro; le stime preliminari del Cresme indicano, invece, che ci si potrebbe fermare ad appena 107 miliardi di euro, una perdita potenziale, appunto, pari a 34 miliardi di euro. Se invece si guarda al dato del 2019 (138 miliardi), la caduta è quantificabile in 31 miliardi di euro.
Al livello settoriale, l’impatto sull’attività edilizia coinvolgerebbe in egual misura sia il comparto residenziale sia quello non residenziale (pubblico e privato). Gli investimenti in nuove abitazioni potrebbero crollare di oltre un quinto rispetto al 2019 (-22,6%), mentre più pesante potrebbe essere il blocco dell’attività di ristrutturazione, quantificabile in un -23,5% della spesa. Il settore residenziale potrebbe quindi perdere, rispetto alle attese di inizio 2020, 3,9 miliardi di nuova costruzione e ben 13,2 miliardi di ristrutturazioni. Numeri parimenti negativi potrebbero riguardare il settore non residenziale (-23% per la nuova costruzione privata, -27% per la nuova costruzione pubblica, -30% per la riqualificazione in ambito privato e -27% in ambito pubblico), che equivalgono a 3,2 miliardi per il non residenziale nuovo privato (-1,3 miliardi per il pubblico) e 6,8 miliardi per la riqualificazione privata (-1,7 miliardi per quella pubblica). Seppur di minore entità, potrebbe essere drammatico anche il dato sui minori investimenti in opere infrastrutturali, che crollerebbero del -12,6%, sia in ambito di nuova costruzione (-2,5 miliardi) , sia in ambito di manutenzione straordinaria (-1,9 miliardi).
Alla base di questo scenario vi sono assunzioni sulla entità e sulla durata del blocco dell’attività imposto al settore nel quadro di contenimento dell’epidemia in atto:
- quasi totale sospensione dei cantieri per un trimestre per le nuove costruzioni non di pubblica utilità;
- quasi totale sospensione dei cantieri per un trimestre per gli interventi di riqualificazione edilizia (salvo riparazioni improrogabili, si consideri che nei mesi fra marzo e maggio viene effettuato il 35% degli interventi);
- parziale sospensione dei cantieri per le opere del genio civile di nuova costruzione e di manutenzione straordinaria (ad esclusione infrastrutture strategiche, edilizia sanitaria, ecc.);
- ripartenza improntata alla cautela da giugno a ottobre.
Si tratta di ipotesi che, come tali, saranno oggetto di revisione nelle prossime settimane, a mano a mano che la situazione andrà delineandosi.