Timida, lenta, contraddittoria: così appare la «ripresina» che sta segnando l’uscita dal tunnel della crisi del settore delle costruzioni. Lo hanno spiegato oggi Fillea Cgil e Fondazione Di Vittorio, presentando a Roma il II Rapporto sull’andamento delle costruzioni in Italia, un settore che rappresenta nel 2017 il 9,6% del Pil, circa 1 milione e 300 mila occupati e il 46% di tutti gli investimenti in conto capitale del Paese.
Regina di questa «ripresina» è senza dubbio la spesa per la riqualificazione del patrimonio abitativo, grazie alle detrazioni fiscali per le spese migliorative, ristrutturazioni e riqualificazione energetica. Un numero su tutti: la quota di ristrutturazioni attivate dagli incentivi è passata dal 16% del 2007 (9 miliardi) al 40,7% del 2016 (28 miliardi), investimenti che hanno attivato mediamente 270 mila posti di lavoro. Dal 2013, con il variare degli incentivi, l’impatto sull’occupazione è stato ancora maggiore ( 400 mila posti nel 2016).
Crescono anche gli investimenti pubblici (+10,4% nel 2016 sull’anno precedente, +23,9% nel 2017, +26,2% nel 2018) ma continua a restare molto larga la forbice tra risorse allocate e risorse realmente spese.
L’edilizia è da sempre un “volano” per l’intera economia, i suoi effetti moltiplicativi sono noti, possiamo sintetizzarli così: 1 mld di euro investito nelle costruzioni ha una ricaduta sul sistema economico per 3,5 mld e per l’occupazione fino a 50mila posti di lavoro, di cui 12mila direttamente nel settore delle costruzioni.
Nel 2016, gli occupati nei segmenti delle costruzioni sono 1.346.000, il 5,91% degli occupati in totale, con qualifiche mediamente più basse. Diminuiscono di poco gli autonomi a beneficio del lavoro subordinato, quest’ultimo composto per oltre il 15% di contratti a termine. Non aumentano le forze di lavoro ma le ore: negli ultimi due anni la gran parte dei lavoratori attivi ha lavorato oltre le 36 ore settimanali.
La contraddizione appare evidente: mentre da un lato la domanda va sempre più concentrandosi in segmenti specifici come la manutenzione straordinaria, il risparmio energetico, l’anti sismico, la rigenerazione urbana, l’uso di nuove tecniche costruttive e nuovi materiali, le imprese continuano a preferire le basse qualifiche (o a non riconoscere le reali professionalità rispetto alle declaratorie contrattuali), non investendo sulla crescita qualitativa delle maestranze.
Permane una quota importante di lavoro nero e grigio (come registrato anche dal Rapporto dei Servizi Ispettivi 2017) e soprattutto una grande difformità tra i dati Istat e sistema bilaterale edile, a testimonianza di una importante “fuga dal CCNL edile” sia sotto forma di un universo del lavoro autonomo (che si chiede come sindacato di portare dentro il sistema bilaterale per “farlo emergere” ed includerlo anche da un punto di vista delle tutele a partire dalla formazione e dalla sicurezza), sia da un punto di vista di non applicazione del CCNL edile pur dichiarando i lavoratori che svolgono tale attività (dumping contrattuale). A conferma solo un dato: le 120 Casse Edili/Edilcasse avevano a settembre 2016 604mila iscritti. Dove sono tutti gli altri indicati dall’Istat, circa 700mila?
Una stima approssimativa della Fillea Cgil ci fa individuare (dati 2017) in almeno 150.000 i lavoratori dipendenti a cui si applicano altri CCNL pur dichiarando i lavoratori di svolgere mansioni tipiche dell’edilizia. E proprio per contrastare la “fuga dal CCNL edile” ed il dumping contrattuale, la Fillea, unitariamente con Filca e Feneal, ha lanciato nel febbraio scorso una proposta di legge dal titolo “stesso lavoro stesso contratto”.
Dal II Rapporto Fillea - FDV emergono dunque:
- indici congiunturali e tendenziali di ripartenza nel settore costruzioni: variabili reali, grado di fiducia, ore di lavoro, indici di redditività sono tutti in ripresa
- nuovi spazi per un rinnovo del CCNL con margini economici e aumenti salariali superiori rispetto al precedente rinnovo, collocato in piena crisi ed in assenza di segnali di ripresa
- alcuni colli di bottiglia evidenti su cui intervenire anche congiuntamente con le parti datoriali e con il Governo a partire dal rafforzamento della domanda da un lato, dal contrasto all’evasione contrattuale dall’altro.