Nuova frenata dei fallimenti mentre il saldo tra iscrizioni e cessazioni di imprese, pur negativo, mette a segno il miglior risultato degli ultimi cinque anni. Alla fine di marzo complessivamente il totale delle imprese italiane risulta pari a 6.038.891 unità, di cui 1.347.820 artigiane.
E’ quanto emerge dall’analisi dei dati ufficiali sulla natalità e mortalità delle imprese tra gennaio e marzo 2016, diffusi da Unioncamere - InfoCamere, secondo cui il tessuto imprenditoriale si riduce di -12.681 unità. Questa flessione però, comune a tutti i trimestri di inizio d’anno tradizionalmente caratterizzati da un bilancio negativo a causa del concentrarsi delle cancellazioni sul finire dell’anno precedente, è meno consistente rispetto al passato. Intanto tra gennaio e marzo sono diminute del 5,4% le nuove aperture di procedure fallimentari (3.396 in totale).
I primi tre mesi dell’anno hanno fatto registrare una sostanziale stabilità delle iscrizioni che ammontano a 114.660 unità (+158 rispetto allo stesso periodo del 2015) e una sensibile riduzione delle chiusure scese a 127.341 unità, il valore più contenuto degli ultimi undici anni. L’intero saldo negativo del trimestre può sostanzialmente essere attribuito alle sole imprese artigiane. Le cancellazioni (40.218) sono le più basse degli ultimi dieci anni, ma anche le iscrizioni hanno continuano nella loro lenta e costante flessione: il dato del trimestre da poco concluso è il più basso dal duemila ad oggi.
COSTRUZIONI - 6.294 IMPRESE. I settori che vedono aumentare in modo apprezzabile la propria base imprenditoriale sono quelli del noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (+1.579 imprese, di cui 483 artigiane), le attività immobiliari (+896) e l’alloggio e la ristorazione (+662). Sul fronte opposto ad arretrare maggiormente sono i settori delle costruzioni (- 6.294 imprese, -0,74%) e del commercio (-5.680 unità, -0,37%).
Tra le forme giuridiche, il segmento più dinamico del nostro tessuto imprenditoriale continua ad essere quello delle società di capitali, aumentate di 13mila unità (pari ad un tasso di crescita dello 0,88%). Una vitalità che solo in parte riesce a controbilanciare il saldo negativo delle ditte individuali, diminuite nel periodo di 20.930 unità (pari allo 0,65% in meno). Un risultato quest’ultimo comunque migliore di quello del 2015 quando si attestò a -25mila unità.
REGIONI. L’analisi a livello territoriale mostra saldi negativi in tutte e quattro le grandi ripartizioni, ciascuna comunque in miglioramento rispetto ad un anno fa. Tra le regioni, Trentino-Alto Adige, Lazio e Campania sono quelle che fanno registrare un saldo positivo per quanto contenuto rispettivamente con 69, 714 e 33 imprese in più. Delle altre, la sola Emilia-Romagna ha chiuso il primo trimestre 2016 con un risultato peggiore del 2015. Tra gli artigiani, nessuna regione chiude in positivo e sono cinque quelle in ulteriore contrazione rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno: Friuli Venezia Giulia, Liguria, Umbria, Molise e Sardegna.
Tornando ai fallimenti, tra gennaio e marzo le imprese che hanno aperto una procedura fallimentare sono state 3.396, contro le 3.588 del primo trimestre del 2015. In termini percentuali, si segnala un nuovo deciso rallentamento (-5,4%), dopo quello lieve del 2015 (-0,5%). Il fenomeno dei fallimenti riguarda comunque, rispetto ai 6 milioni di imprese del tessuto economico nazionale, un numero di aziende molto limitato, nell’ordine di 6 unità ogni 10mila.
L'ESPOSIZIONE AL RISCHIO FALLIMENTO È PIÙ ALTA TRA LE ATTIVITÀ MANIFATTURIERE. Osservando la distribuzione dei fallimenti per settore, quello che contribuisce maggiormente in termini assoluti è il commercio (794 fallimenti, pari al 23% del totale). Seguono l’industria manifatturiera con 656 eventi (19,3%) e le costruzioni con 644 (19,0%). Quanto all’incidenza del fenomeno – al netto dei settori di minori dimensioni – l’esposizione delle imprese al rischio di fallimento è più elevata tra le attività manifatturiere (11,3 aperture ogni 10mila imprese registrate).
L’analisi per forma giuridica dell’impresa, mostra come la contrazione del flusso di nuovi fallimenti è il risultato di dinamiche opposte. A fronte di un aumento dell’1,7% dei fallimenti delle società di persone e del 2,3% delle “altre forme” (consorzi e cooperative), si registra la diminuzione dei default di Società di capitali e imprese individuali (rispettivamente -6,3 e -9,9% rispetto al primo trimestre del 2015).