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Costruzioni, nel 2015 si allenta la crisi

L'Osservatorio congiunturale dell'Ance prevede per quest'anno ancora una riduzione degli investimenti in costruzioni dell’1,3%, ma in miglioramento rispetto alla stima formulata a dicembre 2014 (-2,4%)

lunedì 13 luglio 2015 - Redazione Build News

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Complessivamente, dall’inizio della crisi, il settore delle costruzioni ha perso 529.000 posti di lavoro (-26,7%), che raggiungono circa 800.000 unità considerando anche i settori collegati.

Il dato emerge dall'Osservatorio congiunturale sull'industria delle costruzioni, presentato oggi dall'Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance). 


CONTRAZIONE DEL TESSUTO PRODUTTIVO. Tra il 2008 ed il 2013, le costruzioni hanno sperimentato una notevole contrazione del tessuto produttivo, con una fuoriuscita dal sistema di 79.972 imprese che corrisponde ad un calo, in termini percentuali, del -12,7%.

Tra il 2008 ed il 2015 il settore delle costruzioni ha perso il 34,8%. Per la nuova edilizia abitativa la flessione raggiunge il 66,5%, l’edilizia non residenziale privata segna una riduzione del 30,7%, mentre le opere pubbliche registrano un caduta del 48,7% (-54,7% dal 2005 al 2015). Solo il comparto della riqualificazione degli immobili residenziali mostra una tenuta dei livelli produttivi (+20,9%).

PREVISIONI PER IL 2015. La previsione formulata dall’Ance per il 2015 è ancora di una riduzione degli investimenti in costruzioni dell’1,3% in termini reali, seppur in miglioramento rispetto alla stima formulata a dicembre 2014 (-2,4%).

La nuova stima tiene conto delle più recenti valutazioni delle imprese associate Ance, nell’indagine rapida svolta nel mese di maggio 2015, che indicano, per l'anno in corso, per la prima volta dopo molti anni, un’aspettativa di allentamento della crisi.

DETRAZIONI FISCALI. Il calo degli investimenti in costruzioni nel 2015, più contenuto rispetto agli anni precedenti, è stato mitigato dalla proroga fino a dicembre 2015 del potenziamento degli incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie e per l’efficientamento energetico (previsti dalla Legge di Stabilità per il 2015). A ciò si aggiungono alcuni provvedimenti relativi alle opere pubbliche che, sebbene non sufficienti ad invertire il ciclo, ne mitigano, tuttavia, già nel 2015, la flessione.

CALO DEI PERMESSI DI COSTRUIRE. La flessione dei livelli produttivi della nuova edilizia residenziale (nel 2015 -8,8% rispetto al 2014) è legata al proseguimento del significativo calo dei permessi di costruire: secondo i dati Istat sull’attività edilizia il numero complessivo delle abitazioni (nuove ed ampliamenti) per le quali è stato concesso il permesso di costruire, dopo il picco del 2005 (305.706 unità), evidenzia una progressiva e intensa caduta a partire dall’anno successivo e, nel 2014, si stima che il numero di abitazioni concesse sia di circa 54.000 con una flessione complessiva che supera l’80%. Si tratta di uno dei livelli più bassi mai raggiunti, inferiore, escludendo gli anni del secondo conflitto mondiale, al 1936.

Per gli investimenti in costruzioni non residenziali pubbliche si stima, nel 2015, una flessione dell’1,3% in quantità, una variazione rivista al rialzo per effetto del positivo andamento dei bandi di gara di lavori pubblici iniziato nel 2014 e che continua nei primi cinque mesi dell’anno in corso e della volontà del Governo espressa nel DEF di aprile scorso di aumentare la spesa della Pubblica Amministrazione per investimenti fissi lordi dopo i forti cali degli anni precedenti.

IMMOBILIARE RESIDENZIALE, INVERSIONE DI TENDENZA. Dopo sette anni consecutivi di riduzione del numero di abitazioni compravendute (-53,6% tra il 2007 ed il 2013), nel corso del 2014 si registra un’interruzione del trend negativo con una crescita del 3,6% rispetto al 2013.

Il 2014 può essere letto, quindi, come l’anno di inversione di tendenza del ciclo negativo, con un recupero di vivacità riscontrabile soprattutto nelle grandi città capoluogo.

Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate, il risultato del 2014 deriva dalla sintesi di una dinamica particolarmente positiva dei comuni capoluoghi, con un aumento tendenziale del 7,4% del numero di transazioni effettuate e di una crescita più contenuta nei comuni non capoluogo (+1,7% rispetto al 2013).

IL PESO DELLA TASSAZIONE IMMOBILIARE. Sulla crisi del mercato immobiliare residenziale un ruolo non secondario è stato giocato dalla tassazione sugli immobili, che ha determinato un fortissimo inasprimento del prelievo fiscale legato all’abitazione e un’estrema incertezza derivante da un regime fiscale non chiaro e soggetto a continue modifiche.

Secondo gli ultimi dati del Dipartimento delle Finanze e dell’Agenzia delle Entrate, il gettito fiscale sugli immobili (per uso abitativo e produttivo) derivante dalle principali imposte sul possesso, sulla locazione e sulle compravendite è stimato, nel 2014, in circa 42,1 miliardi di euro in aumento del 9,8% rispetto al 2013, ovvero 3,8 miliardi di euro in più.

Tale incremento è da attribuirsi principalmente al maggior gettito derivante dall’introduzione della nuova imposta sui servizi “TASI” che va ad aggiungersi all’IMU già prevista nel biennio precedente 2012-2013. In particolare, si passa da 20,4 miliardi di euro del 2013 (IMU) ai 23,9 miliardi del 2014 (IMU +TASI), pari ad un incremento del 17,1%.

Il confronto con il 2011, ultimo anno dell’ICI, vede un aumento della tassazione sul possesso degli immobili che passa da 9,8 miliardi di euro del 2011 (ICI) a 23,89 miliardi di euro del 2014 (IMU+TASI), determinando un incremento della pressione fiscale sul possesso del 143,5% in soli tre anni.

CREDITO. L’accesso al credito per le imprese continua, in parte, a rimanere problematico. Nei primi tre mesi del 2015 i finanziamenti per investimenti in edilizia residenziale in Italia hanno continuato a diminuire di un ulteriore 12% rispetto allo stesso periodo del 2014, con un crollo totale, tra il 2007 e il 2014, di oltre il 70%.

Per quanto riguarda, invece, il settore non residenziale sia nel 2014 che nei primi 3 mesi del 2015 le erogazioni per investimenti sono aumentate; nel 2014 l’incremento è stato del 6,7% rispetto al 2013, variazione totalmente attribuibile all’ultimo trimestre dell’anno, durante il quale le erogazioni sono aumentate di oltre il 74%. Nel primo trimestre del 2015 è proseguito il trend positivo, con un incremento di oltre il 126% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Questo primo segnale positivo viene registrato dopo sette anni di continue diminuzioni nelle erogazioni di finanziamenti in tale comparto: complessivamente, infatti, tra il 2007 e il 2014, i nuovi mutui per investimenti nel settore non residenziale sono diminuiti del 71,7%, passando da 21 miliardi di euro ad appena 5,9 miliardi di euro.

RITARDI NEI PAGAMENTI. Il problema dei ritardi di pagamento alle imprese continua a colpire fortemente il settore delle costruzioni anche nel 2015. Secondo l’indagine realizzata dall’Ance presso le imprese associate, infatti, nel primo semestre 2015, il 78% delle imprese registra ritardi nei pagamenti della Pubblica Amministrazione.

Nei lavori pubblici, continua la tendenza al lento miglioramento dei tempi di pagamento alle imprese registratasi a partire dal primo semestre 2013, periodo in cui sono state approvate le prime misure nazionali relative allo smaltimento dei debiti pregressi, contemporaneamente all’entrata in vigore della nuova direttiva europea sui ritardi di pagamento.

Ma nonostante questi miglioramenti, i tempi medi di pagamento rimangono elevati rispetto agli standard europei: in media, le imprese che realizzano lavori pubblici continuano ad essere pagate dopo 177 giorni (circa 6 mesi) contro i 60 giorni previsti dalla normativa comunitaria.

Il volume dei ritardi, inoltre, rimane consistente: l’Ance stima in circa 8 miliardi di euro l’importo dei ritardi di pagamento alle imprese che realizzano lavori pubblici.

MANCATO RISPETTO DELLA NORMATIVA EUROPEA. In questo contesto, la direttiva europea in materia di ritardo di pagamento rimane in larga misura disattesa nel settore dei lavori pubblici in Italia. Il mancato rispetto della normativa europea non riguarda soltanto i tempi di pagamento ma anche le numerose prassi gravemente inique messe in atto dalle Pubbliche Amministrazioni nei confronti delle imprese.

Per non risultare inadempienti nei pagamenti, infatti, molte Pubbliche Amministrazioni tendono a forzare l’invio tardivo delle fatture per spostare artificiosamente la data di scadenza delle stesse.

Rispetto agli ultimi due anni, nel primo semestre 2015, aumenta significativamente la richiesta alle imprese di ritardare l’emissione degli Stati di Avanzamento Lavori (S.A.L.) o l’invio delle fatture: il 54% delle imprese denuncia questa prassi.

Più in generale, permangono frequenti situazioni, diffuse in tutto il territorio nazionale, in cui le amministrazioni pubbliche disattendono esplicitamente le regole fissate dall’Europa sulla tempestività dei pagamenti, sia per quanto riguarda i tempi di pagamento che per quanto riguarda gli eventuali indennizzi in caso di ritardo.

I mancati pagamenti della P.A. hanno provocato importanti effetti negativi sull’occupazione e sugli investimenti nel settore e, più in generale, sul funzionamento dell’economia. A causa dei ritardi, quasi la metà delle imprese ha ridotto gli investimenti e un terzo delle imprese ha dovuto ridurre il numero dei dipendenti. Inoltre, le imprese hanno sopportato costi elevati, con conseguente riduzione dei margini e aumento della situazione di debolezza finanziaria, per l’utilizzo degli strumenti finanziari utilizzati per sopperire alla mancanza di liquidità.

Il problema dei ritardi di pagamento continua quindi a determinare una situazione di sofferenza nel settore dei lavori pubblici e l'Ance sottolinea la necessità di adottare rapidamente nuove misure dopo che gli ultimi interventi del Governo hanno continuano a rinviare la risoluzione del problema.

SPLIT PAYMENT. In un contesto già fortemente compromesso dalla diffusione e dal perdurare del fenomeno dei ritardi di pagamento nei lavori pubblici, lo split payment, entrato in vigore dal 1° gennaio 2015, aggrava fortemente l’equilibrio finanziario delle imprese che operano nel settore in Italia.

Per le imprese che realizzano lavori pubblici, già fisiologicamente a credito Iva, la norma impone infatti un effetto finanziario ancora più grave. Secondo l’Ance, l’ulteriore perdita di liquidità per le imprese derivante dal versamento dell’Iva direttamente da parte della P.A., risulta pari a circa 1,3 miliardi di euro all’anno.

CALANO I NUOVI INVESTIMENTI IN INFRASTRUTTURE. Le risorse iscritte nel bilancio dello Stato destinate a nuovi investimenti infrastrutturali nel 2015 registrano una riduzione dell’8,5% in termini reali rispetto all’anno precedente.

PICCOLE E MEDIE OPERE. L'Ance considera assolutamente condivisibile l’attenzione posta dal decisore pubblico alla realizzazione di opere medio piccole diffuse, come gli interventi di messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico e quelli sul patrimonio scolastico.

Le più recenti decisioni del Governo e il contenuto dell’ultimo documento di programmazione economica segnano un vero e proprio cambio di paradigma nella politica infrastrutturale del Paese. Il DEF 2015 pone, finalmente, l’attenzione anche alle opere medio piccole di carattere ordinario, superando la logica, adottata nei passati documenti programmatori, che identificavano tale politica quasi esclusivamente nell’attuazione del Programma Infrastrutture Strategiche.

In particolare, in tema di edilizia scolastica, tra nuove e vecchie risorse, risultano disponibili circa 4 miliardi di euro, che saranno alla base dei finanziamenti della Programmazione unica nazionale per il triennio 2015-2017.

Per quanto riguarda il rischio idrogeologico, invece, le risorse disponibili ammontano a circa 3,6 miliardi di euro (2,4 miliardi di risorse già stanziate a cui si aggiungono 1,2 miliardi relativi al piano stralcio per le città metropolitane).

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