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Costruzioni, osservatorio Ance: nel 2016 solo +0,3% gli investimenti

Il 2016 e anche il 2017 si presentano ancora carichi di incertezza per le potenzialità di ripresa

mercoledì 6 luglio 2016 - Redazione Build News

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Il 2015 è stato l’ottavo anno di crisi per il settore delle costruzioni. Una crisi che ha dimezzato i livelli produttivi dei principali comparti e indebolito gravemente il tessuto industriale del settore. Il 2016 ed anche il 2017 si presentano ancora carichi di incertezza per le potenzialità di ripresa e per il rischio del perdurare di una crisi senza precedenti.

A scattare la fotografia del settore è l'edizione di luglio 2016 dell’Osservatorio Congiunturale sull’Industria delle Costruzioni, pubblicato dall'Associazione dei costruttori edili (Ance).

L’aspettativa di ripresa del settore delle costruzioni motivata dal cambio di segno di alcuni indicatori e dalla fiducia in un effettivo rilancio degli investimenti pubblici in infrastrutture, emersa a fine 2015, non ha trovato piena conferma nella prima parte dell’anno in corso.

L’Ance, in ragione di tale aspettativa di miglioramento, nell’Osservatorio congiunturale sul settore delle costruzioni di dicembre scorso, aveva formulato una previsione di crescita degli investimenti in costruzioni nel 2016 dell’1,0% in termini reali, dopo otto anni di crisi ininterrotta che ha ridotto il livello degli investimenti in costruzioni del 34,9%.

L’inversione di segno era guidata principalmente da una stima di crescita dei livelli di attività del comparto dei lavori pubblici dell’ordine del 6% in quantità rispetto all’anno precedente. Tale previsione, elaborata tenendo conto delle potenzialità derivanti dalla cancellazione del patto di stabilità interno e dall’applicazione della clausola di flessibilità per gli investimenti pubblici (0,3% del Pil, pari circa 5 miliardi di euro), oggi non sembra più raggiungibile. La nuova stima ridimensiona a +0,4% in termini reali (+1,4% in valori correnti) la crescita in opere pubbliche.

AUMENTO TENDENZIALE DEGLI INVESTIMENTI IN COSTRUZIONI DELLO 0,3%. In questo contesto lo scenario formulato dall’Ance per l’anno in corso è di un aumento tendenziale degli investimenti in costruzioni dello 0,3% in termini reali (+1,3% in valori correnti). Si tratta di un aumento trascurabile, del tutto insufficiente a creare condizioni di effettiva ripresa per un settore stremato da una crisi senza fine.

La nuova previsione tiene conto di un peggioramento delle valutazioni delle imprese associate Ance, espresse nell’indagine rapida svolta nel mese di aprile 2016. A ciò si aggiungono gli indicatori settoriali che si stanno rendendo via via disponibili, riferiti ai primi mesi dell’anno in corso, deludenti ed in controtendenza rispetto alle attese.

L’indice Istat della produzione nelle costruzioni nei primi quattro mesi del 2016 è stato caratterizzato da un andamento altalenante, dopo che a fine 2015 aveva manifestato primi segnali positivi. Il dato, ancora provvisorio, di aprile (+3%) determina un risultato del primo quadrimestre in crescita dello 0,4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente che, comunque, letto insieme agli altri indicatori settoriali, non allontana il timore che sia a rischio la ripresa del settore.

Nel primo trimestre 2016 prosegue, inoltre, il calo degli occupati nel settore, che si riducono del 3,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il bilancio complessivo dei posti di lavoro persi nelle costruzioni dall’inizio della crisi continua ad aumentare: dal quarto trimestre 2008 al primo trimestre 2016 dal settore sono usciti 580.000 occupati, con una flessione in termini percentuali del 29,3%. Tenendo conto anche dei settori collegati alle costruzioni si stima una perdita complessiva di circa 800.000 unità.

Tra il 2008 ed il 2014, le costruzioni hanno sperimentato una notevole contrazione del tessuto produttivo, con una fuoriuscita dal sistema di oltre 100.000 imprese, che corrisponde ad un calo in termini percentuali del -16%. Un dato molto grave, ma che nasconde una condizione, se possibile, ancora più compromessa. Gli effetti della lunga crisi hanno penalizzato oltremodo le imprese più strutturate, quelle con più di un addetto.

Tra il 2008 e il 2014, le imprese con un numero di addetti compreso tra i 2 e i 9 si sono ridotte di oltre un quarto (-26,9%). Ancora peggiore l’andamento delle medie imprese nella classe fino a 49 addetti: in questa categoria ha cessato l’attività il 40% delle imprese. Delle imprese più grandi, con più di 50 addetti, sono scomparse dall’attività quasi un terzo (-31%).

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