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Compro casa, la metto in affitto, e mi deduco una percentuale del prezzo di acquisto. Il decreto interministeriale dell’8 settembre 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 282 del 3 dicembre scorso, delinea gli aspetti attuativi del beneficio introdotto nel 2014 dal Decreto cosiddetto “Sblocca Italia”, che prevede appunto, nel caso si acquisti un immobile residenziale da destinare alla locazione, una deduzione sul reddito pari al 20% del prezzo di acquisto. Si tratta di una delle tante misure agevolative che hanno come fulcro il mattone, e di preciso le abitazioni, quest’ultima, in particolare, per incentivare il mercato delle compravendite e degli affitti, che nel 2015, secondo i dati diffusi da Solo Affitti-Nomisma, sono cresciuti dell’1,7% rispetto al calo complessivo registrato nel quinquennio precedente dal 2010 al 2014.
Cerchiamo allora di capire di cosa si tratta partendo dai soggetti destinatari del beneficio. Destinatari sono i cittadini privati (persone fisiche) non esercenti attività commerciali, che tra il 1° gennaio 2014 e il 31 dicembre 2017 “acquistano immobili abitativi, nuovi o ristrutturati, da imprese di costruzione o ristrutturazione, da cooperative edilizie o dalle ditte che hanno effettuato gli interventi edilizi, per poi darli in locazione”. Qui ci fermiamo subito per chiarire che l’espressione “non esercenti attività commerciale” è chiaramente riferita al fatto che la locazione non deve in alcun modo sottintendere una certa finalità all’esercizio di attività autonome o d’impresa svolte dal locatore. In termini pratici il locatore dev’essere semplicemente un privato che affitta un immobile di cui è possessore. Niente di più.
Un’altra importante spiegazione va data sulla tipologia di immobili che sono oggetto di locazione. L’articolo 2 del decreto attuativo parla specificatamente di “unità immobiliari a destinazione residenziale di nuova costruzione invendute o oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia o di restauro e risanamento conservativo”. Quanto all’aggettivo “invendute” viene specificato all’articolo 1 che sono tali le abitazioni che “alla data del 12 novembre 2014, erano già interamente o parzialmente costruite ovvero quelle per le quali alla medesima data era stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio comunque denominato, nonché quelle per le quali era stato dato concreto avvio agli adempimenti propedeutici all'edificazione quali la convenzione tra Comune e soggetto attuatore dell'intervento, ovvero gli accordi similari comunque denominati dalla legislazione regionale”.
Altri tre importanti requisiti legati alla natura dell’immobile, che - lo ribadiamo - deve essere destinato all’uso abitativo, rimandano alla categoria catastale, all’ubicazione e alle prestazioni energetiche. È infatti richiesto che l’unità immobiliare:
- non sia di lusso, cioè accatastata in A1 A8 e A9;
- non sia ubicata nelle zone omogenee classificate E, ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444;
- consegua infine prestazioni energetiche certificate in classe A o B, ai sensi dell'allegato 4 delle Linee Guida nazionali per la classificazione energetica degli edifici di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2009, ovvero ai sensi della normativa regionale, laddove vigente.
Spostando ora l’attenzione sugli aspetti non vincolati all’immobile, va detto anzitutto che la deduzione andrà calcolata su una soglia massima di 300.000 euro (Iva compresa), per un beneficio che non potrà superare i 60.000 euro (20% di 300.000). Sia chiaro, però, che una volta goduto, il beneficio non sarà replicabile sulla stessa unità immobiliare (cosiddetto “divieto di ripetibilità”). Tanto per intenderci: se una volta estinto il primo contratto di locazione cui era legata la deduzione (estinta a sua volta), il locatore dovesse decidere di registrare un secondo contratto di affitto - non importa se con lo stesso o con un nuovo inquilino - la deduzione, comunque, non sarà applicata una seconda volta.
Inoltre, esattamente come accade per i bonus casa del 50 o 65 per cento, l’agevolazione non sarà mai applicata in un’unica soluzione, anche perché, con ogni probabilità, a meno di non disporre di un reddito particolarmente alto, andrebbe in parte sprecata. Se ad esempio si avesse un reddito di 25/30.000 euro, e la deduzione ammontasse a 40.000, applicarla in blocco anziché a rate equivarrebbe a perdere la quota eccedente pari a 10/15.000 euro. È stato dunque disposto che la deduzione sia ripartita in 8 quote annuali di pari importo (rate annue di al massimo 7.500 euro deducibili). Non solo, ma la deduzione sarebbe cumulabile con un’altra deduzione “gemella”, stavolta pari al 20% degli interessi passivi, nel caso in cui l’immobile fosse acquistato tramite mutuo ipotecario. Cioè in pratica dal reddito imponibile si andrebbe a sottrarre, oltre al 20% del prezzo di acquisto, anche il 20% degli interessi di mutuo.
L’ultimo fondamentale richiamo riguarda la tempistica e la tipologia della locazione. Il contratto d’affitto dev’essere infatti registrato entro sei mesi dall’acquisto o dall’ultimazione dei lavori (se si tratta ovviamente di un immobile edificato anziché acquistato). In deroga a tale principio, considerando che l’agevolazione è valida per tutti gli immobili acquistati o costruiti dal 1° gennaio 2014 e che il decreto attuativo è stato pubblicato in Gazzetta solo il 3 dicembre 2015, i sei mesi, per gli immobili acquistati o costruiti prima di tale data, decorrono appunto dal 3 dicembre 2015. Inoltre, affinché la deduzione sia percorribile, il canone di locazione non può essere “superiore a quello indicato nella convenzione di cui all'art. 18 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380” oppure “non superiore al minore importo tra il canone definito ai sensi dell'art. 2, comma 3, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, e quello stabilito ai sensi dell'art. 3, comma 114, della legge 24 dicembre 2003, n. 350”.
Traducendo in termini pratici, il canone di locazione non può essere superiore a quello indicato nella convenzione comunale stipulata ai fini del rilascio del permesso di costruire relativo agli interventi di edilizia abitativa convenzionata, o in alternativa l’affitto non può essere superiore a quello previsto per i contratti a canone convenzionale o concordato (articolo 2, comma 1, Legge n. 431/1998). L’agevolazione, quindi non può esser fruibile nel caso in cui si intenda stipulare un contratto a canone libero. Non debbono infine sussistere rapporti di parentela entro il primo grado tra il locatore e il locatario, cioè in pratica il padre non può affittare al figlio e viceversa. Tale impedimento è certamente comprensibile nell’ambito di una logica che voglia impedire un “abuso” della deduzione, anche se posto i questi termini pare non sufficiente a perseguire un simile scopo. Detto altrimenti, un nonno che voglia affittare al nipote avrebbe comunque diritto alla deduzione, come ne avrebbe diritto un suocero che voglia affittare alla moglie del figlio.