Potrebbe ammontare a circa 800 milioni di euro la perdita di fatturato, nel 2020, degli studi professionali e società di ingegneria e architettura a seguito della crisi determinata dal Covid-19. Che corrisponderebbe ad una flessione quasi dell’11% rispetto al 2019, che salirebbe al 12% se si considerassero non solo gli ingegneri e gli architetti ma ulteriori figure professionali impegnate nella filiera dei servizi di ingegneria. E’ quanto emerge da un rapporto diffuso dal Centro Studi CNI, le cui stime sono state elaborate a partire dalle prime proiezioni disponibili relative al quadro macro economico e che indicano una possibile flessione del Pil su base annuale almeno dell’8%, accompagnato da una consistente flessione degli investimenti, in particolare di quelli del comparto delle costruzioni.
In maniera più specifica, le stime indicano che una flessione del 9% degli investimenti complessivi in costruzioni porterebbe il fatturato del comparto allargato dei servizi di ingegneria dai 9,65 miliardi di euro del 2019 ad 8,48 miliardi, con una flessione di oltre l’12%.. Se, poi, si considera l’ambito che meglio rappresenta il comparto tradizionale dell’attività professionale, costituito dai singoli professionisti e dalle società di ingegneria insieme, il fatturato potrebbe passare dai 7,58 miliardi stimati per il 2019 a 6,75 miliardi nel 2020 con una flessione quasi dell’11%.
Va anche detto che il settore, specialmente per quanto riguarda la componente costituita dai liberi professionisti operanti in studi di dimensioni contenute, è entrato nello scenario critico attuale già in una condizione di relativa debolezza. Il primo e più evidente indicatore di tale condizione è rappresentato dai livelli reddituali piuttosto contenuti di chi esercita la libera professione, specie in via esclusiva (cioè non associata ad un lavoro dipendente). Sulla base dei dati Inarcassa per il 2019 si stima un reddito professionale medio dei propri iscritti (quasi 170.000 tra contribuenti attivi e pensionati contribuenti) pari a 27.897 euro, con valori superiori per gli ingegneri (reddito professionale medio pari a 34.128 euro).
“Se la crescita del fatturato negli ultimi anni fosse stata più sostenuta – commenta Armando Zambrano, Presidente CNI - oggi probabilmente si potrebbe guardare agli effetti del lockdown con minore preoccupazione. Invece nel mese di aprile 2020 quasi 83.000 iscritti ad Inarcassa hanno fatto richiesta dell’indennità di 600 euro erogati dallo Stato secondo quanto disposto dall’art. 44 del cosiddetto Decreto “Cura Italia”. Ciò testimonia in modo molto chiaro il senso di disagio crescente tra molti professionisti, ma soprattutto la loro condizione di fragilità.
“Tuttavia, va detto che, al contrario di quanto accaduto nel 2008, oggi siamo in parte preparati. Sappiamo già, ad esempio, che non va assolutamente interrotto il ciclo di ripresa degli investimenti in opere pubbliche innescatosi negli ultimi tre anni. Le Amministrazioni Pubbliche non devono interrompere il programma di affidamenti della progettazione e dell’esecuzione dei lavori attraverso bandi di gara. E’ determinante semplificare i procedimenti per l’assegnazione di incarichi professionali da parte delle amministrazioni pubbliche e garantire il flusso degli affidamenti. Servono, infine, una serie di misure di natura fiscale che dovranno aggiungersi ai primi provvedimenti intrapresi dal Governo e dalle Casse nelle ultime settimane in favore dei liberi professionisti, per la cui implementazione come CNI e come alleanza CUP-RPT ci stiamo battendo e che giudichiamo ancora insufficienti”.
“Il rapporto – afferma Giuseppe Margiotta, Presidente del Centro Studi CNI – attesta che, nonostante la leggera fase espansiva degli ultimi anni, il contesto nel quale i professionisti dell’area tecnica si trovano da tempo ad operare rimane fragile. I dati analizzati confermano, infatti, come la gran parte degli studi di ingegneria e di architettura non sia riuscita negli ultimi anni a generare vera massa critica, aumentando il proprio potere di mercato. Al contrario, siamo in presenza di un equilibrio piuttosto instabile che potrebbe accentuare i contraccolpi della crisi in atto o che potrebbe rendere più lenta e particolarmente difficile la fase di ripresa, quando essa, come noi tutti auspichiamo, finalmente si manifesterà”.
I dati del Centro Studi CNI partono dal presupposto che la fase acuta della crisi sia concentrata tra la fine di febbraio ed i primi di maggio 2020 e che, in seguito, il sistema economico ritorni alla crescita, in assenza di ulteriori lockdown.
In allegato il rapporto completo del Centro Studi CNI