È illegittima la seconda proroga (dal 1° gennaio al 30 giugno 2021) della sospensione di ogni attività nelle esecuzioni aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore.
Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza 128 depositata oggi (redattore il giudice Giovanni Amoroso) pronunciandosi su questioni di legittimità sollevate dai Tribunali di Barcellona Pozzo di Gotto e di Rovigo relative all’articolo 13, comma 14, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 (cosiddetto “milleproroghe”).
In particolare, la Corte ha ritenuto non più proporzionato il bilanciamento tra la tutela giurisdizionale del creditore e quella del debitore nelle procedure esecutive relative all’abitazione principale di quest’ultimo in considerazione del fatto che i giudizi civili (e quindi anche quelli di esecuzione), dopo l’iniziale sospensione generalizzata, sono ripresi gradualmente con modalità compatibili con la pandemia.
Al contrario, la sospensione prevista dalla norma impugnata è rimasta immutata negli stessi presupposti ed è stata ulteriormente prorogata a partire dal 1° gennaio 2021 per ulteriori sei mesi.
La Corte – nel confermare che il diritto all’abitazione ha natura di «diritto sociale» - ha evidenziato che il sacrificio richiesto ai creditori avrebbe dovuto essere dimensionato rispetto alle reali esigenze di protezione dei debitori, con l’indicazione di adeguati criteri selettivi. Nella seconda proroga della sospensione delle procedure esecutive aventi ad oggetto l’abitazione principale, invece, non è stato individuato alcun criterio selettivo volto a giustificare l’ulteriore protrarsi della paralisi dell’azione esecutiva.
Al contempo, la Corte ha precisato che resta ferma in capo al legislatore, ove l’evolversi dell’emergenza epidemiologica lo richieda, la possibilità di adottare le misure più idonee per realizzare un diverso bilanciamento, ragionevole e proporzionato, tra il diritto del debitore all’abitazione e la tutela giurisdizionale in sede esecutiva dei creditori.
In allegato la sentenza