La siccità che ha colpito alcune zone dell'Italia negli ultimi mesi ha reso importante parlare di risorsa idrica e di come preservarla e produrla. Una tecnica molto usata in altri Paesi europei come ad esempio la Spagna è quella della dissalazione. Ma in Italia è ancora poco praticata, solo 40 impianti in tutto il Paese. Ma è dunque questa la via da percorrere? Se non solo l'unica è una opzione importante, tanto che nelle isole l'utilizzo di dissalatori ha permesso di far crollare il prezzo dell'acqua da 16 euro a 1,50 euro.
Con i dissalatori attualmente presenti in Italia si producono 2 mila metri cubi di acqua contro i 5 milioni della Spagna. Il 71% di questi impianti è attiva in ambito industriale, pochi sono i dissalatori a uso potabile, il 29%, e nessuno è usato a scopo irriguo, sebbene in Italia si utilizzi moltissima acqua proprio per l’agricoltura.
Impatto ambientale e consumo energetico di un dissalatore
Diversamente da quel che è comune pensare, in realtà gli impianti di dissalazione non inquinano. Si parla molto dell’inquinamento prodotto da questi impianti, in particolare all’ecosistema marino, ma le nuove tecnologie, soprattutto l’osmosi inversa di nuova generazione, consentono di risparmiare energia e di ridurre gli scarti. Inoltre, sono in corso ricerche e progetti per il riutilizzo degli scarti a uso industriale, in particolare la salamoia prodotta dal processo di dissalazione, in un’ottica di economia circolare.
Per quanto riguarda il consumo energetico, i nuovi dissalatori consumano mediamente 2,8 kW per produrre un metro cubo d’acqua, contro i 20 kW necessari negli anni Settanta e Ottanta, quando la tecnologia in uso era quella della compressione per vapore, a oggi prevalente solo nei Paesi del Medio Oriente.
Come funziona un dissalatore?
Il tipo di tecnologia più utilizzata oggi per i dissalatori è quella a osmosi inversa. L’acqua viene prelevata dal mare e riceve un primo trattamento che ne filtra le impurità più grossolane come le alghe, gli oli, le plastiche e le varie sostanze organiche. Dopodiché, posta a forti pressioni grazie all’impiego di potenti compressori, viene forzata attraverso una membrana semipermeabile che lascia passare solo l’acqua e funge da filtro per i sali in essa disciolti. Al termine di questo processo l’acqua desalinizzata viene successivamente sottoposta a step di remineralizzazione in apposite cisterne di miscelazione e poi è pronta per essere pompata nei sistemi idrici cittadini.