Nel quarto trimestre del 2018 il costo del lavoro in Italia è salito del 2,2%, trainato dal +3,4% di aumento degli oneri sociali a fronte di una minore dinamica (+1,7%) delle retribuzioni lorde. L’aumento non è diverso guardando all’Eurozona (+2,3%), ma il dato di benchmark è caratterizzato da un aumento delle retribuzioni (+2,3%) in linea con l’aumento degli oneri sociali. In Germania, per esempio, a fronte di un aumento del 2,4% dei salari, gli oneri sociali sono saliti di un limitato 0,7%. In Spagna si osserva un minore dinamismo, equamente distribuito sulle due componenti, mentre in Francia si osserva una situazione più simile a quella italiana, caratterizzata da maggiori tensioni sulla componente degli oneri sociali.
Sono questi i numeri sottolineati dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese sulla base dei dati Ocse, e che testimoniano una realtà di cui si parla spesso nel dibattito politico ma su cui non si vedono all’orizzonte soluzioni concrete: il cuneo fiscale in Italia è il terzo più elevato tra i paesi avanzati, e per le piccole imprese il costo del lavoro pagato per i propri 5,9 milioni di dipendenti ammonta a 174 miliardi di euro, a fronte di 128,6 miliardi di retribuzioni lorde.
L’eccessiva pressione fiscale che caratterizza l’economia italiana si basa su una elevata tassazione del lavoro. L’analisi dei dati recentemente pubblicati dall’Ocse relativi al 2018 evidenzia che in Italia persiste un elevato cuneo fiscale, che per lo scorso anno è pari al 47,9%, di 11,8 punti superiore alla media dei paesi avanzati (36,1%) ed il terzo più alto dopo Belgio (52,7%) e Germania (49,5%).
Il cuneo fiscale in Italia è composto per la metà (50,1%) dal 24,0% di contributi sociali a carico del datore di lavoro sul costo totale del lavoro, per un terzo (34,8%) dalla quota del 16,7% di imposte su redditi da lavoro dipendente ed il restante 15,1% è rappresentato dal 7,2% di contributi sociali a carico del lavoratore.