di Franco Metta
La Commissione Europea ha incaricato l’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza delle reti e dell’informazione (Enisa), istituita nel 2004 con l’obiettivo di garantire un livello elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi in ambito Ue, di preparare il sistema di certificazione della cybersicurezza dell’Ue per le reti 5G.
Questo in coerenza con gli obiettivi che la Commissione europea si è data per la stesura dei piani nazionali di ripresa e resilienza dei vari Paesi, che hanno destinato al digitale almeno il 20% della spesa totale.
Tra gli obiettivi principali vi sono quelli di avere al 2030 almeno 20 milioni di specialisti in Ict, tutte le abitazioni Ue raggiunte da una rete Gigabit, tutte le aree popolate coperte da una rete 5G; una produzione sostenibile di semiconduttori e processori di origine europea equivalente almeno al 20% della produzione mondiale.
Inoltre entro il 2025 la Commissione europea conta di realizzare un computer con tecnologia quantistica per essere all’avanguardia entro il 2030 su questa tecnologia. E infine sempre per la stessa data aver realizzato 10 mila nodi edge ad alta sicurezza e zero emissioni distribuiti nell’Ue, tali da garantire accesso ai servizi dati a bassa latenza a tutte le aziende.
Il fattore imprescindibile per realizzare tutto questo, e quindi abilitante, è la cybersicurezza. Eppure, secondo Italia Oggi, è una grave mancanza non prevedere un intervento sul tema nel PNRR italiano alla componente 2 della missione 1 “Digitalizzazione, innovazione e competitività”. Se è vero che il 95% del tessuto produttivo europeo è costituito da piccole e medie imprese che vanno tutelate anche sul tema di sicurezza, non si spiega come mai nel PNRR italiano per la cybersicurezza ci sono solo 18 righe su 300 pagine di documento, investimenti per 0,62 miliardi di euro sui 220 totali previsti dal piano, lo 0,2%. Secondo il quotidiano economico, l’Italia è già in ritardo.