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Da Italiasicura (Palazzo Chigi) e Istat il “Portale dell'Acqua”

Mappa la geografia delle infrazioni sulla depurazione e gli investimenti pubblici su acquedotti, fognature e depuratori con la descrizione del loro stato di attuazione

martedì 24 marzo 2015 - Redazione Build News

portale_acqua

È interamente dedicata ai servizi idrici la nuova sezione del portale italiasicura.governo.it che, fra l’altro, consentirà ai cittadini, per la prima volta in Europa, di poter controllare e verificare online lo stato delle opere e della gestione del servizio idrico nella propria città.

Dalla nuova sezione è possibile accedere a "Il Portale dell'Acqua", un progetto sviluppato da Italiasicura con la collaborazione dell'Istat.  

Nel portale è possibile consultare quali sono le problematiche del proprio territorio di appartenenza e gli interventi previsti dal Governo. In particolare sono disponibili su mappa la geografia delle infrazioni sulla depurazione e gli investimenti pubblici su acquedotti, fognature e depuratori con la descrizione del loro stato di attuazione. Sono presenti anche altri contenuti da esplorare relativi alla governance del settore, ai gestori presenti sul territorio, alla disponibilità di acqua nelle diverse aree del Paese, alle perdite idriche, al numero e allo stato degli impianti di trattamento delle acque.

STATI GENERALI ACQUEPULITE. Oggi a Roma si svolgono gli “Stati generali #acquepulite” che riuniscono tutti gli enti, le amministrazioni e le aziende pubbliche impegnate nella gestione delle infrastrutture idriche e nella programmazione delle opere necessarie al disinquinamento. Sarà lanciato un piano di lavoro e di ripresa degli investimenti con soluzioni per permettere, in pochi anni, di allineare tutto il nostro Paese agli standard europei, riducendo, fino ad eliminarle, le pesanti sanzioni previste dal 2016 per il mancato rispetto della normativa comunitaria. È stato predisposto anche lo spot televisivo #acquepulite.

I DATI DI LEGAMBIENTE. In occasione del 22 marzo, giornata mondiale dell’acqua, Legambiente ha ripercorso da nord a sud le principali vertenze ma anche le esperienze positive sulla qualità delle acque. Ad oggi in Italia lo stato ecologico superiore al buono è stato raggiunto solo dal 25% dei corpi idrici superficiali, mentre lo stato chimico buono è stato raggiunto solo dal 18%. La percentuale dei corpi idrici superficiali che riesce a soddisfare tutti i requisiti è pari solo al 10%.

Le previsioni per il futuro non sono migliori, come risulta da quanto comunicato dal nostro Paese alla Commissione europea: nel 2015 la percentuale dei corpi idrici superficiali in stato buono (o superiore) dovrebbe salire solo al 29%. Per le acque sotterranee, dal 49% in buono stato del 2009 dovremmo passare al 52,7%, con una prospettiva assolutamente insoddisfacente e ancora troppo lontano dagli auspicabili obiettivi della direttiva, che richiedono che tutti i corpi idrici significativi raggiungano il buono stato di qualità.

Molteplici fonti di inquinamento ancora oggi gravano su fiumi, laghi e falde. Secondo il recente rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente “L'ambiente in Europa - Stato e prospettive nel 2015”, a livello europeo, “oltre il 40% dei fiumi e delle acque costiere sono interessati da un inquinamento diffuso, mentre tra il 20% e il 25% sono soggette a inquinamento da fonti puntuali, come strutture industriali, sistemi fognari e impianti per il trattamento delle acque reflue”. L’Italia rientra pienamente in questo quadro, con le maggiori criticità per le acque interne, principalmente nel mezzogiorno ma anche al centro-nord. Per le acque costiere invece la situazione sembra essere rovesciata ma è doveroso porre l’accento sulla storica mancanza di dati per alcune regioni del nostro Paese.

Il 2015 doveva essere l’anno, secondo la direttiva 2000/60, per il raggiungimento degli obiettivi di buona qualità delle acque.

I CASI DI INQUINAMENTO E MALAGESTIONE. Legambiente cita il caso Tamoil a Cremona e quello di Augusta, Priolo e Melilli in Sicilia, con falde contaminate da idrocarburi; la valle del fiume Sacco nel Lazio, il basso bacino del Chienti o il fiume Sarno, ancora da bonificare; le storie di inquinamento da scarichi civili (il canale Navile di Bologna) e di avvelenamento dalle realtà industriali (il fiume Basento); le contaminazioni di corpi idrici potabili (la falda di Bussi sul Tirino a Pescara, quella tra Vicenza, Verona e Padova, quella di Solofra, in provincia di Avellino, e, ancora, il lago Alaco in Calabria); ma anche le lagune costiere di Grado e Marano in Friuli e quelle di Lesina e Varano sul Gargano. Infine, i casi di acque violate dalle eccessive captazioni, come nel caso del Canale del Mulino a Torre Pellice in Piemonte, o dalla cattiva gestione che non tiene conto degli impatti sugli ecosistemi lacustri e fluviali, come racconta la storia dei laghi Arvo e Ampollino sulla Sila in Calabria. Storie di bonifiche mancate, di inchieste che coinvolgono funzionari pubblici e privati, casi che attendono giustizia al grido di “chi inquina paghi”.

Ci sono però anche le storie delle acque salvate, di fiumi fortemente inquinati che però stanno riacquisendo uno stato migliore grazie a politiche attente di salvaguardia e recupero ambientale, attuate dalle amministrazioni di concerto con le associazioni e gli enti privati. Sono le esperienze nate con i Contratti di fiume in Lombardia, sul Lambro e l’Olona, o sulla Bormida al confine tra Piemonte e Liguria, dove il fiume dopo anni di sversamenti e inquinamento oggi ricomincia a vivere o gli interventi di riqualificazione fluviale sul Cherio, in provincia di Bergamo.

Leggi anche: “Aumenta la bolletta dell'acqua, costa più della minerale in bottiglia

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