Attualità

Dal Myanmar all’Italia, la prevenzione parte dagli edifici

Quanto è davvero solida la casa in cui viviamo? Le analisi ci dicono che la maggior parte dei danni derivano da edifici poco resistenti e molto vulnerabili ai terremoti

venerdì 18 aprile 2025 - Redazione Build News

ISI-Terremoto Myanmar (1)

Stiamo vivendo la tragedia del Myanmar in diretta, restiamo incollati allo schermo osservando video di grattacieli che oscillano sotto la spinta del terremoto facendo traboccare l’acqua delle piscine a sfioro. Oscillano, ma non crollano - ovviamente quando rispettano gli standard antisismici moderni. D’altro canto, vediamo invece interi edifici che si sgretolano come castelli di sabbia. Ridotti in macerie in pochi secondi, si trasformano in trappole mortali. Di fronte a tali scene viene spontaneo e immediato chiedersi “La mia abitazione sarebbe in grado di resistere a scosse così forti?”

Myanmar

Partiamo dall’attualità: il Myanmar. Il terremoto è stato disastroso, ma è fondamentale contestualizzarlo. L’area colpita, in particolare lungo la faglia di Sagaing, è nota per la sua attività sismica significativa. La faglia di Sagaing è una delle più attive del pianeta e, negli ultimi cento anni, ci sono stati sei terremoti di magnitudo 7 o superiore nella regione:

  • 1912, Magnitudo 7.9
  • 1931, Magnitudo 7.5
  • 1946, Magnitudo 7.3 e 7.7
  • 1976, Magnitudo 7.0
  • 1991 e 2012, Magnitudo 6.9

L’ultimo terremoto è stato di magnitudo 7.7, circa 320 volte più forte di quello di Amatrice e 44.000 volte più potente di quello dei Campi Flegrei.
Questa frequenza di eventi sismici di elevata magnitudo rende la regione particolarmente vulnerabile e richiede misure di prevenzione e preparazione adeguate. Il patrimonio edilizio e la qualità delle costruzioni delle aree colpite varia notevolmente, con una combinazione di edifici storici e strutture più moderne.
Nelle aree rurali le abitazioni sono spesso costruite con materiali meno resistenti, rendendole particolarmente vulnerabili ai terremoti. Le città principali, come Taungoo, hanno edifici più robusti, ma anche qui ci sono molte strutture che non rispettano gli standard antisismici moderni.
La mancanza di risorse, la corruzione e la carenza di personale qualificato hanno contribuito alla costruzione di edifici più vulnerabili ai disastri naturali. Inoltre, l’instabilità politica ha reso difficile la pianificazione e l’esecuzione di progetti infrastrutturali sicuri e duraturi.
E, come ben sappiamo, non è il terremoto a causare vittime, ma il crollo di strutture non adeguatamente progettate per resistere alle scosse.

L’Italia e l’Europa

Prima di concentrarci sul nostro Paese, facciamo una breve digressione sull’Europa, poiché anche gran parte del territorio del vecchio continente è ad alta vulnerabilità sismica. L’indicatore fornisce informazioni sulla suscettibilità delle regioni alle catastrofi a diversi livelli amministrativi.
A conferma di tale criticità, il Comitato europeo delle regioni, nel Parere 2018/C 054/11 pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea n. C/54 del 13 febbraio 2018, ha individuato le azioni necessarie a livello politico europeo per la riqualificazione sismica del patrimonio edilizio e infrastrutturale. Questo intervento si rende indispensabile considerando che, come evidenziato dall’analisi degli eventi sismici passati su scala mondiale, il numero di vittime e l'entità dei danni dipendono principalmente dalla vulnerabilità delle costruzioni e dall’impreparazione delle comunità colpite, più che dall’intensità degli eventi stessi.
E ora passiamo alla nostra cara e vecchia Italia, il cui territorio, come rilevabile dalla mappa, è considerato con un indice di vulnerabilità massimo, provando a rispondere alla difficile domanda “La mia abitazione sarebbe in grado di resistere a scosse così forti?”
Circa il 70-75% del nostro patrimonio edilizio è stato realizzato in assenza di criteri antisismici (prima della fascia temporale ‘81-‘85). Di seguito la suddivisione per periodi di costruzione: il 18% edificato prima del 1919, il 12% tra il 1919 ed il 1945, il 33% tra il 1946 e il 1971, il 18% tra il 1972 ed il 1981, 12% tra il 1982 ed 1991, 7% realizzato dal 1992 ad oggi.

Conoscere il rischio per poter scegliere

Quanto sappiamo davvero in merito alla casa in cui viviamo? Non c’è bisogno di lanciare un sondaggio per conoscere la risposta… Per lo più poco o nulla. La compriamo o la affittiamo senza porci domande riguardo alla qualità costruttiva e alla sua sicurezza sismica. Molto più probabilmente siamo informati sulla classe energetica di appartenenza. Eppure, basterebbe una valutazione da parte di un tecnico esperto per capire se siamo al sicuro dal punto di vista sismico e, informazioni alla mano, decidere se intervenire, considerando che oggi esistono tutte le tecnologie necessarie per adeguare sismicamente il patrimonio edilizio esistente.
L’informazione e la consapevolezza rimangono dunque fondamentali: non possiamo più limitarci a osservare gli effetti dei terremoti, ma dobbiamo agire concretamente per ridurne i rischi. La tecnologia è dalla nostra parte, sta a noi decidere di utilizzarla, consapevoli che ciò che incide sulla scelta è l’invasività dell’intervento e il costo da sostenere.
Evitare la spesa per rendere le nostre abitazioni resistenti alle scosse non ci evita comunque il carico di una spesa pubblica successiva per sostenere gli interventi di ricostruzione a seguito del disastro avvenuto. Ricordiamo, infatti, che stiamo ancora tutti pagando dal 1968 una tassa, sotto forma di accise sui carburanti, pari a 12 centesimi per litro, istituita dallo Stato a seguito dell’intervento per far fronte ai terremoti. Secondo un rapporto della Camera si tratta di un gettito totale, dato dall’incremento delle accise dal 1968 al 2015, pari a 261 miliardi di euro in totale.

Cosa aspettiamo allora? E ancora, per quanto tempo? Non vogliamo scrivere la sceneggiatura di un film che potrebbe essere ancora una volta carica di dolore.
Invece di tremare davanti ad ogni scossa concentriamoci sulla pianificazione e promozione di una sensata politica di mitigazione del rischio su tutto il territorio nazionale.

ISI: la rete italiana per la sicurezza sismica

ISI Ingegneria Sismica Italiana rappresenta dal 2011 il mondo della sicurezza di strutture e infrastrutture, promuovendo la collaborazione tra i protagonisti di un settore ampiamente trasversale nella filiera delle costruzioni: aziende specializzate nella produzione di tecnologie antisismiche e servizi per l’ingegneria; professionisti qualificati nella progettazione delle nuove opere e riqualificazione delle costruzioni esistenti; un Comitato Scientifico composto da docenti universitari e ricercatori tra i massimi esperti dell’ingegneria sismica a livello internazionale.

ISI promuove la cultura della prevenzione, della sicurezza e della consapevolezza del rischio, comunicando con organi ufficiali e istituzioni, la comunità accademica e scientifica, il mondo industriale, i professionisti, la cittadinanza.

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