Un biopolimero ricavato dalla lavorazione delle alghe rosse che permette di sfruttare materiali plastici o inerti di altro genere per realizzare una schiuma per l’isolamento acustico e termico delle abitazioni: l’invenzione è stata brevettata da Marco Caniato, ricercatore e docente della Facoltà di Scienze e Tecnologie di Bolzano, e pubblicata sulla rivista Sustainable Materials and Technologies.
Per creare il biopolimero, Caniato ha impiegato un estratto dell’alga agar agar, un polisaccaride normalmente usato come gelificante naturale della consistenza di un gel che, dopo essere stato addizionato con carbonato di calcio, può essere mescolato alla plastica polverizzata. Come materiali rappresentativi delle microplastiche che più comunemente si trovano in ambiente marino, sono state utilizzate materie plastiche derivate dai rifiuti industriali e domestici (polietilene, bottiglie di tereftalato, polistirolo espanso e schiumato).
Dopo la gelificazione, i campioni vengono congelati a -20 °C per 12 ore e infine liofilizzati per rimuovere l’acqua. Il risultato finale è un materiale poroso che può essere utilizzato, ad esempio, al posto della lana di roccia. Il processo di realizzazione prevede anche il riciclo dell’acqua che viene raccolta al termine della liofilizzazione, dopo lo scongelamento.
Le prove di caratterizzazione che abbiamo condotto hanno confermato che il prodotto possiede ottime proprietà isolanti e che può facilmente competere con gli isolanti tradizionali come la lana di roccia o le schiume poliuretaniche – afferma Caniato – abbiamo dimostrato che un approccio sostenibile, più pulito ed ecologico, può essere usato per riciclare i rifiuti marini e per costruire con un materiale ecologicamente ed economicamente conveniente.
L’emergenza microplastiche nei mari
L’invenzione, realizzata in collaborazione con l’Università di Trieste, rappresenta uno sviluppo promettente nella battaglia contro la dispersione ambientale delle microplastiche, che costituiscono oggi una vera emergenza. Le microplastiche secondarie, ovvero i frammenti di plastica di dimensioni inferiori ai 5 mm che derivano dall’utilizzo e dall’abbandono di oggetti come buste o bottiglie di plastica, rappresentano circa il 68 - 81% delle microplastiche presenti negli oceani. Nel 2017 l’ONU ha dichiarato la presenza di 51 mila miliardi di particelle di microplastica nei mari della Terra: “500 volte più numerose di tutte le stelle della nostra galassia”. In tutto il mondo, i mari sono una delle aree più inquinate da micro e macroplastiche. Di conseguenza il trattamento e la gestione del ciclo di vita dei materiali plastici si sono trasformati in un problema enorme la cui mancanza di soluzione minaccia la biodiversità marina e la sopravvivenza di moltissime specie ittiche. Senza considerare che ancora non si conoscono con esattezza i pericoli per l’uomo derivanti dall’ingresso di questi minuscoli frammenti di plastica nella catena alimentare.