di Franco Metta
La Commissione UE ha recentemente reso disponibili le Linee guida in tema di prevenzione e riparazione del danno ambientale. Con la comunicazione (pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’UE del 7 aprile 2021, n. C 118) si è inteso quindi fornire un'interpretazione comune della direttiva 2004/35/CE che nel nostro Paese è stata recepita con il D.Lgs. 152/2006, meglio noto come “Codice ambientale”.
Per danno ambientale, secondo la normativa europea, si intende qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una delle seguenti risorse naturali o dell'utilità da esse assicurate: specie e habitat protetti; acque; terreno.
In linea generale tutti i soggetti a cui sia imputabile il danno potenziale o materiale devono adottare precise misure di precauzione, prevenzione e ripristino, prevedendo il potere sostitutivo della pubblica amministrazione in caso di inerzia e la conseguente responsabilità degli interessati al risarcimento per equivalente.
Gli operatori che svolgono determinate attività professionali ad alto rischio (per esempio stabilimenti chimici, trasporto di merci pericolose, etc.) rispondono del danno a titolo oggettivo, ossia sulla base del solo nesso di causalità tra attività professionale esercitata e l’evento negativo cagionato; chiunque altro invece provochi un analogo danno ne risponde qualora vi sia anche l'elemento soggettivo.
I primi possono comunque superare la presunzione di responsabilità dimostrando che il danno è stato causato da un terzo e che si è verificato nonostante l'esistenza di misure di sicurezza astrattamente idonee; oppure che è conseguenza dell'osservanza di un ordine o istruzione obbligatori di una Autorità pubblica.
La nozione di operatore secondo l’UE resta comunque molto ampia: può trattarsi di persona fisica o giuridica che esercita o controlla un’attività professionale e in alcuni casi può essere imputato di danno ambientale anche in assenza di dolo o colpa. La nozione riguarda pertanto tutte le attività svolte in un contesto professionale, in contrapposizione a quelle puramente personali o domestiche. Comprese quelle svolte nell'interesse pubblico in forza di una delega ex lege, per esempio, riconducibili a un ente pubblico responsabile del drenaggio di zone umide per finalità legate all'agricoltura. Si è considerati “operatori” dalla UE, con tutte le conseguenze del caso, con il mero svolgimento di fatto di attività professionali, anche in assenza delle previste autorizzazioni.
Le tipologie di condotte dell’operatore che possono causalmente provocare il danno ambientale, precisa l'UE, non necessariamente coincidono con incidenti o inconvenienti isolati. Possono essere rinvenute nella conduzione del normale esercizio di certe operazioni, da cui scaturisce un evento negativo e rilevante per l'ambiente. Ad ampliare le ipotesi che possono cagionare un danno risarcibile ex direttiva UE, concorrono le condotte che possono anche solo indirettamente cagionarlo. Il deterioramento che può integrare il danno ambientale, precisa l’UE, non è solo quello che interessa lo stato della singola risorsa naturale colpita, ma anche quello che colpisce le funzioni benefiche che la stessa risorsa può svolgere a favore di altre risorse o di persone, secondo una visione di interdipendenza e di relazioni dinamiche tra sistemi.
Per esempio l’inquinamento delle acque può comportare la perdita di servizi alle specie e agli habitat naturali protetti: un animale può dipendere da un fiume, così come la stessa salute umana dipende dalle fonti di acqua potabile. E per misurare il deterioramento occorre eseguire un confronto tra la condizione delle risorse prima e dopo l'evento dannoso, utilizzando dati esistenti di osservazione della Terra, informazioni su territori analoghi, modelli di riferimento.
In allegato le Linee guida