“Accogliamo l’accordo con grande soddisfazione, è un obiettivo raggiunto. Abbiamo sbloccato un decreto lungamente atteso, un nuovo tassello verso la decarbonizzazione”. Così Gilberto Pichetto, Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ha commentato l'intesa raggiunta in Conferenza Unificata sul Decreto Aree Idonee, con il quale il Governo intende centrare l’obiettivo di 80 GW di rinnovabili al 2030.
Ricordiamo che nei giorni scorsi il provvedimento è passato in Commissione Energia e Ambiente della Conferenza delle Regioni, dove sono state recepite alcune proposte avanzate dagli enti locali e che il Governo ha approvato.
Dopo la firma dei Ministeri competenti - Ambiente, Cultura e Agricoltura - il Decreto Aree Idonee sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
“Il MASE – aggiunge il Ministro Pichetto - ha sempre promosso la via del confronto con le amministrazioni regionali e gli enti locali: solo con la piena condivisione, infatti, si potranno raggiungere gli 80 gigawatt aggiuntivi di rinnovabili, contemperando con pragmatismo lo sviluppo energetico, la difesa dell’ambiente e le esigenze di tutela del paesaggio”.
“Grazie al lavoro di mediazione svolto, oggi abbiamo dunque – conclude Pichetto – un quadro chiaro di responsabilità per arrivare a un nuovo modello energetico al 2030, coerente con gli obiettivi PNIEC e con i tanti strumenti, penso al FER2 ma anche al decreto CER e a quello sull’agri-voltaico, costruiti per incentivare lo sviluppo delle rinnovabili”.
Burden Sharing
Quali sono le novità che sono state introdotte al Decreto Aree Idonee? La prima coinvolge il Burden Sharing, che regolamenta la ripartizione della potenza tra le Province autonome e le Regioni. Fissato sempre a 80 GW di rinnovabili entro il 2030 l’obiettivo finale da perseguire, il discorso cambia per i target annuali dei territori. Che risultano essere stati modificati rispetto allo schema originario del provvedimento.
Da notare che il calcolo per centrare gli obiettivi arretra di un anno. Verranno presi in considerazione esclusivamente gli impianti che sono entrati in esercizio. Ma verranno conteggiate le nuove aggiunte di potenza che sono state ottenute dagli interventi di rifacimento che sono stati eseguiti dal 1° gennaio 2021. Inizialmente si era pensato di partire dal 2022.
Non cambiano, grosso modo, i contributi territoriali. Quello della Sicilia continua a essere il maggiore, con oltre 10 GW entro il 2030. Seguono la Lombardia con i suoi 8,7 GW e la Puglia che si attesta intorno ai 7,3 GW.
Aree idonee, non idonee, ordinarie e vietate
Ruolo operativo molto importante è attribuito alle Regioni e alle Province, che avranno tempo 180 giorni per definire quattro diversi tipi di zone all’interno del proprio territorio. Nel dettaglio la suddivisione sarà la seguente:- aree idonee. In questo caso l’iter per la costruzione degli impianti a rinnovabili sarà agevolato e accelerato;
- aree non idonee. A seguito delle linee guida che sono state emanate dal Governo in passato, queste zone risultano avere delle caratteristiche incompatibili con alcune tipologie di impianti;
- aree ordinarie. Sono le zone diverse da quelle citate nei due punti precedenti e per le quali si devono applicare i regimi autorizzativi ordinari;
- aree vietate. In queste zone non possono essere installati gli impianti fotovoltaici a terra. A definire criteri e regole da rispettare, in questo caso, è l’articolo 5 del Decreto Legge Agricoltura.
È importante sottolineare che la possibilità di definire se una determinata area sia appropriata o meno è in mano alle autorità regionali e provinciali. Questi soggetti, a ogni modo, devono adottare una legge nei termini previsti dal Decreto Aree Idonee, in caso contrario - dopo un richiamo ufficiale con una nuova deadline - il Ministero dell'Ambiente interverrà direttamente andando ad adottare le iniziative necessarie per poter esercitare i poteri sostitutivi.
Come dovranno essere individuate le aree idonee
Uno dei temi che ha suscitato più discussioni è quello relativo all’individuazione delle aree idonee. All’interno della nuova bozza del decreto è stata modificato l’articolo originale. Quello che viene chiesto agli enti locali, a ogni modo, è quello di tentare la massimizzazione delle aree da individuare. L’obiettivo, infatti, è quello di cercare di agevolare il raggiungimento degli obiettivi del Burden Sharing, senza che venga arrecato alcun tipo di pregiudizio all’ambiente, al territorio o al patrimonio culturale.
Le singole amministrazioni regionali avranno la possibilità di classificare le varie aree come idonee, realizzando una differenziazione che si basa sulla fonte, sulla taglia e sull'impianto che verrà realizzato.
Per quanto riguarda le aree non idonee, queste entreranno in quelle superfici che rientrano nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio.