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Decreto-legge Rilancio: contributo a fondo perduto per lavoratori, autonomi, partite Iva e imprese

Obiettivo sostenere i soggetti colpiti dall’emergenza epidemiologica “Covid-19”, demandando all’Agenzia delle entrate sia la concessione di un contributo a fondo perduto, sia l’attività di recupero di eventuali contributi indebitamente percepiti

martedì 12 maggio 2020 - Redazione Build News

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Sostenere i soggetti colpiti dall’emergenza epidemiologica “Covid-19”, demandando all’Agenzia delle entrate sia la concessione di un contributo a fondo perduto, sia l’attività di recupero di eventuali contributi indebitamente percepiti.

È questa la finalità dell'articolo 28 della bozza – datata 11 maggio 2020 ore 12.30 – del decreto -legge Rilancio. Ieri non si è tenuto l'atteso Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto varare il provvedimento.

I commi 1 e 2 del citato art. 28 individuano la platea di soggetti beneficiari del contributo.

In particolare, il comma 1 prevede, in termini generali, che siano beneficiari del contributo i soggetti titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo, titolari di partita IVA, di cui al testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

Occorrerà, pertanto, fare riferimento alle disposizioni del citato testo unico relative ai redditi d’impresa e di lavoro autonomo per individuare l’ambito soggettivo di applicazione della norma, fatte salve le esclusioni espressamente previste al comma 2.

Tra i soggetti titolari di redditi di lavoro autonomo, rientrano anche quelli individuati all’articolo 28 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27. Inoltre, tra i soggetti indicati nel comma 1 rientrano, quali possibili beneficiari del contributo e alle condizioni previste dalla disposizione, anche gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e gli enti religiosi civilmente riconosciuti, in relazione allo svolgimento di attività commerciali.

Il comma 2 contiene le categorie di soggetti che non possono in ogni caso beneficiare del contributo. Si tratta, in particolare, dei seguenti soggetti:

i. i soggetti la cui attività risulti cessata alla data del 31 marzo 2020;

ii. gli enti pubblici di cui all’articolo 74 del TUIR;

iii. gli intermediari finanziari e società di partecipazione di cui all’articolo 162-bis del TUIR;

iv. i soggetti che hanno diritto alla percezione delle indennità previste dagli articoli 27, 38 o 44 del D.L. n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2020.

I commi 3 e 4 prevedono due condizioni al ricorrere delle quali spetta il contributo.

In primo luogo, ai sensi del comma 3, il contributo spetta esclusivamente ai soggetti che abbiano un ammontare di compensi di cui all’articolo 54, comma 1, del TUIR o un ammontare di ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, lettere a) e b), del TUIR, relativi al periodo d’imposta 2019 non superiore a cinque milioni di euro.

Il comma 4 stabilisce la seconda condizione, prevedendo che il contributo spetta se l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019. Per i soggetti che hanno iniziato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019, il contributo spetta anche in assenza del suddetto requisito del calo di fatturato/corrispettivi.

Al fine di determinare correttamente i predetti importi, si fa riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi.

I commi 5 e 6 prevedono le modalità di calcolo del contributo spettante.

Il comma 5 prevede tre classi di contribuenti in base ai ricavi o ai compensi cui si applicano tre differenti percentuali cui commisurare il contributo spettante.

La regola generale è che l’ammontare del contributo è determinato applicando una percentuale alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.

La predetta percentuale è del venticinque, venti e quindici percento per i soggetti con ricavi o compensi non superiori rispettivamente a centomila, quattrocentomila e cinque milioni di euro, nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Il comma 6 garantisce comunque ai soggetti rientranti nell’ambito di applicazione della norma, al verificarsi delle condizioni di cui ai commi 3 e 4, un contributo minimo per un importo non inferiore a mille euro per le persone fisiche e a duemila euro per i soggetti diversi dalle persone fisiche.

Il comma 7 prevede che il contributo non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi, non rileva altresì ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del TUIR e non concorre alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell’IRAP.

I commi da 8 a 10 disciplinano le procedure da seguire per l’erogazione del contributo da parte dell’Agenzia delle entrate.

Si demanda a un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate l’individuazione delle modalità di effettuazione dell’istanza da presentarsi in via esclusivamente telematica, anche per il tramite degli intermediari abilitati, del suo contenuto informativo, dei termini di presentazione della stessa e di ogni altro elemento necessario.

L’istanza contiene anche l’autocertificazione di regolarità antimafia di tutti i soggetti da sottoporre alla verifica di cui all’articolo 85 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

Successivamente all’erogazione del contributo, l’Agenzia delle entrate comunica alla Guardia di finanza i dati autocertificati dai soggetti istanti ai fini della verifica antimafia.

La Guardia di Finanza provvede al relativo riscontro con i dati risultanti dalle banche dati in possesso del Ministero dell’Interno.

Qualora dal predetto riscontro taluno dei soggetti indicati non superi la verifica antimafia, il soggetto che ha rilasciato l’autocertificazione di regolarità antimafia è punito con la reclusione da due anni a sei anni.

La Guardia di finanza comunica il mancato superamento della verifica antimafia all’ufficio territorialmente competente dell’Agenzia delle entrate per il conseguente recupero delle somme erogate, comprensive di sanzioni e interessi ai sensi del successivo comma 12.

Il comma 11 prevede che l’Agenzia delle entrate eroghi il contributo sulla base delle informazioni contenute nell’istanza, mediante accreditamento diretto in conto corrente bancario o postale intestato al soggetto beneficiario. I fondi con cui elargire i contributi sono accreditati sulla contabilità speciale intestata all’Agenzia delle entrate n.1778 “Fondi di Bilancio”.

I commi 12 e 13 disciplinano gli aspetti relativi al controllo e al recupero dei contributi indebitamente percepiti.

Il comma 13 disciplina i profili di responsabilità connessi all’invio dell’istanza inviata all’Agenzia delle entrate.

Il comma 12 rinvia agli ordinari poteri di controllo di cui agli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

La procedura per il recupero del contributo in tutto o in parte non spettante è quella prevista in base alle disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 421 a 423, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

Vi è poi un rinvio alle disposizioni di cui all’articolo 27, comma 16, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185; il che comporta che l’atto di recupero deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo.

Ulteriore rinvio è fatto, in quanto compatibili e in via concorrente rispetto alle ordinarie procedure analitiche di riscontro, alle disposizioni di cui all’articolo 28 del decreto legge 1° luglio 2010, n. 78. Il comma 2 di tale articolo consente, infatti, di attribuire l’effettuazione delle attività di controllo e di accertamento realizzabili con modalità automatizzate ad apposite articolazioni dell'Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate di cui all'articolo 71, del decreto legislativo 30 luglio1999, n. 300.

Le sanzioni irrogabili in caso di recupero vanno dal cento al duecento per cento del contributo in tutto o in parte non spettante, dato il rinvio alla misura sanzionatoria prevista dall’articolo 13, comma 5, del d. lgs. n. 471 del 1997.

Per il calcolo degli interessi dovuti si rinvia all’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602

Per le controversie relative all’atto di recupero si rendono applicabili le disposizioni previste dal decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, trattandosi del recupero di un’agevolazione basata su dati di natura tributaria.

Da ultimo, il comma 13 richiama l’articolo 316-ter del codice penale in materia di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.

In allegato la bozza del DL Rilancio

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