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Decreto PNRR, via libera dal Senato con modifiche

Le principali novità, rispetto al testo originario, riguardano tra l'altro le semplificazioni per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili e le stazioni appaltanti. Il provvedimento va ora all'esame della Camera

venerdì 14 aprile 2023 - Alessandro Giraudi

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L'Assemblea del Senato ha approvato ieri 13 aprile, con modifiche, il disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, recante disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale degli investimenti complementari al PNRR (PNC), nonché per l'attuazione delle politiche di coesione e della politica agricola comune. Il testo passa all'esame della Camera dei deputati.


Il provvedimento – in allegato – si divide in tre parti: disposizioni per la riorganizzazione della gestione del PNRR (coordinamento, attuazione e monitoraggio); disposizioni per rafforzare le capacità amministrative e per semplificare le procedure; disposizioni relative alle politiche di coesione.


SEMPLIFICAZIONI PER GLI IMPIANTI A FONTI RINNOVABILI. Le osservazioni e proposte avanzate nell'ambito nel ciclo di audizioni sono state tradotte in emendamenti: le principali novità, rispetto al testo originario, riguardano le stazioni appaltanti, le agevolazioni per gli enti locali rispetto ai contratti di somministrazione di lavoro, le risorse aggiuntive per gli interventi quadro, per il piano della banda ultra larga e per il Giubileo, la nomina di un commissario straordinario per i Giochi del Mediterraneo e per la metropolitana di Torino, le semplificazioni per l'energia green, le ulteriori misure di stabilizzazione del personale.


Nella seduta di ieri il Governo ha accolto numerosi ordini del giorno, fra i quali il G1.202 (testo 2) della sen. Paita (A-IV) e altri sulla garanzia della parità di genere nel nuovo codice degli appalti.


Il Ministro per gli affari europei, le politiche di coesione e il PNRR Raffaele Fitto ha rivendicato la scelta strategica di accorpare alcune deleghe e di collegare il PNRR con la politica di coesione, richiamando il rapporto della Commissione europea e i dati della Ragioneria generale sulla programmazione 2014-2020, da cui emerge che nel 2023 la percentuale di spesa italiana dei fondi di coesione è ferma al 34 per cento. Ha quindi sottolineato “la distanza tra il confronto avuto in Commissione e la discussione in Aula: il decreto è stato discusso con le Regioni, con l'ANCI e con l'UPI, il Governo ha recepito le indicazioni delle autonomie locali, la Conferenza unificata ha espresso parere favorevole sul decreto. Nella Commissione parlamentare competente il Governo si è poi confrontato con tutti i Gruppi e ha accolto emendamenti di A-IV, PD e M5S. Il provvedimento non smantella alcunché: stabilizza invece il personale delle unità di missione dei Ministeri, sopprime l'agenzia di coesione, che non ha dato buona prova di sé, trasferendo le funzioni al Dipartimento per le politiche di coesione. Non vi è alcuna contrapposizione con il MEF: il decreto prevede una struttura di coordinamento per l'attuazione del PNRR, in capo al MEF resta il monitoraggio delle risorse.”


La modifica del codice degli appalti “è stata richiesta, e sarà discussa, con la Commissione europea. I fondi europei del PNRR sono stati assegnati in base a criteri oggettivi: la percentuale del calo del Pil dopo la pandemia, il tasso di disoccupazione, il numero di abitanti rispetto alla popolazione europea; l'Italia, a differenza di altri Paesi, ha deciso di utilizzare l'intera quota delle risorse prese a debito. Il repower italiano sarà un capitolo aggiuntivo e non avrà grandi risorse. Il Piano nazionale di ripresa è stato elaborato prima della guerra in Ucraina: è evidente quindi che alcuni aspetti vadano riconsiderati, a partire dalla tempistica dell'agenda Green Deal”.

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