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Decreto Rilancio, professionisti: “Inaccettabile continua discriminazione nei nostri confronti”

Confprofessioni: contributi per imprese 10 volte più alti di quelli dei professionisti

mercoledì 20 maggio 2020 - Redazione Build News

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Gli Ordini e i Collegi ai quali sono iscritti oltre 2,3 milioni di professionisti denunciano con forza l’esclusione dalla norma che disciplina il contributo a fondo perduto a favore degli autonomi e delle imprese che nel mese di aprile 2020 abbiano registrato un calo superiore a un terzo del fatturato rispetto allo stesso mese del 2019. La novità emerge dall’ultima bozza del DL “Rilancio”, nella quale si specifica che tra i soggetti esclusi del beneficio rientrano ora anche “i professionisti iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui ai decreti legislativi 30 giugno 1994, n.509 e 10 febbraio 1996, n. 103”.

L’esclusione di tutti i professionisti ordinistici dall’accesso ai contributi a fondo perduto che emerge a sorpresa da una nuova bozza del Dl “Rilancio” – lamentano le rappresentanze istituzionali dei professionisti – è una scelta inaccettabile, che dimostra una volta di più un atteggiamento sostanzialmente punitivo della politica nei confronti di un settore determinante per il sistema economico del nostro Paese che, esattamente come tutte le altre realtà del mondo del lavoro autonomo e dipendente, sta attraversando una fase di enorme difficoltà che necessita di un sostegno concreto da parte dello Stato. Avevamo – continuano – già denunciato la disparità di trattamento riservataci nel Dl “Cura Italia”. La modifica appena apportata al Dl “Rilancio” è una conferma della scarsa consapevolezza dei problemi di milioni di lavoratori. Ci batteremo per modificare questa norma e affinché ci sia un’equiparazione tra le misure per le imprese e quella per i professionisti. Gli Ordini e i Collegi professionali chiedono al Governo un intervento per sanare questa evidente disparità di trattamento.

CONFPROFESSIONI: CONTRIBUTI PER IMPRESE 10 VOLTE PIÙ ALTI DI QUELLI DEI PROFESSIONISTI. Il 400%. Su un calo di fatturato di 20 mila euro la differenza è di 3.000 euro. È la clamorosa distanza che separa gli imprenditori dai liberi professionisti nelle bozze del decreto rilancio, che introduce un contributo a fondo perduto per i soggetti esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e titolari di partite Iva. Dati alla mano, Confprofessioni ha calcolato che a fronte di un calo di fatturato di 20.000 euro il contributo a fondo perduto per artigiani e commercianti ammonta a 4.000 euro, mentre per gli iscritti alle Casse professionali e per i titolari di partita Iva iscritti alla gestione separata Inps l’indennità crolla a 1.000 euro. E più aumenta il calo dei fatturati, più si divarica la forbice.

«Se il testo in pubblicazione del decreto rilancio confermasse quanto contenuto nelle bozze, si assisterebbe a una grave discriminazione nei confronti dei professionisti. A parità di danno subito (misurato dal calo del fatturato), infatti, gli imprenditori potranno godere di ristori fino a 10 volte più alti di quelli dei liberi professionisti iscritti alle Casse», denuncia il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, sottolineando come «i numeri, purtroppo, siano inequivocabili, dimostrando la scarsa attenzione per i professionisti di questo Paese».

«Abbiamo più volte espresso perplessità» aggiunge Stella «per la scelta di distribuire indennità e contributi a pioggia, quando ci sarebbe bisogno di concentrare le limitate risorse su interventi mirati, ma se si decide di procedere con la politica dei bonus e delle indennità, non è accettabile utilizzare, a parità di condizioni, due pesi e due misure. Qual è la differenza tra un imprenditore che per effetto del Covid-19 ha subito un calo di fatturato e un medico, un avvocato, un architetto che per lo stesso motivo hanno subito il medesimo calo?».

«Auspichiamo che il Governo ponga rimedio a questa palese discriminazione», conclude Stella «ma in ogni modo tuteleremo i professionisti in tutte le sedi competenti, a maggior ragione a fronte dell’emanazione di norme discriminatorie palesemente incostituzionali».

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