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Decreto Sblocca-cantieri: la posizione dell'Ance e dei sindacati degli edili

Nel corso di un’audizione al Senato, l’Ance ha ribadito la necessità di adottare misure più coraggiose e tempestive per sbloccare realmente il settore delle infrastrutture e gli investimenti. I sindacati: i cantieri non ripartiranno, servono politiche industriali, finanziarie e urbanistiche

martedì 7 maggio 2019 - Redazione Build News

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Si è svolta ieri l’audizione dell’ANCE presso le Commissioni riunite Lavori Pubblici e Territorio ed Ambiente del Senato nell’ambito dell’esame, in prima lettura, in sede referente, del DL 32/2019 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici” (DDL 1248/S).

Il Dott. Edoardo Bianchi, Vice Presidente Opere Pubbliche, che ha guidato la delegazione associativa ha evidenziato in premessa che infrastrutture efficienti, scuole sicure, città intelligenti e sostenibili, modelli abitativi capaci di rispondere alle nuove esigenze sociali, nuovi spazi urbani pensati per migliorare la vita di chi ci abita e ci lavora sono le priorità per un Paese che ha a cuore la sicurezza e il benessere sociale dei cittadini, che non si arrende all’immobilismo e vuole tornare a crescere e che vuole consegnare un futuro migliore ai propri figli che meritano di vivere, lavorare e viaggiare in sicurezza e in modo adeguato alle proprie esigenze.

Sono, inoltre, le priorità che l’Ance ha messo al centro della sua azione – per citarne solo una: l’iniziativa Sbloccacantieri, avviata ad aprile 2018 e volta a censire le opere bloccate - e delle sue proposte, chiedendo con forza l’adozione di misure incisive per rilanciare il settore e dotare il Paese di infrastrutture sicure ed efficienti e di un rinnovato tessuto urbano, in grado di individuare nuove funzionalità alla città costruita, nonché di abitazioni coerenti con i nuovi stili di vita.

Ha, quindi, espresso apprezzamento per l’approvazione dei decreti-legge “Sbloccacantieri” e “Crescita” che, insieme al recente Documento di Economia e Finanza, rappresentano, finalmente, un primo segno tangibile della volontà di mettere il settore delle costruzioni al centro dell’agenda politica ed economica del Paese.

Allo stesso tempo, ha espresso preoccupazione rispetto alle misure finora adottate, che rischiano di essere insufficienti per raggiungere gli obiettivi soprarichiamati.

Il decreto, infatti, non risolve alla radice le grandi criticità che impediscono il rapido utilizzo delle risorse stanziate e rappresenta più un correttivo all’attuale Codice degli appalti che un provvedimento “sbloccacantieri”. Mancano interventi sui processi autorizzativi dei progetti, sulle autorizzazioni ministeriali, mancano tempi perentori per ogni fase decisionale e per il trasferimento delle risorse, al fine di ridurre drasticamente i tempi morti, quelli che la Presidenza del Consiglio chiama “tempi di attraversamento” e che raddoppiano i tempi di realizzazione delle opere pubbliche in Italia.

I gravi ritardi accumulati dalla P.A. nella manutenzione delle opere presenti sul territorio sono invece diventati l’alibi per replicare sempre e ovunque un modello capace di bypassare qualsiasi regola.

E’ necessario velocizzare la fase a monte della gara, non sacrificare i principi di correttezza, trasparenza, concorrenza e legalità, istituzionalizzando il super-commissario “modello Genova” che può derogare a tutte le procedure di appalto previste dal Codice.

Ha ribadito, quindi, la necessità di adottare rapidamente misure indispensabili per far partire le opere urgenti per la messa in sicurezza del territorio, per le città e per realizzare le tante infrastrutture che servono al Paese.

Finora, i risultati conseguiti, in termini di investimenti realizzati, sono stati sempre molto lontani dalle aspettative. Anche nel 2018, il livello della spesa pubblica per investimenti fissi lordi è stato molto inferiore alle attese, con un nuovo gap di 2 miliardi di euro tra mito (le previsioni) e realtà.

Considerando gli ultimi quattro anni, questo gap ammonta a 12 miliardi di euro, un indicatore significativo dell’inefficienza dei processi di spesa, di quanto il Paese sia fermo e non riesca a porre fine al degrado e alla burocrazia asfissiante. E mentre l’Italia continua a registrare continui cali (-4% l’anno scorso), in Europa la ripresa degli investimenti pubblici è in atto dal 2014. Occorre invertire la rotta.

Per il 2019, la previsione di una crescita del 5,2% degli investimenti pubblici appare eccessivamente ottimistica, soprattutto alla luce delle misure, per ora ampiamente insufficienti, contenute nel decreto-legge “sbloccacantieri”.

Ha sottolineato come il Paese abbia assoluto bisogno di una politica industriale di settore per sviluppare le infrastrutture di cui necessita.

Occorre dare certezza alla collettività che la normativa sui lavori pubblici sia garanzia di trasparenza, efficienza e possibilità di selezionare le imprese più affidabili, in maniera da poter procedere, senza ulteriori ritardi, negli obiettivi “sblocca-cantieri” che il Governo si è dato.

Per fare questo e per poter avviare una effettiva azione di “sblocco” del settore, il Vice Presidente ha indicato alcune condizioni imprescindibili da realizzare.

Anzitutto, le risorse. Queste ultime possono essere anche limitate, ma devono essere certe e ben definite, grazie ad una programmazione pluriennale stabile nel tempo e al rispetto degli impegni assunti.

In secondo luogo, occorre superare la sindrome del “blocco della firma”, che attanaglia la pubblica amministrazione. Un vero “sbloccacantieri” dovrebbe prevedere misure più stringenti per porre fine alla c.d. “burocrazia difensiva”. In questo senso, sarebbe opportuna anzitutto una rivisitazione del reato di abuso di ufficio, affinché smetta di essere più conveniente il “non fare” rispetto al “fare”.

Inoltre, occorre cogliere l’occasione per ridisegnare la responsabilità erariale dei pubblici funzionari, ad esempio attraverso la tipizzazione delle presunzioni di assenza di colpa grave (ed escludendola in ogni caso, in presenza di sentenze riformate tra vari gradi di giudizio, e comunque ogni volta che il pubblico funzionario dia specificamente conto, nella sua decisione, di aver agito in adempimento di circolari, linee guida, bandi tipo MIT/ANAC o sentenze); ciò fatto salvo che la Corte dei Conti dimostri la mala fede o il dolo.

E’ essenziale, poi, migliorare la qualificazione delle imprese, per garantire la par condicio nella competizione e tutelare l’interesse pubblico a vedere opere concluse e non solo appaltate. In questo ambito, è necessario che in sede SOA, accanto al fatturato, siano previsti criteri di natura qualitativa e reputazionale. Inoltre, al di sopra di certi importi, è necessario attestare la solidità patrimoniale e finanziaria dell’impresa, prevedendo indici di bilancio aggiuntivi e non sostitutivi rispetto al fatturato minimo richiesto.

Sul piano industriale, poi, non ci si può affidare a decisioni che, di volta in volta, siano rimesse alla discrezionalità degli enti appaltanti, perché è impossibile modificare l’organizzazione d’impresa da un giorno all’altro, o da un lavoro all’altro. Occorre, pertanto, intervenire sull’istituto del subappalto, per allinearlo alla disciplina comunitaria, come ci chiede l’Europea. Il decreto “sblocca-cantieri”, invero, non prevede un pieno superamento dei rilievi evidenziati nella procedura di infrazione al Codice avviata lo scorso gennaio, rilievi che devono essere risolti, per rendere il subappalto effettivo strumento di crescita per le PMI.

Si è, poi, soffermato sul tema della crisi d’impresa, che ormai dilaga nel settore delle infrastrutture, producendo effetti fortemente distorsivi nel mercato.

Il decreto “sblocca-cantieri” è intervenuto solo parzialmente sul tema, vietando la partecipazione alle gare delle imprese fallite.

Sul piano della prevalenza degli interessi della collettività, occorre invece avviare una seria riflessione sulla necessità di allineare la legge fallimentare, nel momento in cui si parla di risorse pubbliche e interessi generalizzati, a quanto in essere nel resto del mondo.

Occorre quindi procedere senz’altro all’esclusione diretta delle imprese inadempienti dalla realizzazione delle opere, ancorché questo inadempimento sia dovuto a difficoltà economiche che abbiano indotto tali imprese ad accedere a procedure concorsuali di qualsiasi genere. Al contempo, è assolutamente necessario, evitare di privilegiare nella sostanza le imprese decotte o addirittura in procedure concorsuali rispetto a quelle sane!

In particolare, è indispensabile circoscrivere la partecipazione dei soggetti in concordato con continuità - limitandola alle imprese con un piano di rientro che preveda il soddisfacimento di ciascun credito chirografario nella misura minima del 50% e l’ottemperanza al divieto di cessione del ramo d’azienda relativo al contratto d’appalto - o in amministrazione straordinaria.

Ha, altresì sottolineato che un altro fattore imprescindibile per la crescita e lo sviluppo del Paese è la lotta ai fenomeni corruttivi, da condurre evitando di legiferare sull’onda emotiva di specifici fatti delittuosi. Invero, seguendo la recente produzione normativa volta a contrastare l’infiltrazione della criminalità nel settore degli appalti, si ha la netta percezione che il legislatore abbia ormai abbandonato la regola costituzionale della “presunzione di innocenza” (art. 27 comma 2 Cost), che ci vedeva come una Repubblica “garantista”.

E ciò, spesso, a discapito delle prerogative dei cittadini in campo economico, perpetrando così una (forse) eccessiva compressione di un ulteriore principio costituzionale, quello della libertà d’intrapresa privata (art 41 Cost.), che ci caratterizzava come un’economia sostanzialmente liberale. Il rischio, però, è che, così operando, anche le imprese migliori, prima o poi, saranno condannate all’estinzione.

Sul fronte della rigenerazione urbana, il Vice Presidente ha evidenziato che la semplificazione degli interventi strutturali in zona sismica e, in minor misura, l’obbligo per le Regioni di introdurre deroghe al DM 1444/1968 in materia di distanze, altezze e densità nonché disposizioni sugli “standard urbanistici” rappresentano un primo segnale positivo anche se alcuni correttivi, da introdurre nel corso dell’esame parlamentare, potrebbero migliorarne l’efficacia.

In merito alle misure per la ricostruzione delle zone terremotate del Centro Italia, ha espresso condivisione per le scelte adottate dal Governo che potranno contribuire a dare slancio ad un processo di ricostruzione che, a quasi tre anni dal primo evento sismico, vede risultati ancora molto limitati e lontani dal soddisfacimento del fabbisogno complessivo.

In particolare, ha manifestato apprezzamento per la norma di semplificazione del processo di scelta dell’impresa esecutrice dei lavori privati, che, tuttavia, non pregiudica l’individuazione, da parte dei soggetti privati, di criteri di selezione ulteriori rispetto a quelli previsti dalla disciplina vigente, al fine di scegliere imprese che offrano maggiori garanzie sulla realizzazione degli interventi.

I SINDACATI: CANTIERI NON RIPARTIRANNO, SERVONO POLITICHE INDUSTRIALI, FINANZIARIE, URBANISTICHE. “Lo sblocca cantieri non farà ripartire le opere in stallo. Per sbloccare i cantieri servono interventi su più livelli, le sole modifiche sul Codice degli appalti di per sé non sostituiscono politiche industriali, finanziarie ed urbanistiche, di cui c’è invece un assoluto bisogno”. È quanto hanno ribadito i rappresentanti di Feneal Filca Fillea, convocati dalle commissioni Lavori pubblici e Ambiente del Senato nell’ambito dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto “sblocca cantieri”.

?Nell’occasione, i sindacati delle costruzioni di Cgil, Cisl, Uil hanno consegnato una memoria contenente le proposte per il rilancio del settore e le proprie valutazioni e richieste di modifica al testo del provvedimento. Le proposte: sistematizzazione degli incentivi; creazione di un Fondo di Garanzia creditizia alimentato dal sistema Bancario e Cassa Depositi e Prestiti per la messa in sicurezza finanziaria, con partecipazioni a medio termine, delle principali imprese del settore che hanno appalti pubblici già aggiudicati, ma problemi di liquidità; premialità negli appalti verdi per l’utilizzo di materiali di costruzioni a forte tasso di innovazione e a basso impatto ambientale; qualificazione delle stazioni appaltanti; norme di raccordo in materia urbanistica per favorire manutenzione profonda e rigenerazione dei quartieri; norme e strutture sussidiarie in materia di dissesto idrogeologico o edilizia scolastica in caso di lentezza o difficoltà di messa in esecuzione da parte di Enti Locali; norme per una maggiore sicurezza/premialità (Patente a punti), per il rispetto dei perimetri contrattuali contro il dumping, per il contrasto al lavoro irregolare.

?Sul decreto i sindacati hanno ricordato che di fatto non sbloccherà i cantieri in stallo, come si vorrebbe far credere, ma stabilisce regole per i bandi futuri, che per i sindacati rappresentano un arretramento, a partire dalla minor trasparenza: “le procedure ristrette con esiguo numero di inviti comporta un aumento di discrezionalità delle stazioni appaltanti nella gestione delle gare, e limita il libero accesso delle imprese al mercato degli appalti pubblici a danno della trasparenza dei procedimenti e del contrasto ai fenomeni corruttivi”, spiegano i sindacati, contrari anche al ritorno del massimo ribasso. "Oltre ad apparire in netto contrasto con le determinazioni comunitarie – spiegano - ripropone uno degli elementi che maggiormente hanno determinato il fallimento degli impianti normativi previgenti in tema di qualità delle opere, di tempi e costi di realizzazione, di qualificazione di impresa nonché di tutela dei diritti dei lavoratori.”

?Contrari anche alle modifiche previste in ordine al subappalto, che “appaiono fortemente lesive delle tutele e delle garanzie dei lavoratori, perché con il subappalto aumenta il ricorso al dumping contrattuale”, e contrari alla possibilità che i Comuni non capoluogo siano stazioni appaltanti per appalti anche di medie e grandi dimensioni, perché “oltre a non considerare l’attuale stato organizzativo dei Comuni, nega la strategia finora portata avanti di qualificazione e aggregazione delle stazioni appaltanti a vantaggio di una maggiore efficienza e trasparenza.”? Forti dubbi anche sul ruolo dei Commissari di nomina governativa, che per i sindacati debbono essere “figure aventi funzione di coordinamento e facilitazione, sul modello del Terzo Valico o del Brennero”; preoccupazione viene infine espressa sia per l’idea di “tornare ad un Regolamento attuativo della norma per i tempi che tale processo potrebbe richiedere in contrasto con l’urgenza di avere quanto prima una normativa applicativa”, che sulle norme specifiche introdotte nel decreto per accelerare la ricostruzione del Centro Italia.

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