La ristrutturazione edilizia – precisa il Consiglio di Stato (sezione VI) nella sentenza n. 5106 del 5 dicembre 2016 - presuppone come elemento indispensabile la preesistenza del fabbricato nella consistenza e con le caratteristiche planivolumetriche ed architettoniche proprie del manufatto che si vuole ricostruire.
Non è sufficiente che si dimostri che un immobile in parte poi crollato o demolito è esistente, ma è necessario che si dimostri oltre all’an anche il quantum e cioè l’esatta consistenza dell'immobile preesistente del quale si chiede la ricostruzione.
Occorre, quindi, la possibilità di procedere, con un sufficiente grado di certezza, alla ricognizione degli elementi strutturali dell’edificio, in modo tale che, seppur non necessariamente “abitato” o “abitabile”, esso possa essere comunque individuato nei suoi connotati essenziali, come identità strutturale, in relazione anche alla sua destinazione.
La giurisprudenza ha chiarito che la c.d. demo-ricostruzione – ovvero un’incisiva forma di recupero di preesistenze comunque assimilabile alla ristrutturazione edilizia – tradizionalmente pretende la pressoché fedele ricostruzione di un fabbricato identico a quello già esistente, dalla cui strutturale identificabilità, come organismo edilizio dotato di mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura, non si può dunque, in ogni caso, prescindere.
L'attività di ricostruzione di ruderi è stata invece concordemente considerata, a tutti gli effetti, realizzazione di una nuova costruzione, avendo questi perduto i caratteri dell’entità urbanisitco-ediliza originaria sia in termini strutturali che funzionali.
Pertanto, a nulla rileva che, attraverso un complesso di attività tecniche, si riesca a risalire all’originaria consistenza dell’edificio, considerato che quest’ultimo non esista più come entità edilizia nell’attualità e dunque la sua ricostruzione si configura, comunque, come una nuova costruzione.
Non risulta dirimente, in senso contrario il richiamo all’art. 7, comma 8-bis, della legge regionale Campania n. 19 del 2009, ai sensi del quale “E’ consentito il recupero edilizio […] in deroga agli strumenti urbanistici vigenti, mediante intervento di ricostruzione in sito, di edifici diruti e ruderi, purché sia comprovata la preesistenza […] nonché la consistenza e l’autonomia funzionale, con obbligo fi destinazione del manufatto ad edilizia residenziale […]”. Questa norma non è applicabile al caso di specie, in quanto l’immobile oggetto della presente controversia non viene ricostruito in sito (ma è delocalizzato rispetto all’originaria aria di sedime) ed inoltre non è destinato ad edilizia residenza ma a bar gelateria.