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Demolizione di manufatti abusivi: approvato al Senato il DDL Falanga

Il disegno di legge, che distingue tra l'abusivismo “di speculazione” e l'abusivismo “di necessità”, torna ora all'esame della Camera

giovedì 18 maggio 2017 - Redazione Build News

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Con 142 voti favorevoli, 51 contrari e sette astenuti, l'Assemblea del Senato ha approvato ieri con modifiche il ddl Falanga n. 580-B, “Disposizioni in materia di criteri per l'esecuzione di procedure di demolizione di manufatti abusivi”, che torna ora alla Camera.

Il ddl mira a garantire uniformità alle procedure di demolizione, individuando criteri di priorità ai quali il pubblico ministero deve attenersi nell'esecuzione di provvedimenti giurisdizionali di condanna per illeciti edilizi.

Secondo i Gruppi parlamentari favorevoli al ddl, il provvedimento nasce da esigenze reali: rendere più fluide le procedure di demolizione e sanare l'ingiustizia provocata da una legge della regione Campania del 2003 che ha illegittimamente bloccato un condono edilizio.

LE PRINCIPALI MODIFICHE INTRODOTTE DALLA CAMERA. All'articolo 1 si prevede che il pubblico ministero dovrà dare adeguata considerazione agli immobili di rilevante impatto ambientale; l'articolo 3 istituisce un fondo rotativo per le opere di demolizione con una dotazione di 45 milioni di euro per il quinquennio 2016-2020; l'articolo 4 istituisce la Banca dati nazionale sull'abusivismo edilizio.

LA LISTA DELLE PRIORITÀ. Il disegno di legge pone nella lista delle demolizioni come prioritari gli immobili abusivi “in costruzione” e quelli “non stabilmente abitati”, mentre gli edifici abitati sono in fondo alla scala delle priorità. Il provvedimento dunque distingue tra l'abusivismo “di speculazione” e l'abusivismo “di necessità”. Inoltre, vanno abbattuti per primi i fabbricati abusivi edificati in zone demaniali o in aree sottoposte a vincolo ambientale, paesaggistico, sismico, idrogeologico, archeologico o storico-artistico. Al secondo posto nella “classifica” degli edifici prioritari da demolire ci sono quelli pericolosi per l’incolumità, mentre al terzo posto figurano gli immobili dei mafiosi – ma non quelli in uso ai familiari dei mafiosi.

SARANNO I PREFETTI AD OCCUPARSI DELLE DEMOLIZIONI. Il ddl stabilisce che siano i prefetti – e non più i sindaci – a occuparsi dei futuri abbattimenti.

AL SENATO APPROVATI EMENDAMENTI. Al Senato sono stati approvati gli emendamenti del relatore che, recependo un rilievo della Commissione bilancio, sopprimono il riferimento agli stanziamenti per l'anno 2016.

ORDINI DEL GIORNO. Sono stati accolti, inoltre, due ordini del giorno: uno impegna il Governo a specificare che tra i criteri per l'esecuzione degli ordini di demolizione siano considerati anche gli immobili nella disponibilità di soggetti condannati per gravi reati, anche se abitati da componenti della famiglia; l'altro impegna a chiarire che l'iniziativa dell'esecuzione spetta al pubblico ministero e la competenza al giudice.

LA POSIZIONE DI LEGAMBIENTE. Legambiente ha chiesto la cancellazione dall'agenda dei lavori del ddl per dare spazio ad altre proposte legislative che facilitino gli abbattimenti degli abusi. “Le norme attualmente in discussione – afferma il direttore generale di Legambiente Stefano Ciafani - sono, nella migliore delle ipotesi, inutili e alimentano aspettative infondate nei proprietari di case abusive e propaganda elettorale. Se il Parlamento vuole dare davvero un contributo nella lotta all’abusivismo edilizio, farebbe bene a concentrarsi su altre priorità”.

Il ddl Falanga, afferma Legambiente, “non ha alcun carattere prescrittivo per le Procure della Repubblica che si occupano di abusivismo edilizio e quindi - per fortuna - non può essere considerato una legge 'blocca ruspe', contrariamente a quanto ancora sostiene il senatore Falanga, ma solo un testo di indirizzo per i magistrati nello svolgimento dell’attività di demolizione riscritto sulla base di uno schema che peraltro molte Procure già adottano. Ha perso cioè tutti quelle caratteristiche che Legambiente ha fin dall’inizio contestato, tanto che lo stesso senatore Falanga, all’indomani del voto alla Camera, ipotizzò in un primo tempo di ritirare la firma dal provvedimento, perché quel testo non poteva portare il suo nome.

Questo risultato è stato ottenuto grazie al buon lavoro svolto in commissione giustizia alla Camera nella primavera del 2016, un lavoro di squadra che ha visto Legambiente accanto alle Procure della Repubblica di Roma, Napoli, Salerno, Lecce, Bari e Palermo, alla presidente della Commissione Giustizia della Camera Donatella Ferranti e ai deputati del Pd e del M5s”.

Legambiente “si occupa attivamente del tema dell’abusivismo edilizio da almeno trent’anni, tra denunce e proposte in favore del ripristino della legalità. Ecco, secondo l’associazione, le 3 vere priorità:

1. Consolidare la collaborazione tra le istituzioni e potenziare il ruolo dello Stato in materia. Le difficoltà, a volte reali a volte strumentali, in cui spesso versano i Comuni 'colpevoli' delle mancate demolizioni, devono essere bypassate dalle istituzioni superiori. Ferme restando la necessità di sanzioni a carico dei dirigenti responsabili e un controllo annuale della Corte dei conti sul danno erariale prodotto dall’occupazione abusiva di case entrate ormai acquisite al patrimonio immobiliare pubblico, laddove le amministrazioni locali risultino inadempienti, va ridefinito il potere sostitutivo dei Prefetti. Questi avranno il compito di eseguire gli interventi, ma anche quello di reperire le risorse economiche necessarie.

2. Per evitare che gli abbattimenti vengano bloccati da innumerevoli ricorsi, spesso pretestuosi, è necessario prevedere lo stop all’iter di una demolizione solo in presenza di un provvedimento di sospensione da parte di un tribunale. In assenza, non vi è alcun motivo perché il Comune arresti le procedure. (Valga, a titolo d’esempio, la vicenda dell’ecomostro sulla spiaggia di Scala dei Turchi a Realmonte, in provincia di Agrigento, abbattuto nel giugno del 2013. Dopo 23 anni e quattro sentenze negative, l'avvocato degli abusivi aveva trovato nuovi motivi per proporre ricorso al TAR al solo fine di perdere altro tempo. La diffida della Procura ha quindi costretto il Comune a fissare una data limite per intervenire d’ufficio pena la denuncia e, a quel punto, senza via di scampo, l'abusivo ha deciso di demolire in proprio lo scheletro).

3. Infine, per quanto riguarda le demolizioni per via giudiziaria, Legambiente ritiene utile porre alla base degli interventi la sentenza che accerta il reato e non invece quella di condanna. Così come già avviene in materia di lottizzazione (ex art 44 TU edilizia), perché i tempi di prescrizione (dopo 4 anni e mezzo circa) non pregiudichino la demolizione, ma semplicemente incidano sulla condanna dell’abusivo”.

Scarica la nota breve del servizio studi del Senato

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