In materia di opere abusive e di ingiunzione di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, l’autonomia decisionale dell’ente parco non può essere subordinata o paralizzata dall’attività di un altro ente, come ad esempio il comune.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato (sez. VI), che con la sentenza n. 2968/2016 ha respinto il ricorso presentato da alcuni cittadini contro l'ordinanza con la quale l’Ente parco nazionale d’Abruzzo, Molise e Lazio ingiungeva la demolizione e la riduzione in pristino delle opere realizzate in assenza di nulla osta all’interno di un campeggio.
Secondo Palazzo Spada il ricorso è infondato perché tutte le censure dedotte si fondano sull’affermata prevalenza della disciplina urbanistica su quella ambientale, la cui tutela è affidata all’ente parco. Ma l’autonomia decisionale dell’ente parco non può essere subordinata o paralizzata dall’attività di un altro ente, nel caso di specie il comune.
I ricorrenti hanno richiamato una precedente sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato - n. 3723 del 21 giugno 2011 - secondo la quale l’articolo 13 della legge n. 394 del 6 dicembre 1991 “legge quadro sulle aree protette” troverebbe applicazione solo con riguardo agli interventi edilizi da realizzare e non, invece, ai procedimenti di sanatoria di opere abusive già realizzate. In proposito, Palazzo Spada precisa che tale sentenza “letta nella sua integralità, si limita ad affermare che, nei procedimenti di sanatoria, resta esclusa la formazione del parere positivo per silentium, ma non esclude in alcun modo il potere repressivo anche in fattispecie per le quali penda una qualsiasi procedura di sanatoria”.