L'attività di demolizione di un edificio “non può essere definita un "processo di produzione" ai sensi dell'art. 184-bis, comma primo, lett. a) del D.Lgs. 152 del 2006, con la conseguenza che i materiali che ne derivano vanno qualificati come rifiuti e non come sottoprodotti”.
Lo ha precisato la Corte di cassazione (Penale Sez. 3) nella sentenza n. 18020/2024.
Il caso di specie
Nel caso in esame il sig. H. A. e una società edile hanno fatto ricorso per l'annullamento della sentenza del 3 marzo 2023 del Tribunale di Rimini che ha dichiarato il primo penalmente responsabile del reato di cui agli artt. 81, secondo comma, codice penale, 256, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 152 del 2006, per aver realizzato una stradina di cantiere utilizzando materiali da demolizione, scarti vegetali, scarti di carta e cartone, la seconda responsabile dell'illecito amministrativo dipendente da reato di cui agli artt. 5, 9, 10, 25 undecies, comma 2, lett. b), n. 1, d.lgs. n. 231 del 2001.
In proposito, la Cassazione ha ricordato che “è stato al riguardo precisato che l'art. 184, comma 3, lett. b), d.lgs. n. 152 del 2006 definisce come rifiuti speciali quelli derivanti dalle attività di demolizione e costruzione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando, attualmente (poiché, in precedenza, il riferimento riguardava l'ormai abrogato art. 186), quanto disposto dall'articolo 184-bis in materia di sottoprodotti. Il richiamo all'art. 184-bis, in questo caso, è esclusivamente riferito ai materiali provenienti dalle sole attività di scavo, come emerge dal tenore letterale della disposizione e dal richiamo, prima della modifica ad opera del d.lgs. n. 205 del 2010, all'art. 186, che riguardava le terre e rocce da scavo”.
La categoria dei «sottoprodotti»
“La collocazione dei materiali derivanti da attività di demolizione nel novero dei sottoprodotti si porrebbe dunque in evidente contrasto con quanto stabilito dall'art. 184, che li qualifica espressamente come rifiuti. In ogni caso, tale collocazione imporrebbe comunque il rispetto di una serie di condizioni. La categoria dei «sottoprodotti», come è noto, non era originariamente contemplata dalla disciplina di settore, lo è ora nell'art. 184-bis, cit., introdotto dal d.lgs. n. 205 del 2010 ed è definita dall'articolo 183, lettera qq) del medesimo d.lgs., il quale si riferisce a «qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa le condizioni di cui all'articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all'articolo 184-bis, comma 2». L'articolo 184-bis, stabilisce che è sottoprodotto e non rifiuto ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), qualsiasi sostanza od
oggetto che soddisfi tutte le seguenti condizioni: (i) la sostanza o l'oggetto devono trarre origine da un processo di produzione, di cui costituiscono parte integrante, e il cui scopo primario non è la loro produzione; (ii) deve essere certo che la sostanza o l'oggetto saranno utilizzati, nel corso dello stesso e/o di un successivo processo di produzione e/o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; (iii) la sostanza o l'oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; (iv) l'ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana”, ricorda la suprema Corte.
“Il testo letterale dell'art. 184, comma 1, lett. a), lascia chiaramente intendere che il sottoprodotto deve «trarre origine», quindi provenire direttamente, da un «processo di produzione», dunque da un'attività chiaramente finalizzata alla realizzazione di un qualcosa ottenuto attraverso la lavorazione o la trasformazione di altri materiali (sebbene una simile descrizione non possa ritenersi esaustiva, in considerazione delle molteplici possibilità offerte dalla tecnologia), tanto è vero che si è da più parti escluso, in dottrina, che il riferimento alla derivazione del sottoprodotto dall'attività produttiva comprenda le attività di consumo ed in alcuni casi, sebbene con riferimento alla disciplina previgente, si è giunti ad analoghe conclusioni per le attività di servizio, opinione però non condivisa da questa Corte (Sez. 3, n. 41839 del 30/9/2008, Righi, Rv. 241423). Dunque, la demolizione di un edificio, che può avvenire per motivi diversi, non è finalizzata alla produzione di alcunché, bensì all'eliminazione dell'edificio medesimo, né può assumere rilevanza, come già ritenuto da questa Corte, il fatto che la demolizione sia finalizzata alla realizzazione di un nuovo edificio, che non può essere considerato il prodotto finale della demolizione, in quanto tale attività non costituisce il prodromo di una costruzione, che può essere effettuata anche indipendentemente da precedenti demolizioni”, conclude la Cassazione.