Il marchio di fabbrica del made in Italy è il design. La storia del design italiano percorre tutto il XX secolo, dalla nascita della Triennale di Milano agli anni di Zanuso e Castiglioni, Magistretti, Albini a Scarpa, dall’istituzione del Premio Compasso d’Oro alla fondazione dell’ADI, Associazione per il Disegno Industriale, fino alla nascita del Salone del Mobile di Milano o alla mostra del 1972 che il MOMA di New York volle dedicare ai nuovi fermenti progettuali italiani. A quasi cinquant’anni da quei giorni epici, in occasione della “Giornata del design italiano nel mondo” voluta dalla Farnesina, come sta il design italiano?
Come spiega il report “Design economy” di Fondazione Symbola, che, rientrando tra le iniziative della Farnesina, è stato presentato oggi all'Istituto italiano di cultura di Madrid dal direttore di Symbola Domenico Sturabotti, il design si è dimostrato in negli anni di crisi come una delle più solide strategie anticrisi: le oltre 175.000 imprese di design europee hanno prodotto nel 2015 una ricchezza di circa 26 miliardi di euro, il 49,4% in più del 2010. E il nostro Paese, in questo quadro, mantiene un ruolo di leadership. A cominciare dal numero di imprese: 29 mila, meno delle 34mila francesi, ma più delle 23mila tedesche, delle 21mila inglesi, delle 5mila spagnole. Con 4,4 miliardi di euro di fatturato del design (poco meno dello 0,3% del Pil nazionale) l’Italia è seconda tra le grandi economie europee dopo la Gran Bretagna (8,8 miliardi), davanti a Germania (3,6), Francia (1,9) e Spagna (1,0). Da podio anche la specializzazione del Paese: l’Italia è seconda, sempre dietro il Regno Unito (0,17%), per incidenza del fatturato del design sul totale dell’economia: 0,15%, quasi il doppio della media dell’Unione europea (0,09%), molto più della Germania (0,06%) e di Francia e Spagna (0,05%). In Europa, quasi un addetto nel design su cinque (17,4%) è italiano. Se osserviamo il valore aggiunto per addetto negli ultimi anni (2013 – 14), la sola Spagna (+23,8%, che parte però da livelli molto più bassi dell’Italia) evidenzia performance migliori del nostro Paese (+7,8%), mentre sono negative la media dei risultati dell’Unione europea (-1,0%) e il risultato di Regno Unito (-5,2%), Germania (-11,7%) e Francia (-13,7%).
“Il design – spiega il presidente di Symbola, Ermete Realacci - non è legato solo all’estetica ma anche alla capacità di risolvere problemi complicati, che vale oro nella complessità contemporanea: dall’ideazione di nuovi prodotti all’individuazione di nuovi mercati, fino alla ricerca di nuovi significati. Ieri come oggi il design è l’infrastruttura immateriale del made in Italy, e non è un caso se le imprese di design prosperano lì dove ci sono le Pmi che fanno il made in Italy”. Oggi il design, prosegue Realacci, serve a rispondere a nuovi bisogni: “Ad esempio è un elemento essenziale nella progettazione dei prodotti hi-tech: non è un caso se Google per i suoi glass si è rivolto ad un’impresa italiana; non è un caso se Giugiaro oggi ha iniziato a disegnare anche auto elettriche per grandi aziende cinesi. E siccome il design rinnova l’idea di progetto e risponde ai bisogni e alle vocazioni dei tempi, oggi assume e veicola nei prodotti anche i dettami dell’economia circolare: efficienza, minore impiego di materia ed energia, riciclabilità”.
Le performance del nostro Paese vanno oltre il fatturato e la specializzazione: l’Italia è uno dei leader anche nei brevetti. Il Registered Community Design, lo strumento comunitario di registrazione dei progetti e disegni in ambito industriale, vede il nostro Paese secondo dopo la Germania. Nel complesso, sulle 32 categorie aggregate previste nella classificazione, in 22 casi ci collochiamo tra i primi tre Paesi per numero assoluto. Siamo sul podio in 4 casi come primi (cibo, articoli di ornamento, strumenti musicali, loghi), in 8 come secondi (tessile, articoli da viaggio, tessili artificiali, arredamento, articoli per la casa, impianti pubblicitari e insegne, impianti sanitari, di distribuzione, riscaldamento e condizionamento, apparecchi di illuminazione) e in 10 casi come terzi (articoli per la pulizia, pacchetti e contenitori, orologeria, mezzi di trasporto, macchinari, strumenti fotografici, cinematografici e ottici, stampa e macchine per ufficio, articoli per la caccia e la pesca, costruzione ed elementi per le costruzioni, macchine per la preparazione di cibi).
In allegato il report