Sentenze

DIA e SCIA, il Tar Piemonte sulla tutela del terzo alla luce delle modifiche normative

Negli ultimi cinque anni il legislatore è andato chiaramente disconoscendo che l'inerzia mantenuta dalle amministrazioni possa integrare una qualsiasi ipotesi di silenzio significativo

venerdì 3 luglio 2015 - Redazione Build News

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Con la sentenza n. 1114/2015 depositata il 1° luglio 2015, il Tar Piemonte (sezione seconda) ha esaminato l'attualità delle statuizioni contenute nella sentenza n. 15 del 29 luglio 2011 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, alla luce delle modifiche introdotte, nel corpo dell’art. 19 L. 241/90, prima dai DD.LD. 70/2011 e 138/2011, e poi dal D.L. 133/2014. 

Uno dei presupposti logici sui quali si regge la predetta pronuncia del Consiglio di Stato consiste nell'affermazione per cui il decorso del termine assegnato dalla legge alla Amministrazione per esercitare il potere di inibire l’intervento oggetto di d.i.a. (denuncia di inizio attività) consuma il potere stesso e perciò conclude, ipso facto, il procedimento: proprio per tale ragione - e cioè: venendo meno il potere della Amministrazione di determinarsi sia pure tardivamente - il silenzio mantenuto dalla Amministrazione a seguito della presentazione di una d.i.a. non può essere qualificato come silenzio-inadempimento, poiché tale istituto presuppone la sopravvivenza del potere della Pubblica Amministrazione di provvedere.

La sentenza della Adunanza Plenaria è stata pronunciata all’esito di una camera di consiglio tenutasi il 2 Maggio 2011, ed è stata pubblicata il 29/07/2011: si tratta dunque di una decisione che precede sia le modifiche apportate, nel corpo dell’art. 19 della L. 241/90, dai DD.LL. 70/2011 e 138/2011, sia le modifiche apportate dal D.L. 133/2014: è quindi necessario verificare se la ricostruzione dell’istituto della d.i.a. operata dalla Adunanza Plenaria con la menzionata sentenza possa ritenersi ancora valida alla luce delle dianzi ricordate modifiche legislative, ed eventualmente a partire da quale momento essa non possa più trovare applicazione. La questione è rilevante poiché nel giudizio del Tar Piemonte si controverte di una d.i.a. presentata il 31/01/2014, cioè successivamente alle modifiche del 2011 ma anteriormente alle modifiche di cui al D.L. 133/2014.

LE CONCLUSIONI DEL TAR PIEMONTE. In proposito, il Tar Piemonte ha rilevato che le modifiche all’art. 19 della L. 241/90, apportate dai DD.LL. 70/2011, 138/2011 e, più marginalmente, dal D.L. 133/2014, hanno contribuito a modificare profondamente la disciplina sostanziale dell’istituto in esame. Le modifiche in questione non possono dunque considerarsi di natura meramente processuale, e di conseguenza la nuova disciplina scaturente dalle modifiche di cui ai DD.LL. 70/2011, 138/2011 e 133/2014 deve ritenersi applicabile solo alle S.c.i.a e D.i.a. presentate in epoca posteriore alla entrata in vigore delle varie modifiche, dovendosi peraltro ritenere che la modifica apportata dal D.L. 133/2014 (che ha ribadito la doverosa applicabilità degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della 241/90 anche alle misure in autotutela adottate nei casi di cui al comma 4) sia meramente ricognitiva di un principio generale già immanente nel sistema, e peraltro già evidenziato in giurisprudenza.

Nel giudizio del Tar Piemonte si controverte di una D.i.a. presentata il 31/01/2014, e la ammissibilità delle domande articolate deve dunque essere valutata alla luce della disciplina scaturente dalla riforma.

LE MODIFICHE INTRODOTTE ALL'ART. 19 DELLA LEGGE N. 241/1990. L’art. 19 della L. 241/90, nella formulazione vigente al 2 Maggio 2011, prevedeva: a) che nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della S.C.I.A. l’Amministrazione dovesse adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione della attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, fatta salva la possibilità per l’interessato di conformare l’attività alla normativa vigente (art. 19 comma 3); b) che era comunque fatto salvo il potere della Amministrazione di adottare determinazioni in via di autotutela ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. 241/90 (art. 19 comma 3); c) che, decorso il predetto termine di sessanta giorni, alla Amministrazione fosse consentito intervenire solo in presenza di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e comunque previo motivato accertamento della impossibilità di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente (art. 19 comma 4); d) che costituisse fattispecie di reato la falsa attestazione dei requisiti per la presentazione della d.i.a. (art. 19 comma 6).

Con il D.L. 70/2011, del 13/05/2011, nel corpo dell’art. 19 è stato introdotto il comma 6 bis, a mente del quale “Nei casi di Scia in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni. Fatta salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4 ed al comma 6, restano ferme le disposizioni relative alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia, alle responsabilità ed alle sanzioni previste con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2011 n. 380, e dalle leggi regionali”. L’art. 5 comma 2 del menzionato D.L. 70/2011 ha altresì chiarito che le disposizioni di cui all’art. 19 della L. 241/90 si applicano anche alle denunzie di inizio attività in materia edilizia, con esclusione dei casi di d.i.a. alternativa a permesso di costruire.

Con il successivo D.L. 138/2011, del 13/08/2011 l’art. 19 comma 4 è stato modificato al solo fine di coordinarlo con l’introduzione del termine ridotto di trenta giorni nelle S.c.i.a. in materia edilizia: di conseguenza la norma ha esteso anche alla materia edilizia il principio per cui, trascorso il termine assegnato per adottare provvedimenti inibitori, alla Amministrazione è consentito “intervenire” solo nei casi di pericolo per il patrimonio storico, artistico, ambientale, etc. Il D.L. 138/2011, peraltro, ha apportato un’altra importante modifica all’art. 19, introducendo il comma 6 ter, con il quale ha stabilito che “La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio di verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31 commi 1 e 2 del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104”.

C'è infine la modifica apportata dal D.L. 133/2014, del 12/09/2014, al comma 4 dell’articolo in esame, laddove il legislatore, dopo aver fatto salvo potere della Amministrazione di adottare determinazioni in autotutela ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. 241/90, ha circoscritto la portata di tale potere “ai casi di cui al comma 4 del presente articolo”, cioè ai casi in cui l’Amministrazione può comunque intervenire per sopperire ad un pericolo di danno per il patrimonio storico-artistico-culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale.

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