Il mancato inizio dei lavori entro il termine di un anno decorrente dal rilascio del titolo comporta la decadenza dello stesso. Questa norma - art. 15, secondo comma, del Testo unico edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) - dettata in materia di permesso di costruire, è pacificamente applicabile anche alla denuncia di inizio attività (Dia).
Lo ha ricordato il Tar Lombardia, seconda sezione, con la sentenza n. 201/2016 depositata il 29 gennaio.
Per evitare la decadenza, l’interessato deve dimostrare di essere seriamente intenzionato a realizzare l’opera; pertanto, non ogni attività intrapresa può costituire elemento che denoti l’effettivo inizio dei lavori, giacché solo quelle attività sintomatiche di un serio proposito possono essere considerate a tal fine rilevanti.
La giurisprudenza ritiene che non possa essere considerato rilevante, affinché i lavori possano dirsi effettivamente iniziati, il compimento delle attività di approntamento del cantiere, nonché quelle di scavo e sbancamento.
LE ATTIVITÀ RILEVANTI. Attività rilevanti possono essere solo quelle strettamente funzionali alla realizzazione dell’opera oggetto del titolo edilizio e, quindi, oltre ai lavori espressamente previsti dal titolo stesso, anche quei lavori che, sulle base delle risultanze di esso, risultino essere assolutamente necessari per conseguirne il risultato finale e ne costituiscano dunque attività esecutiva.
Ciò premesso, nel caso in esame il Tar Lombardia osserva che le attività indicate dalla ricorrente non possono essere positivamente apprezzate al fine di affermare l’effettivo inizio dei lavori. Infatti alcune di queste attività - quali l’abbattimento della tettoia, la rimozione della pavimentazione ad essa antistante, la deviazione della fognatura e la chiusura delle finestre – non erano previste nella DIA presentata dalla ricorrente, né possono essere considerate alla stregua lavori che, sulle base delle risultanze della DIA stessa, debbano qualificarsi come assolutamente necessari ai fini della costruzione dell’edificio che ne costituisce oggetto. In proposito è sufficiente rilevare che il titolo, oltre a non prevedere la realizzazione di opere di demolizione, neppure indica l’esistenza dei manufatti sui quali sono stati effettuati gli interventi.
Non si può pertanto ritenere che gli interventi di cui si discute possano essere considerati alla stregua di attività esecutive del titolo edilizio conseguito dalla ricorrente, la cui realizzazione ne possa aver impedito la decadenza.
CAUSE DI FORZA MAGGIORE. Il Tar Milano non ignora che, secondo una parte della giurisprudenza, la sussistenza di una causa di forza maggiore che non consente di dare tempestivo inizio ai lavori impedisce ex sé la decadenza del titolo edilizio. E’ però preferibile ritenere, come fa altra giurisprudenza, che, anche laddove si sia in presenza del cd. factum principis o di cause di forza maggiore, l'interessato che voglia impedire la decadenza del titolo edilizio per il mancato tempestivo inizio dei lavori è pur sempre onerato della proposizione di una richiesta di proroga dell’efficacia del titolo stesso; proroga che deve essere accordata con atto espresso dell'Amministrazione. L'atto di proroga, previsto dall’art. 15, secondo comma, del Testo unico edilizia, a differenza dell'accertamento dell'intervenuta decadenza, è atto di esercizio di discrezionalità amministrativa, che presuppone l'accertamento delle circostanze dedotte dal privato e il loro apprezzamento in termini di evento oggettivamente impeditivo dell'avvio della edificazione.
Inoltre, affinché si possa dare rilevanza ad un provvedimento che impedisca l’edificazione, è necessario che questo risulti illegittimo in quanto emesso in carenza dei presupposti previsti dalla vigente normativa. In caso contrario, quando cioè l’atto che inibisce l’esecuzione dei lavori sia conforme alla legge, la parte non può pretendere di essere ammessa al beneficio della proroga del termine.
In tal senso è il comma 2-bis dell’art. 15 del Testo unico edilizia il quale, anche se non applicabile ai fatti di causa in quanto successivo ad essi, costituisce, a parere del Collegio, chiave interpretativa della previgente normativa.