Il progettista e il costruttore sono tenuti a progettare ed eseguire l'opera tenendo debitamente conto della condizione dell'area di sedime dell'erigendo fabbricato, e ad adottare le conseguenti misure, progettuali o esecutive, necessarie a scongiurare che si verifichino danni rilevanti ex art. 1669 del Codice civile.
Con la sentenza n. 26552/2017, pubblicata il 9 novembre, la seconda sezione civile della Corte di cassazione ha precisato che “è del tutto illogica” la distinzione “tra difetto addebitabile all'ambiente esterno e vizi del suolo considerati rilevanti dalla giurisprudenza”.
Infatti, “per non incorrere in possibile responsabilità ex art. 1669 c.c. nel progettare e realizzare l'opera, gli artefici devono considerare, secondo la diligenza professionale e le norme tecniche vigenti, tutte le caratteristiche del suolo, desunte dai vari fattori ambientali, geomorfologici e strutturali, che possono incidere sul fabbricato e devono orientarne la progettazione e l'esecuzione”.