“Va confermato l’orientamento giurisprudenziale – dal quale non vi è ragione di discostarsi – secondo il quale, anche in mancanza dalla previa autorizzazione di varianti (prevista dall’art. 95 comma 14 del nuovo Codice dei contratti), deve comunque ritenersi insita nella scelta del criterio selettivo dell’offerta economicamente più vantaggiosa la possibilità, per i partecipanti, di proporre quelle variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dalla lex specialis onde non ledere la par condicio tra i concorrenti (Cons. Stato, V, 27 marzo 2015, n. 1601)”.
Così la quinta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n.6423/2018 depositata il 14 novembre.
In tale sentenza si precisa inoltre (ex multis, Cons. Stato, V, 16 aprile 2014, n. 1923) che “le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’amministrazione; le seconde, invece, si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva previsione contenuta nel bando di gara e l’individuazione dei relativi requisiti minimi che segnano i limiti entro i quali l'opera proposta dal concorrente costituisce un “aliud” rispetto a quella prefigurata dalla pubblica amministrazione (in termini, anche Cons. Stato, V, 17 gennaio 2018, n. 270; V, 14 maggio 2018, n. 2853; VI, 19 giugno 2017, n. 2969)”.
In allegato la sentenza