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Direttiva europea case green, il trilogo frena e rinvia a dicembre

Confedilizia: “Grande vittoria. La riunione notturna del trilogo ha avuto come esito il rinvio a una successiva riunione in dicembre e, comunque, l’eliminazione delle norme che imponevano l’obbligo di effettuare gli interventi sugli immobili”

sabato 14 ottobre 2023 - Redazione Build News

EFFICIENZA ENERGETICA E RINNOVABILI UE

Sono giorni decisivi per le sorti della proposta di direttiva europea sull’efficientamento energetico degli edifici (la cosiddetta direttiva “case green”). Per ieri 12 ottobre, infatti, è stata fissata una riunione molto particolare del “trilogo”, cioè il negoziato fra Parlamento, Consiglio e Commissione europea.

“La riunione notturna del ‘trilogo’, nonostante fosse stata convocata ‘ad oltranza’ per chiudere il testo forzando la mano, ha avuto come esito il rinvio a una successiva riunione in dicembre e – comunque – l’eliminazione delle norme che imponevano l’obbligo di effettuare gli interventi sugli immobili”, riferisce Confedilizia.

“Sulla proposta di direttiva europea per l’efficientamento energetico degli edifici ha finalmente prevalso il buon senso. Le notizie riferite dall’on. Isabella Tovaglieri, relatrice ombra del provvedimento, e quelle che ci giungono attraverso i nostri contatti con Bruxelles, sono molto confortanti. Si tratta di una grande vittoria. La Confedilizia ha iniziato ben due anni fa a lanciare l’allarme, a Bruxelles e a Roma, sugli enormi pericoli che l’approvazione della direttiva come impostata avrebbe comportato. Siamo grati al Governo per avere agito, anche col personale impegno del Presidente del Consiglio, per scongiurare un esito infausto. E ringraziamo le forze politiche della maggioranza per avere operato, in sede europea, a  tutela degli interessi dei proprietari italiani”, conclude Confedilizia.

La Confederazione italiana della proprietà edilizia ha pubblicato lo scorso 9 ottobre un riepilogo delle posizioni in campo prima del 12 ottobre, che riportiamo.

Il nodo delle scadenze

“Sarà un incontro politico, più che tecnico, e affronterà in modo diretto gli articoli della direttiva su cui finora non è stato trovato un accordo. Uno di questi articoli, il più importante, è il 9: contiene le fatidiche scadenze entro le quali gli immobili dovrebbero rispettare determinate categorie energetiche. Nella versione provvisoria attuale, come si sa, le abitazioni dovrebbero rientrare in classe E entro il 2030 e in classe D entro il 2033.

I negoziati tecnici si susseguono e tra le novità principali c’è una proposta di stralcio di tutte le scadenze e, anzi, potrebbe venire eliminato qualsiasi vincolo temporale, almeno per parte degli edifici residenziali.

Lo scontro tra il Consiglio e il Parlamento

È il Parlamento Europeo che insiste maggiormente per la presenza di una tempistica precisa per il raggiungimento di una maggiore efficienza energetica, ma si tratta di una posizione che ha ormai una ragione più politica e ideologica che scientifica.

Il Consiglio Europeo, espressione dei governi della Ue, contrasta questa visione e sottolinea come sia più razionale considerare quanto effettivamente consuma un edificio in valore assoluto invece di prendere in considerazione la sua attuale categoria. Non è infatti tanto questa a determinare la quantità di energia che tale edificio utilizza, ma le sue dimensioni, nonché la durata e l’intensità con cui vengono usati, per esempio, gas e elettricità. Un piccolo appartamento abitato da una sola persona, presente solo la sera, anche se è in categoria G, consumerà molto meno di un grande edificio commerciale aperto 24 ore, come un supermercato, anche se quest’ultimo dovesse essere in classe D.

Il Consiglio ritiene inoltre che le scadenze del 2030 e del 2033 non siano realistiche, anche perché dovranno essere approvate pure altre disposizioni a corollario, come la rideterminazione dei sistemi di valutazione degli attestati di prestazione energetica (Ape), e la cosa richiederà tempo.

La proposta del Consiglio Europeo: piani nazionali su scadenze più lunghe

Un primo segno di cedimento del Parlamento è già evidente e, probabilmente un accordo al ribasso potrebbe far vedere la luce al testo. Infatti tra le proposte avanzate dai negoziatori in rappresentanza del Parlamento vi è quella di stabilire una deroga dal rispetto delle tempistiche del 2030 e del 2033 per il 22% degli edifici. È chiaro che i deputati si rendono conto della crescita dell’opposizione a misure troppo draconiane anche all’interno delle forze politiche che fino ad ora le avevano appoggiate. Esemplari, in questo senso, sono gli interventi di esponenti socialdemocratici e liberali del governo tedesco.

Il Consiglio Europeo comunque non ritiene scientificamente fondata tale deroga e rilancia con la proposta di una distinzione tra le diverse peculiarità dei singoli Stati e tra tipologie di edifici. L’idea è di stabilire che le tabelle di marcia per il raggiungimento degli obiettivi di una migliore efficienza energetica siano decise dai Paesi. Questi potranno stabilire traiettorie differenti in base alle proprie esigenze e peculiarità, con obiettivi da spalmare sul 2030, 2040, 2050, fermo restando il target di emissioni zero per quest’ultima data. Come si sa le caratteristiche del parco immobiliare italiano sono molto diverse da quelle del parco immobiliare svedese, per esempio.

Vorrebbe inoltre esentare da ogni intervento le abitazioni unifamiliari, a meno che non cambi la loro destinazione d’uso, siano vendute, donate o date in locazione. In tal caso dal 2028 in poi dovrebbero raggiungere in 5 anni la categoria energetica D”.

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