Positiva la direttiva europea sulle case green ma è necessario definire un piano di azione per trasformare gli obiettivi in interventi. Lo ha affermato l'Ance (Associazione nazionale dei costruttori edili) in audizione ieri 2 febbraio presso la Commissione Politiche dell’Unione europea della Camera sulla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni “Applicare il diritto dell’UE per un’Europa dei risultati”.
“La Commissione Europea”, ricorda l'Ance, “ha varato a luglio 2021 il Piano Fit for 55% per ridurre le emissioni nette di gas ad effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 e rendere climaticamente neutra l’Europa entro il 2050.
Per conseguire l’obiettivo il Piano prevede una revisione delle Direttive, che hanno attinenza col tema, e l’emanazione di ulteriori provvedimenti che, in modo coordinato, permettano di raggiungere il risultato di sostenibilità e competitività del sistema economico per i prossimi anni.
Al momento il lavoro di definizione dei vari strumenti è praticamente concentrato sulla revisione della Direttiva EPBD (Efficienza energetica degli edifici) che introdurrebbe una serie di obblighi di edifici sempre più ambientalmente sostenibili, sia per i nuovi edifici che per quelli esistenti, chiedendo agli Stati Membri di predisporre adeguati strumenti finanziari, fiscali, ecc., che accompagnino la riqualificazione del parco immobiliare esistente per i prossimi anni, senza però introdurre adeguati meccanismi di finanziamento a livello europeo.
Se, da un lato, la Commissione europea ha valutato che le azioni previste consentiranno di conseguire gli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera dovute agli impianti termici degli edifici, non sembra che altrettanta attenzione sia stata rivolta a verificare le condizioni di applicabilità di tali azioni nei singoli Paesi.
Per l’Italia si tratterebbe di intervenire con riqualificazioni energetiche importanti su circa 2 milioni di edifici entro il 2030 (2033 data ultima per gli edifici residenziali). Si tratterebbe di una prima quota di edifici esistenti, quella che rappresenta il 15% del parco immobiliare con le prestazioni peggiori, costituito da circa 230.000 pubblici e non residenziali e 1,8 milioni residenziali privati.
Questo significa che ogni anno, e fino al 2033, dovranno essere ultimati oltre 215.000 interventi su singoli edifici (180.000 dei quali privati), per un costo che sarà di circa 40 miliardi di euro per gli edifici residenziali e 19 miliardi per gli altri edifici.
Per capire la dimensione di tale sfida, si ricorda che con gli incentivi del 110%, che hanno visto un successo senza precedenti nella domanda da parte delle famiglie, sono stati realizzati poco meno di 100.000 interventi nel 2021 e 260.000 nel 2022. La Direttiva richiede, quindi, che nei prossimi anni dovremo almeno mantenere un ritmo, costante, simile a quello sperimentato nell’ultimo anno.
Un obiettivo irraggiungibile senza un sistema di incentivi e di strumenti finanziari adeguati, che non potrà mai essere raggiunto confidando sulle sole disponibilità economiche dei proprietari.
L’esperienza dei risultati precedenti al Superbonus di interventi su interi edifici (quelli che l’Europa ci impone di realizzare) mostra numeri insignificanti (2.900, in media di anno, tra il 2018 e il 2020). Con questi ritmi, la decarbonizzazione del patrimonio edilizio, fissata per il 2050, sarebbe completata in un orizzonte di 3.800 anni.
Alla luce della bozza di Direttiva, il primo step, fissato sul 15% degli edifici, non sarebbe raggiungibile prima di 630 anni.
E’ del tutto evidente, quindi, che c’è bisogno di un piano di azione che sappia trasformare questi obiettivi in interventi. Un piano che, accanto alle necessarie risorse pubbliche, preveda un sistema di finanziamenti accessibili alle famiglie, da attuare in tempi brevissimi.
Un diverso approccio, con maggiore coinvolgimento dei soggetti interessati già nelle prime fasi di definizione della Direttiva, faciliterebbe il raggiungimento degli obiettivi fissati”, osserva l'Ance.