Le specifiche finalità della disciplina delle costruzioni in zone sismiche hanno determinato “la previsione di un rigoroso regime autorizzatorio (articolo 93) che impone, a chiunque intenda procedere ad interventi in tali zone, di darne preavviso scritto allo sportello unico che, a sua volta, provvede alla trasmissione al competente ufficio tecnico regionale.
La speciale disciplina si applica a tutte le costruzioni, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità, realizzate in zone delle quali sia dichiarata la sismicità”.
Lo rammenta la Corte di cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 48950/2015 del 11 dicembre (Ud 4 nov 2015).
“Dal contenuto delle disposizioni che regolano la materia si rileva come il loro ambito di applicazione sia particolarmente esteso, riferendosi non solo alla costruzione dei nuovi edifici, ma anche ad interventi su manufatti già esistenti, in ordine ai quali si prendono in esame le sopraelevazioni (articolo 90) e le riparazioni (articolo 91)”, osserva la suprema Corte.
IRRILEVANTE LA NATURA DEI MATERIALI IMPIEGATI E DELLE RELATIVE STRUTTURE. “Del tutto inconferente, ai fini dell'applicazione della disciplina, è stata ritenuta la natura dei materiali usati e delle strutture realizzate, in quanto le disposizioni che regolano la materia hanno una portata particolarmente ampia, perché finalizzate alla tutela dell'incolumità pubblica e devono, quindi, applicarsi a “tutte le costruzioni la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità" a nulla rilevando, appunto, la natura dei materiali impiegati e delle relative strutture.
Altrettanto irrilevante – aggiunge la Cassazione - è la eventuale natura precaria dell'intervento, attesa la natura formale dei relativi reati ed il fine di consentire il controllo preventivo da parte della pubblica amministrazione di tutte le costruzioni realizzate in zone sismiche”.