Attualità

Dissesto idrogeologico, due “strade” già percorribili

Per tutelare il territorio dagli effetti dei cambiamenti climatici disponiamo già di alcuni “strumenti”, uno molto innovativo, l’altro tradizionale. Intanto la riforma prevista dal PNRR è già in vigore

venerdì 9 giugno 2023 - Franco Metta

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L'alluvione in Emilia Romagna è stata il più recente episodio, non certamente l’unico, che testimonia come gli eventi estremi siano sempre più frequenti. Secondo i dati diffusi da Legambiente nei primi cinque mesi del 2023 in Italia si sono registrati 122 eventi climatici estremi, ovvero il 135% in più rispetto a un anno prima. Gli allagamenti in particolare sono stati 30 contro i 16 del 2022. E le regioni più colpite sono anche tra quelle maggiormente popolate, ovvero Emilia Romagna, Sicilia, Piemonte, Lazio, Lombardia e Toscana.

La ricetta per affrontare i cambiamenti climatici non può che essere la transizione ecologica/energetica con interventi di mitigazione e adattamento. Per esempio con questi strumenti, già a nostra disposizione, per tutelare il territorio.

Monitoraggio delle aree a rischio frane

Il primo, che utilizza tecnologie innovative come l’Intelligenza artificiale e sistemi satellitari, permette di monitorare le frane che è uno dei fenomeni geofisici che maggiormente interessa l’Italia (620 mila frane/anno per una superfice interessata del 7,9 - fonte Ispra).

Il monitoraggio delle frane consente di rilevare deformazioni lente e prolungate nel tempo, e può proseguire per lungo tempo. Operativamente si procede creando un “gemello” digitale del territorio e delle infrastrutture, aggiornato con i dati provenienti dai sensori e poi si effettuano simulazioni di diversi scenari, con finalità di prevenzione.

Aumentare le aree protette

Il secondo è invece un esempio di mitigazione tradizionale perché punta a ripristinare (proteggendole) le aree naturali. L’Unione Europea ha indicato l’obiettivo di raggiungere il 30% di superficie tutelata entro il 2030, sia a terra sia a mare. In Italia siamo ancora lontani da questi livelli con il 21% del territorio terrestre protetto e appena il 16% della superficie marina.

Secondo Luca Santini, presidente di Federparchi, “aumentare le aree protette vuol dire, oltre a proteggere la natura, contribuire al contrasto dei mutamenti climatici e favorire la diffusione di modelli di sviluppo sostenibile, oggi unica strada possibile per creare benessere e occupazione”.

La riforma prevista dal PNRR semplifica e accelera gli interventi

Ricordiamo infine che una delle riforme conseguite grazie al PNRR (riforma 2.1 missione 2, componente 4) ha riguardato proprio il dissesto idrogeologico.

La Corte dei conti, nella sua indagine relativa al fondo di programmazione 2016-2018, aveva evidenziato: l’assenza di un’efficace politica nazionale, di natura preventiva e non urgente, per il contrasto al dissesto idrogeologico; la difficoltà degli organi amministrativi nell'inserire la tutela del territorio nelle proprie funzioni ordinarie; la debolezza dei soggetti attuatori e dei Commissari/Presidenti Straordinari della Regione, che non hanno strutture tecniche dedicate. La Corte dei conti ha inoltre sottolineato le difficoltà procedurali, l’assenza di controlli adeguati e di un sistema unitario di banche dati.

La riforma, coordinata dal MASE - Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica e presentata nel corso del secondo trimestre del 2022, ha superato le criticità di natura procedurale, legate alla debolezza e all’assenza di un efficace sistema di governance nelle azioni di contrasto al dissesto idrogeologico conseguendo vari obiettivi: semplificazione e accelerazione delle procedure per l'attuazione e finanziamento degli interventi, a partire dalla revisione del DPCM 28 maggio 2015 (recante i criteri e le modalità per stabilire le priorità di attribuzione delle risorse agli interventi) e del relativo “sistema ReNDiS”; rafforzamento delle strutture tecniche di supporto dei commissari straordinari; rafforzamento delle capacità operative delle Autorità di bacino distrettuale e delle Province (presso le quali istituire un Ufficio specializzato di cui anche i Commissari possano avvalersi); la sistematizzazione dei flussi informativi e l’interoperabilità dei diversi sistemi informatici.

In particolare sono entrate in vigore alcune disposizioni di semplificazione del quadro giuridico per la gestione dei rischi idrologici, come elencate dal portale Italia Domani:

  • art. 54 del D.L. 76/2020 convertito con modificazioni dalla L. 11 settembre 2020, n. 120;
  • art. 4 del D.L. 22/2021 convertito con modificazioni dalla L. 22 aprile 2021, n. 55;
  • Articoli 36 (co. 1), 36-bis , 36-ter (commi 1-19 e 21)del D.L. 77/2021 (c.d. semplificazioni 2) convertito con modificazioni dalla L. 29 luglio 2021, n. 108;
  • art. 17-octies (commi 1-5) del D.L. 80/2021 convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2021, n. 113;
  • D.P.C.M. 27 settembre 2021 “Aggiornamento dei criteri, delle modalità e dell’entità delle risorse destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico” pubblicato in G.U. n. 272 del 15-11-2021;
  • Decreto del Ministro della Transizione Ecologica del 29 settembre 2021;
  • Piano Operativo per l’attuazione del Sistema di Monitoraggio Integrato;
  • Articoli 16 (commi 2, 3 e 4), 20 (co. 1) e 22 (commi 1, 3, 4) del D.L. 152/2021 convertito con modificazioni dalla L. 29 dicembre 2021, n. 233;
  • Commi 415 e 416 della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di bilancio 2022);
  • Art. 23, co. 5 del D.L. n. 36 del 30 aprile 2022.
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