Sentenze

Distanza dei fabbricati dalle strade: nuova sentenza del Consiglio di Stato

L’applicabilità della disciplina sulla distanza dei fabbricati dalle strade di cui al combinato disposto degli artt. 16 del Codice della Strada e 26 del relativo regolamento di attuazione, è condizionata al verificarsi di un duplice presupposto

venerdì 19 giugno 2020 - Redazione Build News

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L’applicabilità della disciplina sulla distanza dei fabbricati dalle strade di cui al combinato disposto degli artt. 16 del Codice della Strada e 26 del relativo regolamento di attuazione, è condizionata al verificarsi del seguente duplice presupposto: a) la delimitazione dei centri abitati prevista dall'art. 4; b) la classificazione delle strade, demandata ad appositi provvedimenti attuativi dall'art. 2, comma 2, che tuttavia ne individua le tipologie sulla base delle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, distinguendole in categorie da “A” (corrispondente alle autostrade) a “F bis” (itinerari ciclopedonali).

Lo ha precisato il Consiglio di Stato nella sentenza n.3900/2020, pubblicata il 17 giugno.

Palazzo Spada ha affrontato il problema della disciplina delle fasce di rispetto stradale applicabile nelle costruzioni fuori dal centro abitato, chiarendo la portata della norma transitoria di cui all’art. 234, comma 5, del Codice della Strada. Da tale disposizione, infatti, emerge che l’applicabilità della disciplina recata, per quanto qui di interesse, dal combinato disposto di cui agli artt. 16 del Codice e 26 del relativo regolamento di attuazione, è condizionata al verificarsi del seguente duplice presupposto: a) la delimitazione dei centri abitati prevista dall'art. 4; b) la classificazione delle strade, demandata ad appositi provvedimenti attuativi dall'art. 2, comma 2. Nelle more di tali adempimenti, le norme previgenti, che devono continuare a trovare applicazione, sono appunto quelle contenute nel decreto interministeriale 1° aprile 1968, n. 1404, che detta le distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19 della legge n. 765 del 1967. La distinzione delle strade ivi declinata all’art. 3, comma 1, «in rapporto alla loro natura ed alle loro caratteristiche», non appare affatto sovrapponibile alla assai più articolata prospettazione codicistica, pur potendo casualmente coincidere la riconducibilità di alcune fattispecie concrete alla medesima tipologia nominalistica, con particolare riferimento alla “C”, corrispondente a quelle “di media importanza”, di sicuro connotata da maggior genericità di inquadramento (tanto da ricomprendere strade statali, provinciali e finanche comunali, purché di dimensioni consistenti). Egualmente la delimitazione del “centro abitato” necessaria quale condizione di applicabilità della nuova normativa è soltanto quella di cui all’art. 4 del Codice della Strada.

Entrambe le discipline (la attuale e la previgente) si preoccupano di salvaguardare l’autonomia programmatoria in materia urbanistica degli enti territoriali, condizionando il rigoroso o più rigoroso regime delle distanze alla esistenza o meno di una disciplina edificatoria. In tale ottica, mentre il comma 3 dell’art. 26 del d.P.R. n. 495/1992 (Regolamento di esecuzione del Codice), prevede, per quanto di interesse in relazione alle strade di tipologia “C”, la minore distanza di m. 10 ove si versi al di fuori dei centri abitati, «ma all'interno delle zone previste come edificabili o trasformabili dallo strumento urbanistico generale, nel caso che detto strumento sia suscettibile di attuazione diretta, ovvero se per tali zone siano già esecutivi gli strumenti urbanistici attuativi»; l’art. 1 del decreto 1° aprile 1968, n. 1404, esclude genericamente dal proprio ambito di applicabilità sia i centri abitati sia gli « insediamenti previsti dai piani regolatori generali e dai programmi di fabbricazione».

Ha ancora chiarito la Sezione che il “centro abitato” come «insieme di edifici, delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine», identificabile in un «raggruppamento continuo, ancorché intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada», è cosa diversa da quello individuato a fini urbanistici, siccome tipico della normativa previgente, a prescindere peraltro dalle esigenze e dalle modalità di coordinamento poste in essere dalle amministrazioni territoriali per cercare di armonizzare in ambito pianificatorio concreto le relative indicazioni. Essere fuori dal centro abitato, quale che sia l’accezione attribuita al relativo termine, è uno dei presupposti di applicabilità del regime delle distanze di cui all’art. 26 del Regolamento di esecuzione del Codice; laddove l’altro è l’estraneità dall’ambito operativo degli strumenti urbanistici, che al contrario possono riferirsi anche ad altre zone, oltre al centro abitato medesimo.

In allegato la sentenza

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