Il D.M. 2 aprile1968 n. 1444, all'art. 9 prescrive che in tutti i casi la distanza minima assoluta di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, impone determinati limiti edilizi ai Comuni nella formazione o revisione degli strumenti urbanistici, ma non è immediatamente operante nei rapporti fra privati.
Lo ha evidenziato la seconda sezione civile della Cassazione con la sentenza n. 23504/2015 depositata il 17 novembre.
PROGRAMMA DI FABBRICAZIONE E PIANO REGOLATORE GENERALE. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, “superato il divario tra programma di fabbricazione e piano regolatore generale a seguito della sentenza della Corte Costituzionale 20.3.1978 n. 23, al primo, finché non è approvato il secondo dall'organo di controllo dell'ente territoriale che lo ha adottato, va riconosciuta la funzione di strumento di sistemazione urbanistica tipico del territorio comunale, anche quanto ad eventuali varianti apportate con conseguente legittimità dei vincoli con esso imposti alla proprietà privata anche in tema di distanze tra costruzioni, costituendo detto programma, a decorrere dalla sua pubblicazione o da quella della variante di esso, parte integramene dei regolamenti edilizi locali, mentre, fino a tale data, i rapporti di vicinato sono disciplinati dalle precedenti norme locali o dall'art. 873 c.c. o dalle leggi speciali, non rilevando l'applicazione delle misure di salvaguardia di cui agli artt. 1 della L. n. 1902/1952 e 3 della L. n. 675/1967, integrativa dell'art. 10 della legge 7 agosto 1942 n. 1150, poiché la normativa ivi contenuta è destinata ai Sindaci ed ai Prefetti per fini di interesse pubblico e non ha effetti nella regolamentazione dei rapporti tra privati” (Cass. n. 2759/1993; n. 20392/2008; n. 19822/04).