Una signora espone di essere proprietaria di una porzione dell’edificio residenziale ubicato in Signa, alla via XXV aprile 36, sottoposta a lavori di ampliamento volumetrico mediante sopraelevazione assentiti con permesso di costruire del 4 agosto 2008 e portati a termine nella prima metà del 2011.
Con l’ordinanza n. 114 del 27 luglio 2011, il Comune di Signa ha ingiunto la demolizione dell’ampliamento, sul presupposto che esso non rispetterebbe la distanza minima di dieci metri dalla parete finestrata dell’abitazione confinante, di proprietà di un signore. La preesistenza di tale parete sarebbe stata nascosta dall’odierna ricorrente negli elaborati a suo tempo presentati a corredo dell’istanza di rilascio del permesso di costruire.
Il provvedimento è impugnato dalla signora, la quale ne chiede l’annullamento sulla scorta di quattro motivi in diritto.
LA SENTENZA DEL TAR TOSCANA. “Nella specie, il provvedimento impugnato si fonda sull’applicazione di una norma – il rispetto della distanza di dieci metri tra nuove costruzioni e pareti finestrate esistenti – la cui fonte non è indicata dal provvedimento stesso e va pertanto rinvenuta nella previsione di cui all’art. 9 del d.m. n. 1444/1968”, osserva il Tar Toscana (Sezione Terza) nella sentenza n.762/2020 pubblicata il 18 giugno.
“L’art. 9 cit. non opera nei rapporti tra privati, ma è volto a tutelare gli interessi di ordine generale all’ordinato sviluppo dell’edilizia e alla salute dei cittadini, evitando il prodursi di intercapedini malsane. Se, pertanto, alla norma è estranea la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili vicini alla nuova costruzione (cfr. Cons. Stato sez. IV, 8 maggio 2017, n. 2086), con riferimento alla sua applicazione da parte dell’amministrazione resistente deve escludersi che ne derivino posizioni sostanziali di controinteresse in senso proprio”, evidenzia il Tar Toscana.
“La documentazione in atti conferma che la parete dell’abitazione di proprietà della ricorrente, interessata dalla sopraelevazione, e quella dell’abitazione” di proprietà dell'altro signore “sono fra loro in posizione ortogonale, formando un angolo retto.
Tanto basta a evidenziare la carenza del presupposto fattuale da cui muove il provvedimento impugnato, vale a dire l’esistenza di due pareti “antistanti”, tali essendo le pareti che si fronteggiano, non necessariamente con andamento parallelo, ma a condizione che l'avanzamento dell’una o dell’altra porti al loro incontro, sia pure per un segmento limitato (da ultimo, cfr. Cass. civ., sez. II, 1 ottobre 2019, n. 24471).
Detta condizione non si verifica nel caso in esame, neppure per un breve tratto di parete, né può sostenersi che costituisca un segmento di parete la modestissima sporgenza presente sul muro di proprietà della ricorrente, palesemente inidonea a determinare la formazione di un’intercapedine e perciò irrilevante ai fini di tutela cui presiede la disciplina sulla distanze invocata dal Comune”, concludono i giudici amministrativi toscani.
In allegato la sentenza