S. P. ha evocato in giudizio tre persone innanzi il Tribunale di Palmi, invocandone la condanna all’arretramento del fabbricato da essi eretto a distanza dal confine inferiore a quella legale.
Si sono costituiti i convenuti, resistendo alla domanda e chiedendo in via riconvenzionale la condanna dell’attore a rimuovere una condotta fognaria realizzata nella proprietà di essi convenuti.
Con sentenza n. 709/2009 il Tribunale ha rigettato la domanda principale, accogliendo in parte quella riconvenzionale.
Con la sentenza impugnata, n. 654/2017, la Corte di Appello di Reggio Calabria ha accolto il gravame proposto da S. P. avverso la decisione di prime cure, riformandola e condannando gli originari convenuti ad arretrare il loro fabbricato fino a 5 metri dal confine.
Hanno proposto ricorso per la cassazione di detta decisione i tre convenuti, affidandosi ad un unico motivo, con il quale si lamenta la violazione e omessa applicazione del regolamento edilizio approvato con D.P.G.R. 964 del 1985 e dell’art. 17 delle relative norme di attuazione, perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente ritenuto inapplicabile alla fattispecie la norma regolamentare locale più favorevole intervenuta dopo la realizzazione del fabbricato oggetto di causa.
Cassazione: va applicata la norma locale sopravvenuta più favorevole
Con l'ordinanza n. 28041 pubblicata il 5 ottobre 2023, la Corte di cassazione (Sez. 2 Civile) ha affermato che “la censura è fondata, alla luce del principio – che merita di essere ribadito – secondo cui I regolamenti edilizi in materia di distanze tra costruzioni contengono norme di immediata applicazione, salvo il limite, nel caso di norme più restrittive, dei cosiddetti diritti quesiti (per cui la disciplina più restrittiva non si applica alle costruzioni che, alla data dell'entrata in vigore della normativa, possano considerarsi già sorte), e, nel caso di norme più favorevoli, dell'eventuale giudicato formatosi sulla legittimità o meno della costruzione. Ne consegue la inammissibilità dell'ordine di demolizione di costruzioni che, illegittime secondo le norme vigenti al momento della loro realizzazione, tali non siano più alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione, salvo, ove ne ricorrano le condizioni, il diritto al risarcimento dei danni prodottisi medio tempore, ossia di quelli conseguenti alla illegittimità della costruzione nel periodo compreso tra la sua costruzione e l'avvento della nuova disciplina”.
Quindi, conclude la suprema Corte, “la Corte di Appello ha errato nel non applicare alla fattispecie la norma locale sopravvenuta più favorevole. La sentenza impugnata va, dunque, cassata, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Reggio Calabria”.