Le disposizioni dei regolamenti urbanistici locali, sia pure indirettamente attraverso la previsione di soglie massime d'incremento edilizio, non possono incidere sulle nozioni normative di “ristrutturazione” relativa ad edificio preesistente crollato o demolito (nella specie, ai sensi dell'art. 31, primo comma, lettera d, della legge 5 agosto 1978, n. 457, applicabile “ratione temporis”) e di “nuova costruzione”, agli effetti della soggezione alla vigente disciplina in tema di distanze legali e dei conseguenti rimedi esperibili nei rapporti tra privati.
Lo ha stabilito la Cassazione civile, sez. II, con la sentenza n. 17043/2015 depositata il 20 agosto.
PRINCIPIO DI DIRITTO. La suprema Corte ha chiarito che “la ristrutturazione edilizia mediante ricostruzione di un edificio preesistente venuto meno per evento naturale o per volontaria demolizione, si attua, nel rispetto dell'art. 31, 1° comma, lett. d) della legge n. 457/78, mediante interventi che comportino modificazioni esclusivamente interne dell'edificio preesistente, senza aumenti di superficie o di volume”. In presenza di aumenti di superficie o di volume, si configura invece “una nuova costruzione, sottoposta alla disciplina in tema di distanze, vigente al momento della medesima, e alla relativa tutela ripristinatoria, non essendo concesso ai regolamenti locali di incidere, neppure indirettamente attraverso la previsione di soglie massime d'incremento edilizio, sulle anzi dette nozioni normative e sui rimedi esperibili nei rapporti interprivati”.