Il Tar Piemonte, sezione II, con la sentenza del 18 settembre 2018, n. 1028, si è pronunciato sulla questione della legittimità o meno di un provvedimento di diniego da parte di un Comune avente ad oggetto la richiesta di rilascio di un permesso di costruire in deroga ai sensi dell’articolo 5 della Legge 106/2011 di conversione del Decreto Legge 70/2011.
Secondo la suddetta sentenza, la natura privata di un intervento non è di ostacolo all’individuazione di un interesse pubblico “tenuto conto che nel rilascio del permesso di costruire in deroga previsto dall’art. 5 del c.d. Decreto sviluppo n.70/2011 (convertito in L. 106/2011), l’interesse del privato ad attuare l’intervento costruttivo assume un rilievo pubblicistico nella misura in cui consente di razionalizzare e riqualificare aree urbane degradate, con il solo limite che si tratti di destinazioni tra loro compatibili e complementari; sicché il problema, di volta in volta, è quello di stabilire se l’intervento proposto dal privato, oltre a perseguire finalità imprenditoriali e lucrative, realizzi, nel contempo, le predette esigenze di carattere pubblicistico”.
Il principio positivo affermato dal TAR deve essere letto con quanto già stabilito da un precedente orientamento giurisprudenziale (es. Cons. Stato n. 1767/2014) e ribadito dal medesimo TAR ossia che il rilascio del permesso di costruire in deroga ai sensi della predetta normativa nazionale è ammesso solo se la zona interessata dall’intervento edilizio presenti le caratteristiche di un’area urbana degradata e, quindi, soddisfi l’interesse pubblico tipizzato della “riqualificazione di aree urbane degradate”.
Sulla base di tali affermazioni ne consegue che spetta all’operatore provare che l’intervento, per il quale si chiede la deroga alla strumentazione urbanistica, vada a riqualificare un’area degradata fermo restando che la valutazione circa la sussistenza di tali presupposti è rimessa per legge al consiglio comunale che lo deve motivare nel proprio provvedimento.
In particolare, sostiene il TAR, la nozione di “degrado” di un bene non attiene “a regole tecniche desunte da scienze esatte e, quindi, sconta sempre un tasso più o meno elevato di opinabilità”.
IL DECRETO LEGGE 70/2011. Il Decreto Legge 70/2011, convertito in Legge 106/2011, come è noto, è stato il primo provvedimento legislativo che per alcune tipologie di interventi ha previsto l’utilizzo dell’istituto del permesso di costruire in deroga per le costruzioni private e ha introdotto a livello statale delle misure volte ad incentivare le operazioni di razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e di riqualificazione urbana anche con interventi di demolizione e ricostruzione con la previsione di: incrementi volumetrici; delocalizzazione delle volumetrie in altre aree; modifiche delle destinazioni d’uso; modifiche della sagoma.
Il decreto aveva, in particolare, previsto due termini perentori per l’emanazione delle relative leggi regionali di attuazione (entrambi scaduti rispettivamente il 10 settembre e l’11 novembre 2011) alla cui scadenza, e fino all’entrata della normativa regionale, aveva attribuito determinate conseguenze giuridiche tra cui l’ applicazione della normativa statale in assenza di una legge regionale (es. premialità del 10% per la destinazione non residenziale e 20% per la destinazione residenziale e possibilità di mutamento d’uso purché si tratti di destinazioni tra di loro compatibili o complementari oppure procedere alla delocalizzazione delle relative volumetrie e modifiche della sagoma).
In particolare l’art 5 commi 9 e ss. D.L. n. 70 del 2011 (conv. in L. 106/2011) prevedono espressamente che “Al fine di incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente nonché di promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonché di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare, tenuto conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili (…) è ammesso il rilascio di un permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 anche per il mutamento delle destinazioni d’uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili e complementari (…)
Secondo il TAR Piemonte il riferimento all’esistenza di “funzioni eterogenee” o di “tessuti edilizi disorganici o incompiuti” o di “edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare” non individua presupposti autonomi per il rilascio di un permesso di costruire in deroga, ulteriori rispetto a quelli costituiti dalla “razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente” e dalla “riqualificazione di aree urbane degradate”, ma intende unicamente esemplificare gli specifici contesti urbani “degradati” in cui la norma trova applicazione (…) Se così è, la norma si applica agli edifici dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare soltanto ove ricadenti in “aree degradate”.
Il Tar Piemonte ha, inoltre, aggiunto che la normativa contenuta nel Dl 70/2011 si limita ad individuare i presupposti in presenza dei quali l’amministrazione “può” non “deve” rilasciare eccezionalmente un permesso di costruire in deroga alla vigente strumentazione urbanistica. L’amministrazione non è obbligata ad accogliere qualsiasi richiesta di edificazione presentata da privati in deroga al vigente piano regolatore comunale, per il solo fatto che questa consenta di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente e di riqualificare aree urbane degradate; l’amministrazione può farlo, ma non è vincolata a farlo. (fonte: Ance)
In allegato la sentenza n. 1028/2018 del Tar Piemonte