Si è svolta il 10 giugno l’audizione dell’ANCE presso la Commissione Ambiente della Camera nell’ambito dell’esame, in seconda lettura, in sede referente, del DL 32/2019 recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici” (DDL 1898/C).
Il Dott. Edoardo Bianchi, Vice Presidente Opere Pubbliche, che ha guidato la delegazione associativa ha evidenziato in premessa che per quanto concerne le modifiche al Codice dei Contratti Pubblici, il testo, come modificato dal Senato, può ritenersi condivisibile.
Ha, quindi, sottolineato l’apprezzamento per il fatto che, grazie all’intesa trovata dalla maggioranza, non sia andato perso il lavoro di questi mesi. In quest’ottica, va senz’altro condivisa la volontà di arrivare ad un testo finale che introduce importanti correttivi “urgenti” alla normativa in materia di opere pubbliche, nel senso auspicato da ANCE.
Al contempo, permangono alcune importanti criticità che, se non superate, rischiano di compromettere gli obiettivi di sblocco e di crescita che il Governo si propone di realizzare.
Il decreto, infatti, continua a non intervenire alla radice sulle grandi criticità che impediscono il rapido utilizzo delle risorse stanziate.
Mancano interventi sui processi autorizzativi dei progetti, sulle autorizzazioni ministeriali, mancano tempi perentori per ogni fase decisionale e per il trasferimento delle risorse, al fine di ridurre drasticamente i tempi morti, che raddoppiano i tempi di realizzazione delle opere pubbliche in Italia.
I gravi ritardi accumulati dalla P.A. nella manutenzione delle opere presenti sul territorio sono invece diventati l’alibi per replicare sempre e ovunque un modello capace di bypassare qualsiasi regola, sacrificando i principi di correttezza, trasparenza e legalità.
E’ necessario velocizzare la fase a monte della gara, sul modello di quanto fatto per la Linea ferroviaria Napoli-Bari, non moltiplicare i super-commissari “modello Genova” che possono derogare a tutte le procedure di appalto previste dal Codice.
Ha ribadito, quindi, la necessità di adottare rapidamente misure indispensabili per far partire le opere urgenti per la messa in sicurezza del territorio, per le città e per realizzare le tante infrastrutture che servono al Paese.
In questo senso, sarebbe opportuno anche introdurre misure più stringenti per porre fine alla c.d. “burocrazia difensiva”, anzitutto con la rivisitazione del reato di abuso di ufficio, affinché smetta di essere più conveniente il “non fare” rispetto al “fare”. Sarebbe, inoltre, necessario ridisegnare la responsabilità erariale dei pubblici funzionari, ad esempio attraverso la tipizzazione delle presunzioni di assenza di colpa grave (ed escludendola in ogni caso, in presenza di sentenze riformate tra vari gradi di giudizio, e comunque ogni volta che il pubblico funzionario dia specificamente conto, nella sua decisione, di aver agito in adempimento di circolari, linee guida, bandi tipo MIT/ANAC o sentenze); ciò fatto salvo che la Corte dei Conti dimostri la mala fede o il dolo.
Il Vice Presidente è passato, poi, ad illustrare le misure del testo, licenziato dal Senato, in materia di contratti pubblici, soffermandosi sia sugli aspetti positivi che su quelli critici.
Con riferimento agli aspetti positivi ha, in particolare, espresso soddisfazione per la norma che prevede il ritorno ad un Regolamento Generale. Il superamento del sistema della “soft law Anac”, infatti, è un presupposto imprescindibile per restituire alla disciplina attuativa del Codice certezza e cogenza normativa e, in questo senso, costituisce un’istanza invocata fortemente da tutti gli operatori del settore.
Positiva è l’estensione agli ultimi quindici anni del periodo di riferimento per la comprova dei requisiti funzionali al conseguimento della qualificazione SOA.
Si tratta, infatti, di una richiesta fortemente sostenuta da ANCE, al fine di supportare le imprese che, duramente colpite da una crisi ultra decennale, rischierebbero di perdere l’attestazione SOA, a causa dei pochi affidamenti acquisiti negli ultimi tempi, con definitiva estromissione dal mercato dei lavori pubblici.
In tema di criteri di aggiudicazione, ha espresso forte apprezzamento per la scelta di abbandonare definitivamente il criterio del massimo ribasso.
Questo criterio, infatti, utilizzabile fino alla soglia comunitaria, dovrà essere obbligatoriamente applicato insieme all’esclusione automatica delle offerte anomale (naturalmente, laddove non ci sia interesse transfrontaliero e il numero minimo di offerte ammesse non sia inferiore a 10).
L’ANCE, infatti, ha sempre rappresentato la pericolosità di tale criterio di aggiudicazione che, nel corso degli anni, ha dimostrato di essere foriero di distorsioni competitive e causa di prestazioni di scarsa qualità.
Positiva anche la modifica, al decreto legge, tesa a ripristinare, in caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, il limite del 30 per cento al punteggio massimo attribuibile alla componente economica dell’offerta.
Si tratta, infatti, di una limitazione che risponde all’esigenza di evitare che, attraverso una eccessiva valorizzazione dell’aspetto economico dell’offerta, l’OEPV possa trasformarsi, di fatto, in un massimo ribasso “mascherato”.
Apprezzabile anche il recupero di un’equilibrata disciplina delle procedure negoziate sotto soglia comunitaria che, nel testo originario del provvedimento erano possibili solo fino all’importo di 200 mila euro, mentre ora è stato scelto di ripristinare la possibilità di utilizzare tali procedure fino alla soglia del milione di euro, prevedendo un livello di concorrenza differenziato a seconda della fascia di importo in cui il contratto si inserisce.
L’ANCE accoglie con favore anche l’innalzamento della soglia per il parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici a 100 milioni di euro e la riduzione del termine previsto per l’emissione del relativo parere.
In merito alle procedure CIPE, la norma contenuta nel DL è positiva anche se resta necessario uno snellimento procedurale più ampio, che preveda l’eliminazione di tutti i passaggi al CIPE successivi all’approvazione, da parte dello stesso, del Documento pluriennale di pianificazione (DPP) o di altri documenti di pianificazione o programmazione.
E’ da valutare positivamente l’eliminazione della disposizione che riconosceva, in capo alle stazioni appaltanti, la possibilità di escludere dalla partecipazione alle gare le imprese in presenza di irregolarità fiscali e contributive, anche non definitivamente accertate.
Si è, quindi, soffermato sulle criticità, auspicandone la correzione.
In primo luogo, ha segnalato che, in tema di cause di esclusione dalle gare, è stata riformulata la durata dell’esclusione per le fattispecie previste al comma 5, dell’articolo 80, tra le quali rientrano anche l’illecito professionale e le significative o persistenti carenze nell’esecuzione di un precedente contratto.
Al riguardo, è stato previsto che in tali casi il periodo di esclusione dalle gare sia pari a 3 anni, decorrenti dalla data di adozione del provvedimento amministrativo di esclusione ovvero, in caso di contestazione in giudizio, dalla data di passaggio in giudicato della sentenza.
Ha, quindi, illustrato le fortissime perplessità che tali previsioni comportano, evidenziando in particolare che le fattispecie escludenti hanno carattere facoltativo e non obbligatorio, con la facoltà rimessa alla singola stazione appaltante, cui compete la valutazione dei fatti, di decidere di escludere o meno il concorrente.
La disposizione, inoltre, prevede, da un lato, che la decorrenza dei tre anni, in caso di contestazione in giudizio, debba scattare dall’accertamento definitivo dei fatti contestati; tuttavia, dall’altro lato, prevede che, in attesa di definizione del giudizio, l’amministrazione debba comunque considerare il fatto, per la propria determinazione in ordine all’esclusione.
Tale previsione appare alquanto ambigua e contraddittoria poiché la possibilità di considerare rilevanti anche fatti non definitamente accertati può condurre all’esclusione di soggetti non colpevoli che, a distanza di tempo, ottengano il riconoscimento giudiziale dell’infondatezza dei fatti contestati.
In tal modo vengono compromessi i fondamentali principi dell’ordinamento costituzionale, come la presunzione di innocenza e l’inviolabilità del diritto alla difesa in giudizio, e risulta pericolosa anche per le amministrazioni, che potrebbero essere chiamate a rispondere per eventuali decisioni basate su presupposti erronei.
Appare, quindi, indispensabile una modifica della norma prevedendo che, in mancanza di un giudicato definitivo, la valutazione dei fatti rilevanti ai fini dell’esclusione debba essere sempre basata su un accertamento giudiziale almeno di primo grado.
Altro tema critico è quello riguardante le modifiche apportate alla disciplina sul subappalto.
Il provvedimento, infatti, ha mantenuto sostanzialmente l’impostazione originaria prevedendo che il subappalto debba essere indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara, abbassando peraltro dal 50 al 40 per cento dell’importo complessivo la quota massima subappaltabile.
Le modifiche introdotte non appaiono pienamente rispettose dei rilievi sollevati dalla Commissione Europea che ha contestato la contrarietà al diritto europeo, non solo dell’obbligo di indicazione della terna e del divieto di subappaltare a soggetti concorrenti alla medesima procedura (abrogati dal Decreto), ma soprattutto i limiti quantitativi previsti dalla normativa interna, considerati contrari agli obiettivi di tutela della concorrenza.
Il DL non liberalizza il subappalto, inoltre l’inciso secondo il quale esso deve essere indicato dalle stazioni appaltanti nel bando, sembra introdurre un profilo di facoltatività, che non appare in alcun modo condivisibile.
Il subappalto, infatti, deve costituire un diritto per l’appaltatore e non una mera possibilità.
A tale proposito, un giusto compromesso potrebbe essere rappresentato dal ritorno ad una formulazione analoga a quella contenuta nel Codice De Lise, che prevedeva un limite del 30% della categoria prevalente e la piena subappaltabilità delle categorie scorporabili (liberalizzando il subappalto anche delle c.d. SIOS, su cui vedi oltre).
Infine, del tutto negativa appare la modifica che consente all’amministrazione di procedere al pagamento diretto del subappaltatore, sulla base della mera richiesta dello stesso, essendo stato soppresso l’inciso “se la natura del contratto lo consente”.
Tale innovazione non appare in linea con la corrispondente disciplina comunitaria, che, non solo presenta l’inciso soppresso, ma tiene conto della possibilità per l’appaltatore di opporsi a eventuali pagamenti indebiti. Sarebbe, pertanto, opportuno prevedere l’obbligo per l’amministrazione di verificare preventivamente l’assenza di un motivato rifiuto al pagamento diretto da parte dell’affidatario principale.
Un’ulteriore criticità riguarda le modifiche apportate al cd. “sistema antiturbativa” e cioè al meccanismo attraverso il quale va calcolata la soglia di anomalia delle offerte. In particolare, è stato eliminato l’attuale meccanismo di sorteggio tra 5 diversi possibili metodi matematici, prevedendo soltanto 2 metodi alternativi, scelti in base al fatto che il numero delle offerte ammesse sia inferiore o superiore a 15.
Tali modifiche, infatti, non sembrano garantire adeguatamente l’obiettivo di rendere non predeterminabile la soglia di anomalia.
Ad avviso di Ance, il metodo “antiturbativa” va quindi rivisto rispetto a quello attuale, sulla base di specifici criteri alternativi e maggiormente equilibrati.
Il Vice Presidente ha, altresì, sottolineato che la possibilità di continuare a nominare internamente i membri della Commissione di gara non sembra costituire un adeguato incentivo all’efficace avvio dell’Albo dei Commissari Esterni, già più volte rimandato.
La selezione di commissari esterni ha costituto uno dei capisaldi della riforma del Codice 50/2016 ed è un obiettivo fortemente atteso dagli operatori economici, al fine di ottenere massima garanzia di imparzialità di giudizio e di corretto esercizio della discrezionalità amministrativa, nei casi di applicazione del criterio dell’OEPV.
Tale obiettivo, pertanto, non dovrebbe essere oltremodo rinviato, né disincentivato.
L’Ance valuta negativamente anche la costituzione di “Italia Infrastrutture Spa”, - sebbene le sue funzioni siano state ridimensionate rispetto alle prime stesure della norma - nella considerazione che il numero eccessivo di strutture, la sovrapposizione delle competenze e i tempi lunghi per l’operatività delle strutture stesse, rischiano di non produrre alcun effetto positivo sul livello degli investimenti e di costituire, al contrario, un elemento di rallentamento.
Con riferimento alle altre misure del provvedimento, il Vice Presidente ha espresso valutazioni positive sulle misure in materia di semplificazione della disciplina degli interventi strutturali in zona sismica. Le norme portano, infatti, ad una velocizzazione degli iter amministrativi senza ridurre i livelli di sicurezza per la pubblica incolumità e rendono coerente le finalità del DPR 380/2001 con la recente normativa tecnica di settore: il decreto del 17 gennaio 2018, Norme Tecniche per le Costruzioni.
Sulle misure in materia di rigenerazione urbana, ha rilevato che durante l’esame al Senato le disposizioni sono state modificate privando del tutto l’articolato della sua minima e potenziale portata innovativa.
Ha ricordato, in particolare, come sia stata soppressa la norma che, positivamente, obbligava le Regioni a prevedere deroghe al DM 1444/1968 (distanze, altezze, densità edilizie), tornando così alla disposizione che ne prevedeva la “facoltà”.
E’ stata, altresì, introdotta una norma che, seppur teoricamente finalizzata a risolvere un problema legato ai limiti di distanza in caso di demolizione e ricostruzione di fabbricati fra i quali intercorrono strade carrabili, potrebbe addirittura aumentare le criticità su questo delicato aspetto per la sua formulazione non corretta.
Si è persa una importante occasione per favorire l’intervento sul patrimonio edilizio esistente e il contenimento del consumo di suolo, obiettivi dichiarati dell’articolo in questione.
Altrettanto negativa è la valutazione della nuova disciplina procedurale, introdotta dal Senato, in tema di localizzazione delle opere di interesse statale contenuta nel DPR 383/94, in quanto non va nella direzione delle finalità sottese al decreto “Sblocca Cantieri”, ossia di semplificare le procedure per accelerare la cantierizzazione delle opere.
La nuova norma, infatti, azzera completamente la normativa speciale contenuta nel DPR 383/1994, demandando l’intera disciplina procedurale alle disposizioni in tema di conferenza di servizi contenute negli articoli 14 e ss della Legge 241/90 e abrogando delle disposizioni contenute del DPR 383/94 che si ritiene fossero più flessibili rispetto alla normativa ordinaria (quali ad esempio i tempi di chiusura della conferenza decisoria in 60 giorni).
Il Vice Presidente Bianchi ha, infine, espresso apprezzamento sulle modifiche apportare alla disciplina per la ricostruzione delle zone terremotate del Centro Italia, volte ad accelerare il processo di ricostruzione.
Nel ribadire l’importanza della norma contenuta nel DL volta a semplificare il processo di scelta dell’impresa esecutrice dei lavori privati, attraverso il superamento del confronto concorrenziale tra almeno tre imprese, ha sottolineato la positività del potenziamento del personale previsto per gli Uffici Speciali per la Ricostruzione e i Comuni del cratere. Ciò potrà contribuire a rendere più efficace la norma prevista nello stesso Decreto che consente ai Comuni, d’intesa con l’Ufficio speciale per la ricostruzione, di curare le istruttorie per il rilascio dei contributi di ricostruzione e tutti gli adempimenti conseguenti.
In allegato il Documento con il dettaglio della posizione ANCE