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E se l’aria condizionata ci facesse sentire ancora più caldo?

Abituarsi a basse temperature negli ambienti chiusi diminuisce la capacità dell’uomo di adattarsi al caldo. Ma la soluzione c’è, e non sta nel non utilizzare i sistemi di AC

lunedì 12 settembre 2016 - Erika Seghetti

aria condizionata caldo

Una cosa è certa, l’aria condizionata ha migliorato le condizioni di vita durante i periodi di grande caldo. Da quando i sistemi di condizionamento sono largamente diffusi i decessi causati dalle temperature eccesive sono diminuiti in modo drastico.
Una delle domande che spesso ci facciamo è ‘come si faceva prima, la gente non moriva dal caldo?’. E la risposta è sì. La gente moriva. Soltanto nella città di New York nel 1896, anno in cui si verificò un’ondata di caldo molto forte, sono decedute circa 1500 persone e quasi 700 vittime si sono registrate anche nel 1901. Il caldo ha colpito pesantemente soprattutto la popolazione anziana anche fra il 2000 e il 2006, con circa 600 decessi all’anno.


Diminuisce la capacità di adattarsi al caldo

Ultimamente, con la sempre maggiore diffusione di condizionatori, la situazione è nettamente migliorata. Ma, come sempre, si assiste a un ribaltamento della problematica.


Nel corso di una conferenza tenutasi lo scorso mese alla New York Academy of Medicine, Stan Cox, ricercatore presso il Land Institute di Salina, in Kansas e autore del saggio ‘Losing Our Cool’, ha fatto il punto sui nuovi rischi causati dai sistemi di climatizzazione. Poiché il nostro corpo è una ‘macchina intelligente’ in grado di adattarsi alle condizioni naturali, anche a quelle più estreme, i nostri antenati che non conoscevano e utilizzavano l’aria condizionata erano maggiormente in grado di tollerare il caldo. Sono due i fattori che entrano in gioco. Il primo è fisico: se il nostro organismo si abitua a certe temperature soffre molto di più quando queste cambiano. Il secondo è invece più psicologico perché qualsiasi forma di benessere crea dipendenza e di conseguenza tolleriamo molto meno le situazioni in cui il comfort viene a mancare. Risultato? Chi vive o lavora in ambienti climatizzati finisce per percepire molti più gradi esterni di quelli realmente registrati.

Modello di comfort abitativo

Gli scienziati definiscono questo comportamento come un "modello di comfort adattivo", secondo cui la nostra temperatura ideale dipende in parte anche dalla temperatura a cui siamo stati esposti fino a quel momento. “Se siamo stati sottoposti a temperature elevate siamo maggiormente in grado di tollerarle”, spiega Cox, continuando con un esempio “se negli anni ’70 gli abitanti percepivano una temperatura esterna di 25°C come ideale, noi rischiamo di percepirla come superiore di almeno 7 gradi, e 36°C sono tanti.” Non a caso, ha riferito Cox, che in un recente sondaggio da lui redatto, una delle motivazioni più frequenti addotte dagli intervistati sulla scelta di non usare l’aria condizionata era proprio riferita al disagio di sentire molto più caldo quando si esce dal luogo climatizzato.  

La soluzione: alzare la temperatura del condizionatore

Un cane che si morde la coda? Ovviamente è impensabile pensare di rinunciare all’aria condizionata, anche perché i benefici sono innegabili. Ma come sempre la soluzione sta nella moderazione. I sistemi andrebbero tenuti, anche per ridurre i consumi e le emissioni nocive, a temperature moderate, con l’obiettivo di creare sì un clima accettabile per poter svolgere qualsiasi mansione senza sofferenza ma senza esagerare causando quelle escursioni termiche fra dentro e fuori che sono estremamente dannose.

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