La detrazione unica, che sostituisce e accorpa ecobonus e sismabonus (articolo 14, comma 2-quater.1, Dl n. 63/2013), è fruibile solo quando sussistono tutti i requisiti previsti per ciascuna agevolazione. Se è così, e l’immobile oggetto degli interventi è dotato di preesistente impianto di riscaldamento e classificato in Catasto come “unità collabente” (F/2) alla data di richiesta del titolo abilitativo dal quale deve, inoltre, risultare che i lavori siano di recupero del patrimonio edilizio, via libera allo sconto fiscale. Lo afferma l’Agenzia delle entrate nella risposta n. 138/E del 22 maggio 2020, aggiungendo che la detrazione va applicata su un ammontare delle spese non superiore a euro 136mila euro per ciascuna delle tre unità immobiliari costituenti inizialmente l’edificio “recuperato”.
E sì, perché nel quadro prospettatole dalla contribuente istante, che intende riaccatastare un vecchio immobile per censirlo nel Catasto edilizio urbano – attualmente classificato “fabbricato diruto” nel Catasto terreni – per trasferirlo, come “unità collabente” divisa (così come in origine) in tre unità immobiliari, e per poi demolirlo e ricostruirlo con miglioramento di due classi di rischio sismico e contestuale efficientamento energetico, con stessa cubatura, ma riducendo a due il numero delle unità immobiliari (la prima destinata ad abitazione e la seconda a uso produttivo), c’era anche questa perplessità.
Al riguardo, infatti, ha chiesto se, nell’ipotesi di responso positivo sul fronte della detrazione in argomento, l'importo massimo delle spese agevolabili per interventi abbinati di sismabonus ed ecobonus, doveva essere calcolato tenendo conto del numero di unità di partenza (3) o di quello di fine lavori (2), propendendo per il primo.
In buona sostanza, l’Agenzia ha condiviso le sue osservazioni. Infatti, la detrazione unica prevista dall’articolo 14, comma 2-quater.1, Dl n. 63/2013, in quanto alternativa alla fruizione delle sconti distintamente previsti per ciascuna categoria di intervento (ecobonus, articolo 14, comma 2-quater e sismabonus, articolo 16, comma 1-quinquies dello stesso Dl), compete in presenza di tutti i requisiti necessari ai fini della spettanza delle due detrazioni che sostituisce, in quanto alternativa alla fruizione delle detrazioni distintamente previste per ciascuna categoria di intervento.
In particolare, nell’ambito degli interventi finalizzati alla riduzione del rischio sismico, sia con la risoluzione n. 34/2018 che con la circolare n. 13/2019 (la omnibus annuale in tema di detrazioni, deduzioni, crediti d’imposta e tutto quello che serve per la dichiarazione dei redditi), l’Agenzia ha precisato che, in caso di demolizione e ricostruzione, per fruire del sismabonus, è necessario che dal titolo amministrativo emanato dal Comune o dall’ente territoriale competente in tema di classificazioni urbanistiche, che autorizza i lavori, risulti che l'opera consiste in un intervento di conservazione del patrimonio edilizio esistente e non in uno di nuova costruzione.
Nella circolare n. 13/02019, l’Agenzia ha anche specificato che ciò vale anche per la fruizione dell’ecobonus, cioè è indispensabile che gli edifici efficientati siano “esistenti”. In tale ipotesi, l’esistenza è provata, tra l'altro, dall’iscrizione in Catasto o dalla richiesta di accatastamento.
Inoltre, con lo stesso documento di prassi, l’amministrazione ha confermato che gli immobili interessati dall'ecobonus devono essere dotati di preesistenti impianti di riscaldamento, a meno che non si installino pannelli solari, generatori alimentati a biomassa o schermature solari.
E, ancora, ha ribadito che l'esistenza dell'edificio è riconosciuta anche se lo stesso è classificato nella categoria catastale F/2 ("unità collabenti") in quanto, pur trattandosi di categoria riferita a fabbricati totalmente o parzialmente inagibili e non produttivi di reddito, ciò non esclude che lo stesso possa essere considerato come edificio esistente, trattandosi di un manufatto già costruito e individuato catastalmente. Anche in questa ipotesi, per l’ecobonus, va provata la presenza, negli ambienti nei quali sono effettuati gli interventi di riqualificazione energetica, di un “vecchio” impianto di riscaldamento.
Per quanto concerne, poi, alla possibilità di accedere alla detrazione per i lavori sulle parti comuni, in qualità di proprietaria di un unico edificio composto da più unità immobiliari, ha confermato che la locuzione "parti comuni di edificio" deve essere considerata in senso oggettivo e non soggettivo e va riferita, pertanto, alle parti comuni a più unità immobiliari funzionalmente autonome e non a quelle comuni a più possessori.
Infine, sempre nella stessa circolare, ha chiarito che, nel caso di interventi di accorpamento di più unità abitative o di suddivisione in più immobili di un'unica unità abitativa, per l'individuazione del limite di spesa, vanno considerate le unità immobiliari censite in Catasto all'inizio degli interventi edilizi e non quelle risultanti alla fine dei lavori.
Tutte le condizioni descritte sono rispettate nell’istanza presentata e, quindi, la contribuente potrà fruire della detrazione congiunta di cui all’articolo 14, comma 2-quater.1 del Dl n. 63/2013, applicandola su un ammontare delle spese non superiore a 136mila euro per ciascuna delle tre unità immobiliari costituenti inizialmente l'edificio oggetto degli interventi. (fonte: Fisco Oggi)
In allegato la risposta n. 138/E del 22 maggio 2020
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