Il comma 19 dell'articolo 1 della Legge Sblocca-cantieri – Legge 14 giugno 2019, n. 55 pubblicata sulla G.U. n.140 di ieri e in vigore dal 18 giugno 2019 – stabilisce che “Al fine di perseguire l'efficacia dell'economia circolare, il comma 3 dell'articolo 184-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e' sostituito dal seguente:
«3. Nelle more dell'adozione di uno o piu' decreti di cui al comma 2, continuano ad applicarsi, quanto alle procedure semplificate per il recupero dei rifiuti, le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'ambiente 5 febbraio 1998, pubblicato nel supplemento ordinario n. 72 alla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 16 aprile 1998, e ai regolamenti di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269. Le autorizzazioni di cui agli articoli 208, 209 e 211 e di cui al titolo III-bis della parte seconda del presente decreto per il recupero dei rifiuti sono concesse dalle autorita' competenti sulla base dei criteri indicati nell'allegato 1, suballegato 1, al citato decreto 5 febbraio 1998, nell'allegato 1, suballegato 1, al citato regolamento di cui al decreto 12 giugno 2002, n. 161, e nell'allegato 1 al citato regolamento di cui al decreto 17 novembre 2005, n. 269, per i parametri ivi indicati relativi a tipologia, provenienza e caratteristiche dei rifiuti, attivita' di recupero e caratteristiche di quanto ottenuto da tale attivita'. Tali autorizzazioni individuano le condizioni e le prescrizioni necessarie per garantire l'attuazione dei principi di cui all'articolo 178 del presente decreto per quanto riguarda le quantita' di rifiuti ammissibili nell'impianto e da sottoporre alle operazioni di recupero. Con decreto non avente natura regolamentare del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possono essere emanate linee guida per l'uniforme applicazione della presente disposizione sul territorio nazionale, con particolare riferimento alle verifiche sui rifiuti in ingresso nell'impianto in cui si svolgono tali operazioni e ai controlli da effettuare sugli oggetti e sulle sostanze che ne costituiscono il risultato, e tenendo comunque conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente e sulla salute umana. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al precedente periodo, i titolari delle autorizzazioni rilasciate successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione presentano alle autorita' competenti apposita istanza di aggiornamento ai criteri generali definiti dalle linee guida»”.
CNA: LO SBLOCCA-CANTIERI NON SBLOCCA L’ECONOMIA CIRCOLARE. “L’intento voleva essere positivo ma, nei fatti, una norma poco chiara contenuta nel decreto sblocca cantieri rischia di tenere bloccata l’economia circolare”, afferma la CNA.
“C’è un lungo elenco di rifiuti che potrebbero essere esclusi dal processo di riciclo, rimanendo fuori dalla disciplina del cosiddetto end of waste che definisce i criteri in base ai quali un rifiuto può diventare nuovamente risorsa. Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, inerti, pneumatici, rifiuti da spazzamento strade, vetroresina e oli esausti. Sono solo alcune tipologie di rifiuto che rischiano di essere escluse dalla norma sull’end of waste e quindi dalle opportunità di riciclo con gravi problemi nel ciclo di gestione e inevitabili aumenti dei costi per lo smaltimento dei rifiuti, il tutto a discapito dell’ambiente”.
L’Italia può mostrare risultati positivi rispetto agli obiettivi di riciclo, uno dei cardini dell’economia circolare. Ma da oltre un anno il sistema delle imprese (chi smaltisce i rifiuti e chi li produce) è alle prese con una situazione ai limiti del caos per effetto dalla sentenza del Consiglio di Stato 1229/2018 che è intervenuta su uno dei tanti terreni in cui si intrecciano norme europee e nazionali e si sovrappongono competenze statali e regionali.
Il codice ambientale, che ha recepito le disposizioni comunitarie sulla cessazione della qualifica di rifiuto, prevede di stabilire i criteri di end of waste per specifiche tipologie di rifiuto attraverso riferimenti europei e, in mancanza di questi, con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente. Un percorso che, però, è risultato estremamente lungo, considerando le poche fattispecie disciplinate sia con regolamento comunitario (rottami di metalli, rame e vetro) che con decreti nazionali (al momento della sentenza si aveva solo quello sul combustibile solido secondario-Css; nel frattempo sono andati avanti i decreti sul fresato d’asfalto e sui pannolini). Nel frattempo, gli impianti hanno potuto operare grazie al ruolo delle Regioni che hanno rilasciato le autorizzazioni “caso per caso” laddove non erano stati individuati specifici criteri a livello comunitario e nazionale. Con la sentenza del Consiglio di Stato c’era stato lo stop per molti impianti con l’autorizzazione in scadenza, se non rientravano in quelle pochissime tipologie definite dall’UE e dal ministro dell’Ambiente. Il Consiglio di Stato ha stabilito in sostanza che le autorizzazioni non possono essere rilasciate dalle Regioni in assenza di criteri stabiliti a livello centrale; una sentenza che non ha alcun appiglio normativo e che, al contrario, viene smentita dalla nuova Direttiva Europea sui rifiuti che l’Italia dovrà recepire entro il 2020.
Le associazioni rappresentative delle imprese hanno chiesto in coro un intervento legislativo per superare l’emergenza. Con la conversione del dl sblocca cantieri è stata approvata una norma correttiva. Lodevole l’intenzione ma l’effetto concreto rischia di essere poco più che trascurabile. La via più semplice ed efficace sarebbe stata quella indicata da CNA e da molte altre Associazioni. Introdurre una norma transitoria in base alla quale le Regioni possono continuare ad autorizzare caso per caso in attesa della puntuale definizione da parte dello Stato. La modifica introdotta con lo sblocca cantieri (che è diventato legge) invece prevede la possibilità transitoria ma limitatamente a quanto disciplinato da un decreto di 20 anni fa. Solo le tipologie di rifiuto e le tecnologie previste in un decreto del 1998 potranno essere autorizzate dalle Regioni.
Un salto nel passato e un’occasione sprecata”, conclude la CNA.
AMICI DELLA TERRA: SI BLOCCA IL RICICLO. “Ad un anno e mezzo dalla sentenza del Consiglio di Stato che ha bloccato il rilascio delle autorizzazioni per la cessazione della qualifica di rifiuto (End of Waste), il Governo ha approvato un testo sbagliato che causerà molti problemi nel settore dell’industria del riciclo, frenando l’economia circolare perché non permette ai rifiuti di diventare nuovi prodotti”, commenta l'associazione Amici della Terra.
“Con questo emendamento tutti i materiali che non rientrano nel dispositivo del vecchio decreto DM 5 febbraio 1998 non potranno essere considerati nuovi prodotti. Tutte le nuove attività e filiere del riciclo che si sono sviluppate negli ultimi venti anni rischiano di essere illegali perché i materiali non potranno più essere gestiti come materie prime seconde ma dovranno essere gestiti come rifiuti”, spiega l'associazione.
"È come cancellare vent’anni di ricerche e nuove tecnologie di riuso e riciclo con il rischio che le aziende innovative chiudano o si trasferiscano all’estero e interi flussi di rifiuti finiscano in discarica" - dichiara Monica Tommasi - "come Amici della Terra avevamo già avanzato una proposta a gennaio scorso per superare l’impasse che blocca, ormai da molto tempo, ogni concreto avvio di economia circolare. La proposta era stata inviata al Ministero dell’Ambiente e pubblicata su “L’Astrolabio”.
In base a quella proposta l’emendamento del Governo dovrebbe essere così corretto: “per quei casi ove le disposizioni di cui ai decreti del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio in data 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161, e 17 novembre 2005, n. 269 e loro allegati non fossero immediatamente applicabili o non previsti, l’autorità competente procede al rilascio delle necessarie autorizzazioni sulla base di un parere formulato dall’Arpa/Appa competente per territorio sentita Ispra per tramite del Consiglio del Sistema Nazionale di Protezione Ambientale al fine di garantire l’omogeneità su tutto il territorio Nazionale”.