L’Italia è distante da molti dei 17 Sustainable Development Goals (SDGs) promossi dall’ONU. La situazione fotografata dal Ministero dell’Ambiente nella Strategia Nazionale per lo sviluppo sostenibile riporta una tendenza di peggioramento che riguarda tra gli altri: l’efficienza idrica e quella energetica, la salvaguardia del patrimonio naturale, lo spreco e l’insostenibilità dei consumi. Obiettivi sui quali l’Italia è non solo molto distante dagli obiettivi sottoscritti a livello internazionale, ma presenta fattori di peggioramento. Ma le risorse per invertire queste tendenze ci sono. Solo guardando agli 11 obiettivi tematici dei Fondi Strutturali e di Investimento Europei per il periodo di programmazione 14-20 contiamo una disponibilità di 73.624.430.700 euro da spendere in azione funzionali allo sviluppo sostenibile del Paese. Un numero di risorse significative di cui però, a metà periodo di programmazione, abbiamo speso solo 1,2%.
In questo contesto la PA con i suoi numeri, le sue funzioni e la sua capacità di spesa potrebbe giocare un ruolo di grande importanza. Se tutti i dipendenti acquisissero comportamenti di consumo responsabile si otterrebbe una riduzione dal 5 al 15% della spesa della PA in bolletta. Se ciascuno degli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici evitasse di consumare 500 fogli, si ridurrebbe il consumo di 8142 tonnellate di carta, evitando di abbattere 122 mila alberi, risparmiando oltre 3,5 miliardi di litri di acqua, abbassando il consumo energetico nazionale di 62 milioni di Kwh. Incentivando il carpooling con almeno un collega, diventerebbero 750 mila le auto circolanti ogni giorno (ora sono 1,3 milioni), eliminando 376 tonnellate di CO2 e risparmiando 230 milioni di euro solo per il carburante. Insomma, se la rivoluzione dei consumi e delle modalità di produzione sostenibili partisse dalla Pubblica Amministrazione, si avvierebbe una vera rivoluzione “green” in Italia, perché le PA potrebbero fare da apripista su mobilità soft, risparmio energetico, raccolta differenziata dei rifiuti, lotta agli sprechi, acquisto di alimenti biologici con un impatto formidabile sull’intero Paese. Con una spesa pubblica pari a quasi il 17% del PIL nazionale, infatti, la PA è il più rilevante dei consumatori e i suoi dipendenti possono aiutare il paese a operare un profondo salto culturale. E se la sostenibilità degli uffici pubblici è ancora insufficiente – nel giudizio degli stessi dipendenti – cresce la consapevolezza dell’importanza di pratiche di consumo sostenibile.
Lo rivela la ricerca “Pratiche di consumo sostenibile e lavoro” presentata oggi da FPA, società del gruppo Digital360, al FORUM PA 2017 (www.forumpa2017.it), l’evento sull’innovazione della Pubblica Amministrazione che quest’anno è dedicato al rinnovamento della PA per aiutare l’Italia a centrare i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per il 2030 approvati dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il legame inscindibile tra obiettivi di sostenibilità e buone pratiche nella Pubblica Amministrazione è stato ribadito nella lectio magistralis tenuta dall’economista Jeffrey Sachs, Direttore di The Earth Institute della Columbia University.
“I costi della PA hanno una rilevanza significativa che impone un cambio di passo in termini di razionalizzazione e ottimizzazione dei consumi legati ad attività e servizi”, afferma Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA. “E’ necessario che le amministrazioni si muovano verso la logica di contenimento e qualificazione della spesa pubblica se vogliamo rispettare gli impegni mondiali sulla sostenibilità. Per un uso consapevole delle risorse occorre agire sui comportamenti, ma anche investire, puntando su interventi di tipo infrastrutturale, gestionale, organizzativo, formativo”.
I RISULTATI DELL’INDAGINE
Sostenibilità da 5 meno. Nonostante il primato europeo sul green procurement. Le amministrazioni pubbliche devono fare di più: in materia di strategie per la sostenibilità la PA si prende un bel “5 meno” dai propri impiegati. Secondo i dipendenti pubblici che hanno partecipato all’indagine di FPA, le PA stanno muovendo i primi passi verso la definizione di politiche di Green Public Procurement (GPP) ma siamo lontani dalla rivoluzione dei comportamenti d’acquisto pubblici: solo il 14,1% degli intervistati dichiara che la propria amministrazione ha già introdotto i CAM (criteri ambientali minimi per tipologie di prodotto o servizio) nelle proprie procedure d’acquisto e solo per il 12,5% si è provveduto all’individuazione dei prodotti e servizi ai quali applicarli. Sono ancora molto poche le amministrazioni attrezzate al monitoraggio degli acquisti e soprattutto quelle che hanno definito chiaramente gli obiettivi da raggiungere.
Eppure, rispetto agli acquisti verdi l’Italia vanta un primato in Europa: è il primo Paese ad aver reso obbligatorio il Green Public Procurement, attraverso l’inserimento nel nuovo Codice degli Appalti (Dlgs. 50/2016). Il GPP viene visto dagli intervistati come la vera scintilla per una nuova economia: per il 56,8% è la miccia che darà impulso a una crescita sostenibile e solo il 5,5% la considera un’occasione per risparmiare, mentre il 34,4% pensa alla diminuzione dell’impatto dei consumi pubblici sull’ambiente.
Uffici pubblici poco attenti all’ambiente. Regioni verso la sufficienza, rimandate Scuola e Sanità. A proposito di impatto sull’ambiente, oltre il 50% degli intervistati ritiene che l’attenzione all’ambiente nel proprio ufficio sia nulla o quasi, il 35,5% assegna la sufficienza e appena 1 su 10 giudica il proprio luogo di lavoro “sostenibile”. Sopra la media, ma comunque al di sotto della sufficienza, le Regioni, con un voto di 5,3, mentre Scuola e Sistema sanitario nazionale si prendono un 4. Solo il 45,6% degli uffici è dotato di finestre a doppi vetri, nel 48,5% degli uffici non si fa attenzione a mantenere la temperatura entro i 19-20 gradi, e la sostituzione delle lampadine ad incandescenza con quelle a basso consumo è avvenuta solo nel 36,3% dei casi. Sono dati che contano perché la PA è uno dei maggiori consumatori di energia del paese: nel 2015 la Pubblica Amministrazione italiana ha consumato 4.661 GWh, pari all’1,5% del totale dei consumi nazionali di quell’anno e il 4,5% dell’intero settore terziario. Impianti di climatizzazione, illuminazione e apparecchiature elettriche rappresentano le principali voci di consumo.
Nel 2015 Regioni, Comuni e Province – da soli – hanno speso oltre 3 miliardi di euro per le bollette di energia, gas e acqua, ovvero l’11% sul totale della spesa degli enti locali per acquisti di beni e servizi. Nel 2015 sono usciti dalle casse dei Comuni 1 miliardo e 875 milioni di euro di bollette elettriche.
Metà dei dipendenti si autopromuove. Ma non basta. Su se stessi i dipendenti pubblici hanno giudizi meno severi: quasi la metà si assegna un bel 6 e 3 su 10 si danno un voto sopra la sufficienza in fatto di comportamenti sostenibili al lavoro. Del resto, quasi il 94% dei dipendenti pubblici spegne le luci quando va via la sera, l’82% non lascia i propri caricabatterie nelle prese e il 75% è attento alla dispersione di calore nei locali climatizzati. Tuttavia, pochi ancora si rendono conto di quanto gli apparecchi elettronici consumino energia: per esempio, il 62,5% dei dipendenti pubblici del panel non ha mai inibito la funzione stand-by del proprio Pc, impostando invece il risparmio energetico, un accorgimento che ne abbatterebbe il consumo del 37%.
Eppure, se tutti i dipendenti acquisissero dei comportamenti di consumo responsabile si otterrebbe una riduzione che va dal 5 al 15% della spesa della PA in bolletta: circa 103 milioni di euro che potrebbero essere reinvestiti in edifici e attrezzature più verdi. Inoltre, il circolo virtuoso innescato produrrebbe nell’arco di pochi anni una riduzione dei consumi complessivi di oltre il 40%.
PA “paperless”. Sulla buona strada, ma attenti agli “irriducibili” della carta. Sui propri comportamenti virtuosi i dipendenti pubblici rivelano anche di aver ormai preso l’abitudine di stampare fronte-retro (lo fa il 90% degli intervistati), di riutilizzare la carta (lo fa l’87%) e di riutilizzare buste, carta e scatole (oltre il 60%). La spesa della PA per “Carta, cancelleria e stampati”, infatti, si è molto ridotta negli ultimi anni: per esempio, i Comuni nel 2015 hanno speso 88,14 milioni di euro contro l’oltre 1 miliardo di euro nel 2010. Ma c’è un decisivo margine di miglioramento, perché si potrebbero distribuire i documenti alle riunioni solo in formato elettronico (il 20,8% degli intervistati non lo fa mai) o perdere definitivamente l’abitudine di stampare i documenti da leggere e da studiare (pratica frequente per il 52,7% dei dipendenti pubblici) – per non parlare degli “irriducibili” (il 14,7%) che spesso stampano le email. Se ciascuno degli oltre 3 milioni di dipendenti pubblici evitasse di consumare 500 fogli l’anno, potremmo ridurre il consumo complessivo di 8142 tonnellate di carta. Questo vorrebbe dire non abbattere 122 mila alberi, risparmiare oltre 3 miliardi e mezzo di litri di acqua, ridurre il consumo energetico nazionale di 62 milioni di KWh e non emettere in atmosfera 19.491 tonnellate di CO2.
Mobilità, fiore all’occhiello. Secondo gli ultimi dati Istat, in Italia il mezzo di spostamento prediletto per recarsi al lavoro è l’automobile, usata da oltre il 60% degli italiani. I dipendenti pubblici sono decisamente più virtuosi: a spostarsi sulle 4 ruote, secondo i risultati dell’indagine FPA, è il 45%. Tra questi. il 39,5% va normalmente in ufficio in macchina da solo e il 5,5% condivide l’auto con colleghi o amici. Basterebbe incentivare il carpooling, ovvero la condivisione dell’auto con almeno un collega, per ridurre a 750.000 le auto circolanti ogni giorno (ora sono 1,3 milioni) con un alleggerimento per il carico ambientale di 376 tonnellate di CO2 e un risparmio di oltre 230 milioni di euro solo per il carburante.
NOTA METODOLOGICA. Il sondaggio si è svolto online e hanno risposto 700 dipendenti pubblici e 100 impiegati del privato o del terzo settore.