Secondo la sesta sezione del Consiglio di Stato – sentenza n. 3382/2017 pubblicata il 10 luglio - l’Amministrazione statale può imporre il vincolo culturale “anche quando un manufatto – risalente nel tempo e di pregio - risulti oggetto di parziale o anche di quasi totale rovina (per fenomeni naturali o per manum hominis) e si intenda comunque tutelarne le vestigia, sia quando la ricostruzione per un qualsiasi accadimento non abbia luogo, sia quando essa abbia luogo”.
Infatti, argomenta Palazzo Spada, “poiché i beni aventi un rilievo artistico, storico o archeologico nel corso del tempo subiscono lenti degradi ovvero traumatiche rovine per eventi naturali o altre cause, è del tutto ragionevole che l’Amministrazione statale imponga il vincolo su ciò che resta ovvero su ciò che è stato ripristinato o ricostruito”.
Il Consiglio di Stato aggiunge inoltre che, “in occasione dei lavori di ricostruzione anche totale di beni artistici, storici o archeologici, ben può l’Amministrazione – con le cautele del caso – consentire la realizzazione di quei lavori e di quelle modifiche che consentano di ridurre i rischi per la pubblica incolumità, anche se non è ripristinata l’assoluta identità dei beni preesistenti”.
La sentenza precisa infine che “un ‘cimitero monumentale’ va considerato tale non solo per le caratteristiche delle strutture murarie o per le modalità di sistemazione dei viali (che possono mutare nel corso del tempo), ma anche per il suo significato identitario derivante anche dalla presenza di antiche tombe, cappelle o iscrizioni funerarie”.